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giovedì 23 ottobre 2014

Ebola: mettiamo alcuni puntini

A quasi 40 anni dalla sua comparsa, Ebola è diventata una delle parole più ricercate nel web. La storia di questa malattia, le paure che essa incute e l'approssimazione delle informazioni (e spesso, delle dichiarazioni e dei provvedimenti) contribuiscono a questa improvvisa e sotto certi versi inaspettata notorietà.

foto dalla rete
Per quanto riguarda notizie più generali su questa patologia, vi elenco i link ai post apparsi su Sancara nel passato (anche prima delle recente epidemia) e il sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che monitorizza costantemente la situazione.

Mi preme invece sottolineare, in modo semplice e per punti, alcuni aspetti che nell'ambito delle informazioni vengono tralasciati, dimenticati o sono oggetto di confusione.




- Ebola è in tre paesi dell'Africa Occidentale, non in tutta l'Africa
Ovvero Liberia, Sierra Leone e Guinea. Gli altri paesi compresi Senegal e Nigeria (dove recentemente sono stati diagnosticati alcuni casi e che sono oggi Ebola Free), sono esattamente come l'Italia o la Norvegia, ovvero privi di casi di malattia.
Sembra una banalità, ma non è cosi. Un africano proveniente dall'Uganda (distante come e più dell'Italia dalla Guinea) ha le stesse probabilità di un giapponese o di un portoghese di aver contratto il virus.

- In questo momento il massimo sforzo per fermare la malattia (e salvare vite umane) deve essere fatto in Africa
Inutile citare le testimonianze di chi lavora sul posto (ma vi linko questa dichiarazione recente di Emergency), ma i soldi (e il personale) devono giungere lì dove la gente muore e non devono servire per attrezzare in ogni città del mondo un centro di accoglienza di un probabile e forse inesistente malato di Ebola.
Soldi e personale servono a sopperire alla cronica mancanza di una sanità degna di questo nome in molti paesi africani (rimandiamo la discussione sui motivi di questa mancanza). In Liberia un medico ogni 71.429 abitanti, il Sierra Leone uno medico ogni 45.455 abitanti, in Guinea un medico ogni 10.000 abitanti, negli Stati Uniti un medico ogni 408 abitanti.
Poichè come si è visto, più precoce è la cura (con farmaci sintomatici) minore è la mortalità, appare evidente che lo sforzo massimo deve essere fatto per intervenire precocemente e prevenire il contagio.
Viceversa è unanime opinione della comunità scientifica (e i pochi casi importati nel resto del mondo lo dimostrano) che l'impatto eventuale su i nostri paesi (in termine di casi e mortalità) sarebbe assolutamente diverso (leggi molto, molto, minore) dall'Africa a causa di sistemi sanitari maggiormente efficienti e abitudini di vita diversi.

- Chiudere le frontiere o preoccuparsi degli sbarchi (pur mantenendo, a prescindere, alta l'attenzione sanitaria) non serve a molto
Come giustamente sottolinea Gino Strada è più probabile che il virus giunga da noi in aereo che in nave. Seppure il periodo di incubazione massimo sia di 21 giorni, la malattia si sviluppa molto prima, rendendo molto difficile il suo l'arrivo con persone che, spesso partendo dai luoghi non liberi da Ebola, impiegano anche settimane prima di giungere sulle coste. E' invece più realistico pensare ad un contagiato (magari appunto un operatore sanitario, categoria per definizione a rischio per qualsiasi patologia infettiva) che prende un aereo e in 5 ore giunge in Europa.

- La storia ci insegna (perchè su queste cose si ripete) che sfruttando le paure collettive, si fanno azioni non sempre nobili
In queste situazioni non è raro osservare stanziamenti folli e spese esagerate per far fronte a emergenze indotte dalla fobia più che reali. Qualcuno ricorderà l'inizio dell'era AIDS (fine anni '80 in Italia, metà anni '80 nel mondo), sembrava che non infettarsi fosse impossibile. Poi le cose sono andate (pur nella gravità, ci mancherebbe) in modo molto diverso. Inizialmente la corsa (e gli stanziamenti) per vaccini e farmaci fu molto dispendioso. A guadagnarci furono, come sempre, case farmaceutiche, ambigui istituti di ricerca e altri speculatori di catastrofi umane. A rimetterci furono, come sempre,  i seri programmi di prevenzione, la sanità comune e più in generale i malati.

- In Africa oltre a circa 6000 morti (per ora, di Ebola), vi sono stati, nello stesso periodo, anche 1,5 milioni bambini morti di fame, non dimentichiamolo!
La preoccupazione diffusa di molti operatori sul campo è che l'epidemia di Ebola, oltre a minare le economie di stati già in gravi difficoltà, si ripercuota pesantemente e pericolosamente sulle vere vittime: le popolazioni più deboli. 

Ecco, questi sono solo alcuni punti, che dobbiamo sempre tenere presente nei nostri ragionamenti e nelle nostre azioni. Non si tratta di sottovalutare, ma nemmeno di alimentare un inutile vocio, che finisce per avere un unico scopo: isolare ancora di più chi oggi necessita dell'azione dell'intera comunità internazionale.

Ebola; alcune annotazioni (luglio 2012) 


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