mercoledì 29 aprile 2015

Ma serviva proprio?


Il commercio Equo Solidale ha una lunga tradizione. Si tratta di una cosa seria, che vede in gioco molti protagonisti in particolare nella filiera agro-alimentare. Persone competenti che lavorano nei paesi di produzione (paesi che una volta erano chiamati in via di sviluppo) e poi nella catena della distribuzione (ovvero dove il prodotto si vende). E' un meccanismo che sottrae forza lavoro e terreni (e quindi potere) alle multinazionali e allo sfruttamento intensivo delle terre e degli uomini (in senso di genere umano). 

Nulla da eccepire, anzi. 

Vi sono straordinarie esperienze e, soprattutto in altri paesi europei, questa tipologia di produzione e vendita, conquista terreno in modo molto positivo. E' un lavoro complesso che coinvolge le comunità locali e le politiche di interi paesi.

Tra le tante attività vi è quella dei meloni prodotti in Senegal e commercializzati dalla Coop. Lascio ad altri la questione relativa al chilometraggio dei meloni!
Quel che invece mi ha fatto indignare (e non solo a me - la foto al lato è tratta da Facebook) e l'utilizzo dell'immagine di una bambina sul prodotto. 

Ma serviva proprio?

Ritorniamo purtroppo, anche per una cooperativa attenta e sensibile, alla solita questione relativa  all'immagine dell'Africa
Un immagine che sempre attinge da luoghi comuni e sfrutta quel senso di pietà e di compassione che, evidentemente per alcuni, solo i bambini poveri (e neri) sanno dare.

Un'operazione che sa di quel pietismo ammuffito, sicuramente capace di far spendere qualche euro in più ad una vecchietta, ma che continua a riproporre uno schema vecchio e oggi controproducente.

Lasciamo stare i bambini (che già sono "usati", loro malgrado, per mille altre cose) e inventiamoci altro. Il "care-farming" va benissimo, ma usare questi squallidi trucchi, rischia di vanificare un ottimo lavoro.

Peraltro i meloni, sono buonissimi.


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