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lunedì 26 marzo 2018

Fairphone e la Repubblica Democratica del Congo: una sfida possibile

Forse il nome Fairphone non a tutti dice qualcosa. Il rischio di pensare all'ennesima entrata nel mercato degli smartphone di un'azienda cinese è alto e per fortuna quanto più lontano dalla realtà.
Fairphone è invece una splendida realtà ed è olandese. Nasce come idea nel 2010 e si concretizza nel 2013 quando viene lanciato il Fairphone 1. Si tratta, per sintetizzare, di uno smartphone etico, il primo al mondo, che poggia le sue basi sulla necessità di controllare l'intera filiera della produzione dei metalli e dei minerali che sono alla base delle tecniche costruttive dei moderni cellulari.
Per farlo i principi sono due: uno smartphone fatto per durare (quindi modulare e riparabile dove non si cambia e si getta l'intero apparecchio ma solo parti di esso) e il controllo della fornitura dei materiali basata su principi etici e su pratiche estrattive compatibili con l'ambiente e con i diritti dei lavoratori.
E' cosa nota che i moderni telefoni cellulari contengono almeno una quarantina (40) di diversi minerali e metalli. Molti dei quali (purtroppo la maggior parte) provenienti da zone di guerra o di conflitto (spesso sono gli stessi estrattivi a determinare i conflitti al punto tale da essere chiamati conflict minerals).
Molti di questi minerali provengono da regioni dell'Africa (Sancara aveva già parlato del coltan della zona del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo ma un discorso analogo potrebbe valere per il tungsteno del Ruanda) dove è altissimo il livello del conflitto, dello sfruttamento (spesso di bambini) e dei guadagni illegali.
L'idea di Fairphone (che nel 2015 ha lanciato la versione 2), nasce nel cuore di Amsterdam ad opera di Bes Van Abel, giovane e vulcanico attuale Amministratore Delegato di Fairphone (che oggi ha circa 70 dipendenti) ed ha preso piede all'interno della Waag Society (una fondazione olandese che si occupa di arte e tecnologia) cercando in un primo tempo di sensibilizzare i consumatori alla complessità che si nasconde dietro ad uno smartphone. Nel 2013, assieme ad altri soci come Miquel Ballester (di cui vi segnalo  questa intervista) e Tessa Wernink, con un investimento iniziale di 400 mila euro e una campagna di crowdfunding, si passa ai fatti puntando sulla sostenibilità e sul controllo della filiera dei materiali.
La sfida iniziale è stata quella di tracciare tutta la filiera di produzione di quattro minerali (stagno, tantalo, tungsteno e oro) prodotti nella Repubblica Democratica del Congo e nel Ruanda. Contemporaneamente si è provveduto a creare un apparecchio in cui il proprietario può sostituire semplicemente tutti gli elementi (batteria, schermo, modulo con telecamera, jack per cuffie, porte usb e via così) ed è interamente predisposto per upgrade e espansioni. Infine, i codici sorgente sono aperti a proprietari e sviluppatori. Insomma un cambio di paradigma fondamentale rispetto ai telefoni di oggi che oramai non permettono nemmeno l'accesso alla batteria!
Recentemente Fairphone ha allargato il suo orizzonte anche alle condizioni di lavoro delle ditte fornitrici.
Per la cronaca, Fairphone 2 costa attorno alle 530 euro.

La questione del controllo della filiera di produzione è la vera chiave di volta dell'intero sistema di produzione che coinvolge milioni (probabilmente centinaia di milioni) di individui che lavorano in condizioni disumane o di schiavitù. Purtroppo solo quando saranno anche le stesse aziende a lanciare la sfida al consumatore sulla certificazione etica delle materie prime il sistema sarà costretto a mettere in crisi modalità di produzione che seminano morte e povertà. Pensare di tenere in mano qualcosa che ha determinano la morte di altri individui dovrà indurci, prima o poi, tutti, a fare un passo indietro e a ricercare soluzioni con maggiore attenzione agli altri, ai diritti e alla vita.
Questo discorso vale per tutto. Provate a pensare alle produzioni agricole, dove lo sfruttamento, anche in Italia, è elevatissimo (e in grande aumento) e dove le filiere controllate e certificate sono ancora poche. 
Abbiamo tutti una responsabilità, non deleghiamola ad altri.

martedì 13 marzo 2018

L'oba del Benin contro il traffico di esseri umani

Ha destato grande interesse negli ambienti nigeriani (e non solo) il pronunciamento dell'oba del Benin, Ewuare II, contro la tratta di esseri umani. L'oba ha chiesto ai "medici nativi" di revocare i giuramenti già posti della vittime di tratta svicolando così le donne dalle maledizioni poste in essere dai riti celebrati. Una notizie che interessa tutte le giovani donne nigeriane giunte in Italia negli ultimi anni e costrette alla prostituzione.
Ma, vediamo con ordine cosa è successo.

L'oba è nella cultura del popolo Edo (popolazione dell'Africa occidentale ed in particolare del delta del Niger in Nigeria) un re e un capo religioso. Il nome  oba (che in molte lingue locali significa re) entrò in uso nel XIII secolo con Eweka I, considerato il fondatore del Regno del Benin. Il ruolo - oggi molto più religioso e culturale  che politico (gli inglesi sul finire del 1800 decretarono la fine all'Impero del Benin)  - si tramanda da allora ed oggi a ricoprirlo è Eheneden Erediauwa (Ewuare II) nato nel 1953 e "incoronato" il 20 ottobre 2016.
Ewuare ha studiato in un collage a Benin City, poi a Londra, poi a Cardiff (laurea in Economia) e infine in New Jersey dove ha conseguito un Master in Pubblica Amministrazione.
Ha lavorato alle Nazioni Unite dal 1981 al 1982 ed è stato ambasciatore di Nigeria in Angola, Svezia ed in Italia.
Sin dal suo insediamento l'oba ha strettamente collaborato con il Governatore dell'Edo State, Godwin Obaseki, eletto il 12 novembre 2016.
Alcuni giorni fa l'oba ha chiamato a raccolta (ecco il link del video della cerimonia) tutti i medici tradizionali formulando una sorta di "editto" in cui li obbliga a non mettere in atto giuramenti rituali (che in Italia conosciamo genericamente come riti vudù o jujù) che
costringono giovani donne nigeriane a restituire soldi ad organizzazioni criminali che le portano in Europa (ed in particolare in Italia) a prostituirsi. Allo stesso tempo l'editto libera (anche con azione retroattiva) le donne dal vincolo e le mette nelle condizioni di denunciare i criminali. Infatti, l'oba, ha anche pronunciato parole molto dure contro le confraternite che sono alla base della mafia nigeriana che gestisce da decenni il traffico di esseri umani allo scopo di sfruttamento nel mondo della prostituzione e strettamente connesso con lo spaccio di stupefacenti. Il ruolo dei medici nativi è quello di svolgere, a pagamento, riti che impegnano la ragazza e la sua famiglia alla restituzione del debito accumulato per arrivare in Europa (tra i 20 e i 40 mila euro) pena l'arrivo di maledizioni di ogni genere. Giocando sulla credenza, sull'ignoranza e sul potere acquisito i medici nativi vincolano le vittime a non parlare del proprio giuramento e a restituire fino all'ultimo centesimo il loro debito.  La prostituzione nigeriana in Italia ha subito un'impennata negli ultimi tre-quattro anno, che hanno visto crescere (grazie anche all'assurdo e favorente  sistema italiano di protezione internazionale) a dismisura le donne "importate" dalla Nigeria. Solo nel 2016 ne sono giunte in Italia 11.006.
E' un fatto sicuramente importante che risponde, come ha avuto modo di dire l'oba, alla richiesta forte  della comunità internazionale (e solo in parte di quella, distratta, nigeriana) rivolta ai sistemi informali (quelli appunto dei medici tradizionali, degli stregoni e dei ciarlatani nigeriani) di contribuire di mettere fine alla tratta di esseri umani.
Bisognerà aspettare gli effetti, se effetti ci saranno, di questa presa di posizione dell'oba del Benin. Nei prossimi mesi scopriremo se al già ridotto numero di nuovi arrivi degli ultimi mesi del 2017 e dei primi del 2018 (effetti della politica del governo italiano) si aggiungerà anche un effetto - sicuramente più positivo - di mancanza di nuova carne da macello da inserire nel ghiotto mercato italiano.
Così sarà interessante capire se le ragazze nigeriane - già in Italia o in Europa da tempo - svincolate dal loro giuramento saranno capaci di collaborare con la giustizia e di permettere l'arresto dei criminali che gestiscono un business così redditizio.
Sicuramente trema una parte della comunità residente nigeriana in Italia che ricava importanti utili dai servizi offerti alle "ragazze di strada" (dalle ospitalità alle necessità logistiche o dei servizi, quando non il diretto guadagno su una parte del debito).
Sicuramente l'atto dell'oba è coraggioso, perché in definitiva, toglie una parte importante dei guadagni ai medici nativi e in qualche modo ne delegittima l'azione. Così come si mette deliberatamente contro alle potente confraternite che da decenni infiammano criminalmente la vita quotidiana in Nigeria.
Certo ancora si fa fatica a scardinare una rete di credenze e di ignoranza, di pregiudizi e di complicità, che anche attraverso l'uso di rituali e pratiche di stregonerie, contribuiscono a fare restare in un forte oblio la popolazione nigeriana a vantaggio di criminali e politici corrotti.

Oltre ai post indicati dai link è possibile approfondire anche con questo link  di Sancara "Nigeria in Italia, alcuni numeri"