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mercoledì 25 maggio 2011

Il business degli elefanti

Da tempo abbiamo imparato che, nostro malgrado, non tutti gli uomini sono uguali. Purtroppo anche nel regno animale alcune differenze rappresentano delle terribili sventure. L'elefante africano (Loxodonta elefante), rispetto al suo parente indiano, possiede due grandi zanne d'avorio, che ne hanno fatto, nell'ultimo secolo, uno degli animali più cacciati (in realtà molto più piccole e solo nei maschi le zanne ci sono anche negli elefanti indiani).
L'avorio è conosciuto - come materiale per ornamenti e per sculture - fin dalle civiltà più antiche. In Egitto sono stati rinvenuti braccialetti che risalgono al 4000 a.c. Egiziani, greci, cinesi, indiani e giapponesi sin dai tempi remoti hanno lavorato l'avorio.
Il suo grande pregio e la sua bellezza sono determinati dalla durezza, dalla compattezza, dalla brillantezza e dalla resistenza dovuta alla sua composizione chimica (presenza di fosfati, floruro di calcio e materiali organici).
Oggi l'avorio è molto richiesto, nonostante i divieti, in Africa ed in Asia (in particolare in Cina e Giappone), mentre il mercato è completamente crollato in Europa, grazie alle campagne di sensibilizzazione che vi sono state.
Infatti nel 1989 l'elefante africano fu inserito tra le specie dell'Allegato I della CITES (Convention on International Trade in endangered species), la convenzione internazionale sulle specie in via di estinzione. Nel periodo 1980-1989, gli elefanti africani passarono da oltre 1,3 milioni di individui a 625 mila. Una vera e propria strage.
Oggi gli elefanti -ad un censimento del 2007 - erano 472.269, più un'altra quantità variabile di "possibili e probabili"(ovvero non censiti). Essi vivono in 37 paesi africani (vedi mappa).

Nel 1999, dopo 2 anni di pressanti richieste da parte di Sudafrica, Zimbabwe, Namibia e Botswana fu autorizzata, da parte della Cites, la vendita una tantum di 50 tonnellate di avorio frutto della raccolta di zanne di elefanti morti per cause naturali o "abbattuti legalmente". Nel 2002 fu permessa un'altra vendita legale, mentre nel 2006 la Tanzania fu costretta a ritirare la propria richiesta di vendita legale di avorio. Appare evidente che immettere quantità di avorio nel mercato legale, significa riaccendere la domanda che poco dopo non può essere più soddisfatta con il commercio legale.

Secondo alcune stime ogni anno viene abbattuto illegalmente l'8% della popolazione africana di elefanti, mentre il tasso di riproduzione annuale è del 6% annuo. Di questo passo - e senza un intervento deciso - gli elefanti africani sono destinati ad estinguersi. A questi ritmi, secondi alcuni studi, già entro una quindicina di anni.
Del resto i profitti sono molto alti (al dettaglio l'avorio può arrivare a 6500 dollari al chilo) e i rischi relativamente bassi, poichè il commercio illegale di avorio è un reato considerato di bassa priorità dalle polizie internazionali. Ogni elefante in media "garantisce" 7 chili di avorio.
In aiuto alla prevenzione del commercio illegale può arrivare la mappatura del DNA degli elefanti. In uno studio, pubblicato nel numero di settembre 2009 di Le Scienze, sono stati mappati (raccogliendo campioni di escrementi di elefanti in tutta l'Africa) il DNA degli elefanti. I risultati sono stati poi confrontati con 10,6 tonnellate illegale di avorio sequestrato (nel 2006) a Taiwan ed Hong Kong. L'indagine ha fatto scopriere che tutto il materaile proveniva da elefanti del le riserve Selous (in Tanzania) e Niassa (in Mozambico), uccisi dai bracconieri.

Ancora oggi la discussione si svolge tra chi, come la Tanzania, chiede di legalizzare il commercio dell'avorio seppur con quantità limitate (90 tonnellate all'anno - circa 13 mila elefanti all'anno!!!) e chi come altri 16 paesi africani, Kenya in testa, chiedono l'assoluta moratoria per 20 anni del commercio di avorio.

Per chi desidera approfondire ecco alcuni link dove sono segnalati progetti per la conservazione e la salvaguardia dell'elefante africano.

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