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mercoledì 1 febbraio 2012

Alcuni pensieri sulla "primavera araba"

Locandina della Fondazione Pellicani
Si è svolto ieri a Mestre - organizzato dalla Fondazione "Gianni Pellicani" - un interessante dibattito tra Massimo Cacciari e Renzo Guolo ad un anno dall'inizio della primavera araba. Vi sottoporrò alcune suggestione emerse durante l'incontro con alcune domande e riflessioni. Cacciari, sicuramente un attento osservatore, e protagonista, della politica italiana ed europea, in vena particolarmente ironica, ha introdotto a "questi straordinari eventi" affermando come tutte le riflessioni avvengono dopo, poichè il nostro mondo ha vissuto con "potenti paraocchi" i fatti che hanno preceduto gli avvenimenti nella sponda sud del Mediterraneo e solo a posteriori, questo "magma confuso" è stato spiegato in base ai nostri paradigmi ("l'abbiamo spiegato con quello che abbiamo nella zucca noi"). Il vero tema oggi è capire come può evolvere la situazione. Renzo Guolo, da vero esperto delle questioni arabe, ha tentato di ricostruire gli eventi per poter ipotizzare uno sviluppo possibile. Proporrò la sua analisi per punti sperando di non modificare il suo pensiero.
Fonte: Linkiesta
Si può fare un tentativo di comprendere le cause che hanno dato origine alle proteste e che attraverso la miccia che ha innestato il tutto (il ragazzo tunisino che si è dato fuoco) ha modificato ("ma non rivoluzionato") il Nord-Africa. All'origine vi è la crisi economica del 2008 che ha determinato la fine degli aiuti americani a questi paesi. Il patto era una scambio tra il contenimento del fondamentalismo islamico (che Guolo afferma avere il suo momento fondativo nell'assassinio di Sadat nel 1981) e il sostegno ai regimi autocratici. L'altra tappa fondamentale è costituita dall'avvento dell'amministrazione Obama, che ha modificato, in modo sostanziale, la politica estera americana (e secondo Cacciari "decretato la fine dell'Impero") e che in un discorso al Cairo nel giugno 2009 sostenne che "gli americani saranno sempre dalla parte dei popoli che lottano per la libertà". Questi due aspetti hanno reso "meno sicuri" i regimi (i giovani avevano per anni avuto in cambio istruzione a costi bassi e questo aveva contribuito, in assenza di lavoro, al fenomeno migratorio) e dall'altro "dare speranza alle minoranze attive". Infatti i regimi hanno sempre represso l'opposizione politica (socialisti e comunisti) e i fondamentalisti, ma sono stati incapaci (o impreparati) di contenere le minoranze di giovani  apolitici, spesso connessi attraverso la rete con l'occidente (i blogger, il popolo della rete) e con una forte propensione ad essere padroni del proprio destino.
Foto dal sito Il Journal
Una volta caduto il regime (senza la protezione esterna) è emersa appunto la difficoltà politica di queste "avanguardie" che alle elezioni hanno dovuto cedere il passo "all'islamismo politico", ovvero a quelli che (Fratelli Mussulmani e altri simili) in tutti questi anni hanno continuato a svolgere attività politica a stretto contatto con la gente, spesso sostituendosi allo stato nell'organizzazione del welfare sociale. La riflessione di Guolo è impeccabile: "un terzo della popolazione egiziana è analfabeta. Alle elezioni le masse hanno votato per chi conoscevano, per chi era in grado di parlare il loro linguaggio, non per le minoranze attive che non avevano lo stesso impatto sulla gente"
Ora la sfida dei partiti islamici è quella del governo, per la prima volta si trovano a fare i conti con la complessità, trovandosi di fronte dei grandi vincoli come la gestione dell'economia e la complessa organizzazione militare-economica (i militari detengono il 40% dell'economia egiziana). Questa è la scommessa per il futuro.

Naturalmente, nel corso del dibattito, non sono mancate riflessioni  più ampie sulle questioni geopolitiche di un'area a forte instabilità. La questione siriana - di grande attualità - e il legame con l'Iran, spaventano. Così come, di riflesso la questione israelo-palestinese, ridiventa nuovamente il punto centrale del contendere. Su questo Massimo Cacciari, si lancia in alcune provocazioni-riflessioni, che meritano una attenta riflessione. Ve le sottopongo a modi spot.
-tutto questo (l'avvento di questi movimenti) avviene perchè non vi è più l'Impero (contenimento americano) che a dire del filosofo "ha fatto delle cappelle a nastro". Il mondo ha necessità dell'Impero.
-siamo così convinti che questi paesi vogliano la democrazia?
-vi è un forte scetticismo sulla capacità dei nuovi governanti arabi di guidare la complessa questione israelo-palestinese
-la catastrofe scoppierà a Gerusalemme (coinvolgendo l'asse Iran-Siria).


La mia impressione è che vi sia una forte paura dell'islam (ovvero del suo radicalismo), comprensibile dalla parte del mondo che oggi domina e che si fonda sul cristianesimo.Quel meccanismo di controllo (di contenimento) dell'Impero americano garantiva la tenuta di un sistema che consentiva a noi maggiore sicurezza e ricchezza e a loro (chi abitava in quella parte del mondo) repressione, povertà (non per tutti) ed un certo isolamento. Tutti questi elementi sono oggi crollati, senza che noi fossimo in grado di predirne (anticiparne) e di guidarne gli eventi. Se aggiungiamo che oltre alla caduta dell'Impero, assistiamo ad una crisi economica spaventosa che coinvolge "il nord del mondo" (Europa e Stati Uniti in testa) e che gli andamenti demografici ci raccontano che Europa e Stati Uniti raggiungono a malapena un settimo della popolazione mondiale, qualche preoccupazione su quello che avviene (e che avverrà) è legittima.

Ecco il primo post di Sancara allo scoppio della "rivoluzione egiziana".

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