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venerdì 19 agosto 2011

Viaggiare, si viaggiare

Perchè si viaggia? Cosa ci spinge a partire? Ho sempre pensato che il conoscere sia il primo motivo che spinge l'uomo, nel senso di genere umano, a mettersi in cammino. Del resto solo andando verso gli altri si ha la possibilità di comprenderli e, attraverso le relazioni che si possono instaurare, di conoscerne idee, tradizioni e pensieri. Vi sono alcuni Paesi in cui viaggiare, per noi europei, è un'esperienza unica. Colori e profumi, costumi e paesaggi, grandezze e minuzie. Da sempre l'uomo è stato spinto - da qualcosa di non sempre chiaro - ad "andare oltre", a superare le barriere dello spazio (sia stato esso lo stretto di Gibilterra, un grande Oceano, una montagna o un fiume) e del tempo (che necessitano mesi o anni o l'intera esistenza). Un tempo si viaggiava in luoghi quasi inaccessibili, si raccontavano, al ritorno (e non sempre si tornava), storie a cui spesso nessuno credeva - a volte anche perchè erano inventate di sana pianta o in gran parte modificate - o a cui nessuno poteva opporre tesi diverse.
Oggi viaggiare è semplice. Con il denaro si arriva ovunque. Un aereo, dei mezzi veloci, guide in qualsiasi angolo - anche il più sperduto- della terra, immagini che ci giungono da qualsiasi luogo del pianeta e che in tempo reale sono visibili, grazie alla rete, in ogni parte del globo.
Certo non tutti i motivi per cui si viaggia sono nobili e compatibili con il sistema mondo. Oramai il turismo globalizzato consente a chiunque abbia i mezzi economici, di giungere ovunque. Con lo stesso atteggiamento mentale si visita una grande metropoli o una remota zona del deserto del Kalahari dove vivono popoli oramai d'altri tempi. La chiamano civiltà.
Si viaggia per affari, per religione, per studio o per professione, per conoscere, per piacere e perfino per sesso.

Ho avuto la fortuna di vivere in un tempo ove un viaggio si programmava per mesi, tra affascinanti letture di racconti di altri viaggiatori e qualche guida. Quando non ci si collegava ad Internet e le comunicazioni avvenivano solo attraverso un telefono rigidamente connesso con l'arredamento. Quando di fronte ad una grande carta geografica si decideva quale strada percorrere, calcolando distanze e possibili alternative: programmi ed itinerari che sistematicamente sul campo venivano disattesi. Ho avuto la fortuna di viaggiare da solo, con uno zaino in spalle. Di partire e di non conoscere la data del rientro. Di vivere momenti straordinari e esperienze difficili, di conoscere persone magnifiche e di percorrere pezzi del mio cammino assieme a compagni di viaggio che non ho mai più incontrato e di cui mi rimane il nome annotato su di uno dei miei diari. Ho avuto il piacere di scrivere delle lunghe lettere indirizzate a persone care e di passare per i giorni successivi in una cassetta postale ad attendere la risposta. Ma, soprattutto, ho avuto la fortuna di conoscere gli altri, di sentirne e apparezzarne la diversità, come elemento di estrema ricchezza. Ho imparato molte cose e in primo luogo ad indignarmi, con forza, verso qualsiasi forma, anche sottile, di razzismo, di intolleranza e di violenza verso gli altri. Ho percepito che l'essenza di un uomo è contenuta all'interno di un involucro costruito dalla pelle e dal suo colore, dalle tradizioni, dalla religione e dal sistema linguistico e che solo attraverso la reciproca conoscenza si può comprendere gli altri.
Ho scoperto che la stupidità, la cattiveria, la violenza, il fanatismo, l'intolleranza, il razzismo, l'individualismo e l'arroganza sono intimamente legate e albergano nel genere umano.
Viaggiare, sì viaggiare rende più liberi. Più liberi di pensare.

2 commenti:

Jas21 ha detto...

Vengo dal blog Climatrix, il tuo racconto è straordinario, di quel vero viaggiatore di un tempo non mediatico. Sono stata in Africa anche io tanti anni fa e nel tuo racconto ho ritrovato una parte di me.

Gianfranco Della Valle ha detto...

Grazie per il tuo commento e per i complimenti. Quando l'ho riletto mi sono sentito soprattutto "vecchio", e forse alla soglia dei 50 è proprio così! Un viaggiatore che ha viaggiato meno di quello che avrebbe voluto fare, ma questa è la vita! Grazie ancora.
Gianfranco, Sancara

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