venerdì 10 febbraio 2017

La Nigeria in Italia, alcuni numeri



La Nigeria, con 77.264 residenti regolari in Italia, costituisce la 19° comunità di stranieri. Non è, numericamente, nemmeno la prima comunità africana in Italia. Marocco, Egitto, Senegal e Tunisia, nell'ordine, si pongono in avanti nella classifica dei poco più di 5 milioni di residenti stranieri in Italia. Numeri più o meno stabili negli ultimi anni, ovvero poco più dell'8% della popolazione italiana, che in qualsiasi parte del mondo non dovrebbero creare allarmismi.
Negli ultimi anni sono cresciuti enormemente gli arrivi dei nigeriani in Italia attraverso gli sbarchi luongo la rotta mediterranea.
Nel 2016 (vedi post sugli arrivi) il 20,7% dei 181.436 sbarcati era composto da nigeriani (37.551), un numero in grande crescita  negli ultimi anni.


I motivi che spingono i nigeriani a migrare sono molteplici. Sicuramente la questione delle violenze nel paese (non solo quelle dei gruppi estremisti come Boko Haram) incide fortemente in alcune aree sulla stinta migratoria. Nel 2015 in Nigeria vi furono 11 mila morti dovuti alle violenze religiose, etniche e sociali. Vi sono poi fattori economici importanti. Il colosso africano (oltre 180 milioni di residenti) fatica a svilupparsi. Le risorse petrolifere, che garantiscono quasi il 20% del PIL, (era il primo produttore dell'Africa, superato da poco dall'Angola) rischiano di creare più problemi che opportunità. La corruzione è alle stelle, alcuni ambienti come il Delta del Niger sono devastati forse per sempre e la povertà attanaglia non solo le grandi città.
Vi è infine un'altra fetta di migrazione che rende quella nigeriana una storia diversa dalle altre. Crescono il numero delle giovani donne che nella speranza di cercare fortuna in Europa entrano nei circuiti della prostituzione, soprattutto di strada.
Sulla prostituzione nigeriana si è scritto (vedi anche questo post di Sancara) e si conosce quasi tutto. Un tempo l'inganno, oggi il sacrificio di una delle figlie, i riti vudu, il debito accumulato per la migrazione, il ruolo delle organizzazioni criminali (confraternite) sempre più capillari e strutturate  e infine la madame e la vita di strada, tra le periferie di mezza Europa. Nel 2013 erano giunte 433 donne nigeriane, nel 2016 questo numero ha superato le 9000. Numeri che hanno letteralmente saturato le strade e che mettono a dura prova i servizi che si occupano dell'assistenza alle vittime di tratta.
Inutile nascondersi dietro ad un dito è la criminalità nigeriana che, assieme alla prostituzione gestisce - sebbene il termine sia improprio -  una parte significativa dello spaccio di stupefacenti. La "gestione" delle prostituzione è molto ramificata e affidata spesso a donne (madame) o a intere famiglie che hanno il compito di riscuotere il denaro per se e per la rete criminale a saldo del debito iniziale. Le madame spesso sono gli sponsor della migrazione (che in altri termini non è altro che l'acquisto di merce umana). Gli introiti vengono reinvestiti in droga.

Recentemente la rete criminale nigeriana ha iniziato ad utilizzare - confondendosi con gli altri - gli unici canali di accoglienza aperti nel nostro paese: quelli della protezione internazionale. Nell'ultimo triennio i numeri delle richieste d'asilo di nigeriani è cresciuto esponenzialmente, mettendo a dura prova il sistema (tarato per numeri ben più piccoli).


Il risultato delle richieste è per oltre il 66% negativo. Infatti nel periodo 2001-2015 solo al 2% dei richiedenti è stato accordato lo stato di rifugiato. Oggi appare del tutto evidente che il circuito dei richiedenti asilo è divenuto l'unico canale di regolarizzazione. Le Commissioni Territoriali (quelle deputate a valutare le richieste di asilo) sono intasate e incapaci di dare risposte in tempi celeri. Oggi si aspetta almeno nove mesi per una audizione. I tempi dilatati finiscono inevitabilmente per favorire le reti criminali e danneggiare chi ha diritto alla protezione.


Le reti criminali nigeriane (confraternite) sono diventate sempre più capillari e strutturate. Gli esperti ritengono che la "mafia nigeriana" sia molto pericolosa per la sua duplice capacità di essere aggressiva e innovativa. Nata in ambienti universitari è capace di mettere assieme elementi tipici della criminalità (in termini di brutalità) e uno spiccato senso della modernità fatta di tecnologia e business.
La questione di maggior rilievo è quella relativa ai legami con la comunità nigeriana regolarmente residente in Italia (sono circa 77 mila) che sembra almeno essere cieca nei confronti del dilagare della rete di infiltrazione nella società.
La sensazione - sempre più confortata dai dati - è che il business della migrazione/prostituzione si sviluppi ben oltre la criminalità organizzata sembra essere sempre più una verità anzichè un sospetto.

mercoledì 1 febbraio 2017

Gambia: un esempio per il futuro?

Quel che è accaduto nel minuscolo stato africano (il più piccolo stato del continente, escluse le isole, il 167° nel mondo, con poco meno di 2 milioni di abitanti) deve indurre tutti noi a qualche riflessione. La storia non necessariamente deve ripetersi e non sempre è prevedibile. Quando il 1 dicembre 2016 le urne decretarono la vittoria del candidato dell'opposizione Adama Barrow vi furono da prima dei sentimenti di incredulità - non accade facilmente che l'opposizione vinca contro un dittatore africano che da oltre 20 anni governa un paese - poi, di cauto ottimismo quando Jammeh accettò la sconfitta e infine di paura, quando i timori che si sarebbe rimangiato la parola data risultarono evidenti.
Certo bisogna anche essere onesti. Nello scacchiere geopolitico il Gambia non conta nulla e se non fosse stato per un insolito aumento di richiedenti asilo provenienti da quel paese, molti non avrebbero nemmeno saputo collocare il paese in un'area approssimativa del continente.
Ma, la grande differenza è che questa volta, la comunità africana non è stata ad osservare o a lanciare degli inutili proclami di lesa democrazia. La Cedeao (Comunità Francese degli Stati dell'Africa Occidentale) ha in breve tempo allestito un esercito che si è ammassato alle frontiere pronto a proteggere la transizione democratica e il giuramento del neo-presidente Barrow.
Certo bisogna essere anche qui onesti. La Gambia è un enclave del Senegal (che ha fornito la stragrande maggioranza dei militari) e bloccare le frontiere è un gioco da ragazzi.
Resta però altissimo il valore simbolico.
La Cedeao ha fatto quello che l'Unione Africana non poteva fare. Troppi sono i capi di stato che in ogni parte del continente da anni gestiscono il potere in modo autoritario e senza barlumi di democrazia (vedi il post di Sancara, Attaccati al potere 2016).
L'azione militare, assieme alle consuete pressioni delle cancellerie occidentali, ha costretto Yahya Jammeh a trattare. Naturalmente ha trattato una resa "onorevole" per se e per la sua ampia famiglia.
La Guinea Equatoriale che lo accoglie, oltre ad essere un paese nelle stesse condizioni del Gambia (Teodoro Obiang Nguema, è il settimo leader del mondo che da più tempo è alla guida di un paese, dal 1979) è anche un paese che non ha aderito alla Corte Penale Internazionale. Quest'ultimo dettaglio permette a Jammeh di non incorrere nel rischio di essere accusato e giudicato per i crimini commessi durante il suo mandato.

Certo è che la Gambia ha pagato anche un altro enorme prezzo alla fuga del suo dittatore, quel 1% del PIL (circa 11-12 milioni di dollari) che sono volati assieme alle auto di lusso verso l'esilio. Un prezzo che per il paese non è certo piccolo ma, che per ora allontana lo spauracchio di una guerra civile.

Il futuro è ancora incerto. Barrow, un imprenditore di 51 anni, ha vinto non tanto per suoi meriti (per qualcuno si tratta di uno sconosciuto prestato alla politica) tanto per il voto contro Jammeh. Dovrà dimostrare sul campo di fare delle politiche diverse, da mussulmano di non opprimere le minoranze, di cambiare alcuni provvedimenti di Jammeh che accentravano il potere sul presidente, di dare un senso allo sviluppo del Paese e di essere capace di far ritornare in patria quei molti che hanno deciso, per paura, di abbandonare la Gambia.
Ricordo bene quando il 22 luglio 1994 quando il giovanissimo Jammeh prese il potere in Gambia. La gente lo acclamava. Come primo provvedimento fece aprire tutti i rubinetti pubblici dell'acqua chiusi da una società tedesca (a cui il governo aveva "venduto" l'acqua) perchè nessuno pagava le bollette!
Poi con il tempo le cose sono cambiate e Jahya si è rivelato essere un dittatore amante del potere e sprezzante dei diritti. L'uomo che aveva promesso un rapido ritorno alle urne per ridare potere ai civili l'ha poi mantenuto per 22 anni, censurando la stampa, discriminando gli omosessuali, ripristinando l'uso della pena di morte, sposando posizioni radicali islamiche e aprendo le porte alla fuga di molti giovani.

Il futuro si sta scrivendo in queste ore,  quel che conta è che vi sia stato un forte segnale da parte dell'Africa e questo non è poca cosa.