martedì 22 marzo 2016

Giornata Mondiale dell'Acqua e la diga Gibe

Il 22 marzo è, dal 1993, la giornata mondiale in cui si celebra l'acqua. Sembrerebbe un apparente paradosso celebrare una sostanza, come l'acqua, di cui il nostro pianeta abbonda. In realtà, sappiamo che non è così. La scarsa quantità di acqua dolce e potabile, la distribuzione non uniforme nel pianeta e l'intervento dell'uomo rendono, in alcuni luoghi, l'acqua inaccessibile. Le agenzie internazionali stimano in oltre 750 milioni le persone che non hanno accesso all'acqua potabile. Numeri che fanno spavento. Così come si stima che oltre il 75% delle malattie in Africa sono dovute alla contaminazione biologica dell'acqua.

foto dal blog  Geograficamente
Affermare che l'acqua è un diritto è un dovere per tutti noi (nonostante alcune buone intenzioni le Nazioni Unite non sono riuscite ad affermare ancora questo principio, ostaggio di chi l'acqua la vende e ci guadagna).

Quest'anno le Nazioni Unite dedicano un approfondimento all'acqua come fonte di lavoro per raccoglierla, trasportarla, venderla e distribuirla.Un lavoro che per alcuni rappresenta una necessità per la sopravvivenza poichè il solo atto di procurarsi l'acqua necessaria per la vita costituisce un impegno massacrante e quotidiano.

Nel primo anno di vita Sancara dedicò la Giornata Mondiale dell'Acqua raccontando la storia del Lago Ciad, un lago endoreico che è stato quasi completamente prosciugato dall'intervento dell'uomo. Quest'anno andiamo a vedere un altro scenario africano che rischia di trasformarsi in una catastrofe umanitaria.

La storia di Gibe III, una colossale diga in cemento armato costruita dalla ditta italiana Salini-Impregilo sul fiume Omo è una storia relativamente recente.  L'appalto dell'Ethiopian Electric and Power Corporation è stato "vinto" nel luglio 2006 dalla ditta italiana che si aggiudicata  a trattativa diretta la somma di 1470 milioni di euro (di cui una parte frutto della Cooperazione internazionale italiana e una parte da parte di banche commerciali cinesi) per un opera in cui molte sono le perplessità sull'impatto ambientale (assolutamente poco studiato nella fase di progettazione) sul sistema delle piene del fiume Omo e sul grande bacino del lago Turkana (dove si riversa il fiume). Il grande progetto delle dighe sul fiume è iniziato nel 1988 con la costruzione di Gibe 1 e prevede ancora un altro step chiamato Gibe 4.
La diga, che con i suoi 246 metri d'altezza, rappresenta la più grande d'Africa pur terminata ufficialmente nel giugno 2015 si stima abbia bisogno di tre anni per entrare nel pieno delle sue funzioni: ovvero il riempimento dell'enorme bacino artificiale e la produzione a regime, attraverso 10 turbine da 1870 MW complessivi, di 6500 Gwh/annui
Gli esperti, e qui vengono le note dolenti, stimano che il flusso del fiume Omo sarà ridotto del 70% e che il livello medio del lago Turkana si abbasserà di circa 6 metri (che per un lago che ha una profondità massima di 31 metri, rappresenta un'enormità). 
Quello che a tutti non è ben chiaro è che lungo il fiume, nella valle dell'Omo e del Lago Turkana vivono oltre 500 mila persone, appartenenti a gruppi etnici che ancora hanno un forte legame e dipendono dalla natura e dal suo corso. Popolazioni che rappresentano la storia non solo dell'Etiopia e dell'Africa ma, quella più in generale del nostro mondo. Luoghi in cui, con ogni evidenza, è iniziata la nostra cività. Sono anche luoghi con una grande biodiversità ed un equilibrio già fragile.
Queste popolazioni (tra cui Mursi, Daasanach, Bodi, Karo e Kwego) , isolate e non in grado di tutelarsi da sole, rischiano la vita nel silenzio del mondo.
Tra le organizzazioni non governative che maggiormente si sono battute, e continuano a farlo, per il diritto dei popoli della Valle dell'Omo vi segnalo International Rivers e Survival International quest'ultima recentemente ha anche denunciato la ditta costruttrice colpevole di non aver tenuto contodei rischi ambientali, di averli sottovalutati e di aver fornito, in tutti questi anni false rassicurazioni alle popolazioni. Ma assieme a loro altri hanno alzato la voce.

Insomma nel mondo, per fortuna, c'è ancora chi è disposto a lottare perchè il futuro sia diverso. Perchè diritti e l'ambiente non sia sacrificati al Dio denaro, perchè i patrimoni anche umani, che hanno fatto la nostra civiltà, non siano abbandonati e ignorati. 

Ben vengano dunque le giornate volute per riflettere, ma che esse siano solo il punto di partenza di una nuova idee per il nostro futuro.

Ecco il link all'UN Water Day 

Lo scorso anno, in occasione del Water Day, Sancara pubblicò una raccolta di post sul tema dell'acqua apparsi su questo blog. Vi ripropongo il link, per chi vuole approfondire.

lunedì 14 marzo 2016

Costa d'Avorio terrorismo o altro?

Foto: da Panorama
Forse dovremmo fare qualche riflessione in più sui fatti che stanno incendiando l'Africa Occidentale e non solo. Le immagini e le notizie che sono rimbalzata sui media del mondo intero, sovrastate poi dai fatti, ancora più gravi in termini di vite umane di Ankara, hanno fatto a tutti intravedere un piano e una strategia terroristica, di matrice islamica, che dovrebbe, se confermata, avere delle radici e un'organizzazione così massiccia, precisa e disseminata da far invidia (e prendere in giro) alle migliori intelligence del nostro mondo.
Qualche dubbio però viene.
Se la rivendicazione dell'attentato a Grand Bassam- in cui sono stati uccisi non solo turisti (4 gli occidentali) ma, anche ambulanti, espatriati e normali civili - fosse attendibile, si tratterebbe del gruppo Al Murabitun (prima del 2013 era noto come Katiiba al-mulaththamin), uno dei tanti della galassia "jahidista".
Il gruppo è guidato da un signore, l'algerino Mokhtar Berlmokhtar, meglio conosciuto come "Mr. Marlboro" e non perchè sia un incallito fumatore. La sua carriera è iniziata come contrabbandiere di sigarette per poi approdare a più importanti e redditizie attività quali il commercio illegale di droghe, le auto rubate, il commercio parallelo di diamanti, il sequestri di persone e le richieste di riscatti e infine il traffico di esseri umani. Insomma, una perfetto pedigree per un devoto islamico contrario agli eccessi terreni del mondo occidentale!

Il gruppo si arricchisce tra le maglie - sempre più larghe e generose - dell'illegalità e del suo commercio. Cosa si vende e cosa si compra è del tutto irrilevante, siano esse sostanze o esseri umani. L'importante è che ci sia qualcuno disposto a pagare molto senza chiedere nulla e che le autorità non si frappongano ai traffici. Le ritorsioni sono sempre imprevedibili ed esagerate.

Francamente queste azioni fanno venire più in mente quelle che per anni sono state fatte e ancora si fanno nel continente sud-centro americano. Quelle azioni che i cartelli di uno dei business più redditizio della storia dell'umanità hanno messo in atto prima in Colombia e ora in Messico. 

Il sospetto che gli autori di queste azioni stiano inviando messaggi ad altri e che le strategie siano altre che quelle apparenti, sembra non essere completamente fuori dal mondo. Quel che è certo è che gli interessi economici stanno molto al di sopra di qualsivoglia ideologia o credo religioso. Così come è certo che quanto maggiore è il caos o quanto più pericolo e difficile è muoversi, tanto più alti sono i guadagni di questi criminali.

Vi linko un post del 2010 di Sancara sulla situazione del Paese, quando scoppiarono i primi disordini nel paese.

venerdì 11 marzo 2016

Gazzella bianca

La gazzella bianca, nome scientifico Gazella leptoceros, è uno dei tanti animali che vivono esclusivamente nel continente africano e che è oggi in grave pericolo di estinzione.
Si tratta di una gazzella di media taglia (circa 70 centimetri di altezza, dal peso massimo di circa 30 chilogrammi), con lunghe corna sottili, chiamata in arabo rhim, che vive in gran parte del deserto del Sahara, tra dune e scarsa vegetazione. A questo habitat si è adattata nel corso del tempo, allargando molto gli zoccoli per non sprofondare nella sabbia, divenendo un animale semi-notturno a causa delle alte temperature del deserto e, cosa molto importante, resistendo, anche per giorni, senza bere (rucavando l'acqua necessaria alla sopravvivenza dal cibo e dalla rugiada). E' una delle tante dimostrazioni di come, in natura, le specie animali adattano la propria morfologia in funzione delle condizioni dei luoghi in cui vivono, In natura, appunto. Altra questione sono gli interventi dell'uomo, che alterando gli habitat o eliminando gli esemplari, modificano in modo irreversibile il corso degli eventi che generalmente contribuiscono all'estinzione della specie.
Secondo l'IUCN la gazzella - di cui si stimano esistano non più di 2500 esemplari - è classificata come una specie in pericolo di estinzione (EN) fin dal 1996, sebbene fin dagli anni '70 si ha la sensazioni di un inevitabile estinzione di questa gazzella. Nel 1987 il governo libico lanciò una campagna di protezione della gazzella, emettendo anche dei francobolli. Il numero è calato decisamente a causa della caccia incontrollata (viene cacciata per la carne, per la pelle e per le corna ma, anche per il semplice divertimento).

Vai alla scheda dell'IUCN sulla Gazzella Bianca
Vai ad alcune foto dal sito Arkive
Vai alla pagina di Sancara sugli Animali d'Africa

mercoledì 2 marzo 2016

Dal Gambia all'Italia, qualche pensiero

La Gambia è il più piccolo stato continentale dell'Africa. Con i suoi 11.300 chilometri quadrati e con 1,9 milioni di abitanti, si colloca al 167° posto nel mondo per estensione e al 150° posto per numero di abitanti. Insomma paese minuscolo che, enclave del Senegal,  è costituito da pochi chilometri di territorio su entrambe le sponde del fiume omonimo. Un paese con scarse risorse (è un produttore di arachidi) e da sempre assistito dalla comunità internazionale. Un paese che, ad essere sinceri, non molti conoscono (conoscevano) e che per molti era perfino difficile collocare su di una mappa geografica.
Da due anni il Gambia è balzato agli "onori della cronaca" per il numero, crescente, di persone che sbarcano e che richiedono asilo in Italia. Da due anni i Gambiani rappresentano il terzo o il quinto gruppo di richiedenti asilo (oltre 8.000 all'anno nell'ultimo biennio) dopo Nigeria, Eritrea e Somalia. I siriani, per capirci, stanno dietro in questa classifica.
Con il loro arrivo si è iniziato anche a parlare di loro per quanto riguarda fenomeni di criminalità legati al commercio di stupefacenti.

La situazione in Gambia non è facile. Recentemente l'Human Right Watch ha definito il governo del Gambia "uno dei più repressivi del mondo". Torture, sparizioni e omicidi a cui si aggiunge una serrata campagna, violenta e discriminatoria, contro gli omosessuali (nel 2015 è entrata in vigore una legge che  istituisce il reato di "omosessualità aggravata"). Il governo di Jahya Jammeh, che prese il potere con un colpo di stato nel luglio 1994, non lascia dubbi al fatto che nel paese la libertà, di parola e di azione, è alquanto compromessa. Nel 2012 Sancara aveva pubblicato un post che raccontava delle condanne a morte messe in atto nel paese dopo oltre 30 anni.
Jammeh, che ironia della sorte è nato nell'anno dell'indipendenza della Gambia, continua a stupire con le sue prese di posizioni spesso contro-corrente e tendenti a rompere piuttosto che tessere relazioni. Nel 2007 dichiarò al mondo di aver scoperto una cura per l'infezione da HIV a base erbe e allontanò la funzionaria delle Nazioni Unite che si occupava di AIDS. Due anni fa ha fatto uscire il paese dal Commonwealth, causando la sospensione degli aiuti umanitari dell'Unione Europea. Recentemente, ad oltre 20 anni dal golpe, Jammeh ha proclamato la Gambia una "nazione islamica", allo scopo di cercare aiuti dal mondo arabo.

In questo contesto, non certo idilliaco, i giovani, quasi esclusivamente maschi (i residenti regolari Gambiani in Italia, circa 3.500, sono per il 90% maschi come del resto anche gli oltre 8.000 i richiedenti protezione internazionale nel 2015) emigrano verso l'Europa. E' vero che la Gambia è stata sempre un paese di migrazioni. La diaspora conta oltre 100 mila persone nel mondo (sebbene quella del passato era una migrazione ad alta qualificazione).
Questa, quella della perdita dei diritti, delle persecuzioni, delle violenze e delle discriminazioni è la storia della maggior parte dei ragazzi del scappano dal Gambia. Della maggior parte, appunto.


E' noto che all'interno di questo caotico (verrebbe da dire, volutamente) flusso di uomini che dal Sud del mondo arrivano verso Nord, si infiltrano altre storie meno nobili e umane.
Se è vero che nel flusso proveniente dalla Nigeria le organizzazioni criminali che controllano il mercato della prostituzione in Italia (ed in Europa) stanno facendo arrivare migliaia di ragazze destinate alle nostre strade, la sensazione è che qualcosa di analogo stia succedendo anche nel flusso proveniente dal Gambia.

Alcuni segnali dovrebbero farci allarmare. I giovani gambiani sono entrati di prepotenza nel mercato delle droghe in Italia, non tanto come capita a molti ragazzi che vengono reclutati in Italia dai trafficanti locali ma, con un'organizzazione più "alta e complessa". Recenti arresti, in particolare nel Nord dell'Italia, hanno dimostrato una rete fitta, diffusa e ben organizzata. Alcune fonti parlano di come una nota piazza di Napoli si stata "presa", in poco tempo e senza ostacoli (che a Napoli significa quelli di organizzazioni criminali ben radicate e "gelose" del proprio territorio) dai ragazzi gambiani. Già alcuni scafisti gambiani sono stati tratti in arresto.
La Gambia ha una posizione geografica strategica per le reti criminali. Confina a sud, attraverso una stretta striscia di terra senegalese, con la Guinea Bissau, da tempo oramai  (da metà degli anni 2000, quando i cartelli sudamericani decisero di colonizzarlo, manu militari) crocevia delle rotte degli stupefacenti che dal Sud-America  giungono in Europa. E' un territorio piccolo, ha un porto sicuro all'interno di una foce fluviale ed ha un governo autoritario, isolato internazionalmente e bisognoso di denaro.  Condizioni assolutamente ideali per la criminalità internazionale.
Che la Gambia possa rischiare di essere la nuova Guinea Bissau dell'Africa dell'Occidentale?