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mercoledì 25 settembre 2013

La città punica di Kerkouane e la sua necropoli

foto da wikipedia
Kerkouane (Kerkwan in inglese) è l'unica città fenicio-punica sopravvissuta così come era stata costruita (le altre, come Cartagine, sono state ampliate e modificate dai romani). Questa fu una delle motivazioni che spinse l'UNESCO, nel 1985, ad inserire questa città tra i Patrimoni dell'Umanità (nel 1986 il sito fu esteso anche alla necropoli).
La città il cui nome potrebbe essere stato Tamezr, si trova nel Nord-Est della Tunisia, nella zona di Capo Bon, dopo aver vissuto per oltre 400 anni, fu probabilmente abbandonata durante la prima guerra punica (250 anni prima della nascita di Cristo).
planimetria della città, dalla rete
La scoperta delle rovine di Kerkouane (i cui scavi risalgono al 1952, sebbene sia stata "ritrovata" nel 1929) hanno permesso di studiare e conoscere il pensiero urbanistico e le capacità edilizie del periodo punico. In particolare è stato possibile studiare le modalità costruttive dei sistemi idrici che in questa città rivestono particolare interesse, per le scelte che sono state compiute.
Di particolare interesse anche la necropoli di Arg al Ghazwani, oltre duecento tombe di cui alcune non ancora scavate, in cui sono state trovate molte ceramiche e materiali di "fabbricazione italiana".
Il sito certamente straordinario sotto il profilo storico-archeologico non è molto "sfruttato" turisticamente, poichè non vi sono elementi sensazionali.

Vai alla pagina di Sancara sui Patrimoni dell'Umanità in Africa

martedì 24 settembre 2013

Oltre Nairobi

I drammatici fatti che si sono svolti a Nairobi (in parte ancora in corso), con l'attacco al centro commerciale Westgate (oltre 60 morti e quasi 200 feriti è il bilancio provvisorio), confermano, ancora una volta, la pericolosità di una paese come la Somalia, in un ambito geopolitico già molto compromesso ed instabile. Proprio alcuni giorni fa avevamo segnalato come, la presenza di "stati falliti" rappresenti un elemento di grande minaccia per l'intero pianeta.

foto dalla rete
Gli osservatori mondiali si sono soffermati a descrivere (eccone un ottimo esempio) chi sono questi "giovani" (Al Shabaab, significa appunto la gioventù) che dalla Somalia hanno pianificato un'azione complessa e precisa da un punto di vista militare.
Un gruppo nato in Somalia nel 2006 (quindi ben 12 anni dopo l'abbandono della Somalia) all'interno delle Corti Islamiche, di cui erano appunto il braccio armato (Harakat al-Shabbab Al--Mujahidin) e che a partire dall'ottobre 2011, ovvero quando le truppe del Kenya hanno affiancato i caschi blu dell'Unione Africana (AMISOM) e le truppe governative in Somalia (certamente non per ragioni umanitarie), hanno giurato la vendetta nei confronti del paese confinante.

Naturalmente le azioni di Al Shabbab (anche in Kenya) non sono nuove (vi riporto il link a questo post di Sancara del 2010) ed il gruppo, nonostante le sconfitte militari in patria, ad opera delle truppe etiopi e kenyote, si rafforza grazie anche agli appoggi esterni (paesi arabi e non solo) e all'adesione al movimento di molti stranieri della diaspora somala.

foto dalla rete
La questione centrale però, piaccia o no, resta la Somalia. Un paese che da oltre 20 anni è senza guida (nella quasi totale indifferenza della comunità internazionale), che è stato abbandonato quasi da tutti e che proprio grazie a questa situazione (quasi unica nel pianeta) permette ai movimenti estremisti di proliferare e di crescere. Nei campi di addestramento del terrorismo nel nord-est della Somalia,  a Galgata (che gli analisti ritengono essere la nuova Tora Bora) i giovani si recano nella speranza di cambiare la loro vita che è già a livelli della semplice sopravvivenza. Pericolose illusioni che qualcuno fomenta. Il caos, la guerra, le ingiustizia, gli interesse reali (e quelli mascherati), l'indifferenza, l'assenza di uno stato, la mancanza di istruzione e la ricchezza del resto del mondo sono un brodo di coltura ottimale per l'integralismo. Questo vale in Palestina, in Iraq, in Afghanistan e ovunque nel mondo.

Bisogna essere realisti. Le alternative non sono molte. O si rilancia una nuova stagione di pace e di sviluppo (ove possibile), che porti a ridurre la miseria e a creare istituzioni statali credibili, al fine di contenere l'attrazione delle giovani generazioni verso tutti gli "ismi", oppure continuiamo con l'attuale strategia: proteggersi sempre più nei propri paesi (gli Stati Uniti insegnano, dopo l'11 settembre) lasciando che i terroristi si "sfoghino" in territori che a noi interessano meno e dove i morti, per noi, valgono molto poco. E' crudele, certo, sicuramente.


martedì 17 settembre 2013

Oltre la ricchezza, in Africa

La crisi economica colpisce tutti e ovunque, quasi. Certo non i miliardari del pianeta. Stando alla rivista Forbes, che da oltre 25 anni pubblica le liste dei miliardari del mondo, oltre che dei potenti della terra, nel 2000 gli ultra-miliardari erano 470 (con un patrimonio complessivo di 898 miliardi di dollari), mentre nel 2013 essi sono saliti a 1426 (massimo storico) con un patrimonio di oltre 5,4 trilioni di dollari. Dal 2008 ad oggi i patrimoni sono aumentati in modo considerevole così come i nuovi ricchi. Segno evidente che qualcuno da questa crisi trova beneficio.


Tra queste straordinarie ricchezze, inimmaginabili per i comuni mortali, trova posto anche l'Africa. L'uomo più ricco d'Africa (43° nel mondo), con un patrimonio stimato di 16,1 miliardi di dollari è il nigeriano Aliko Dangote, attivo nel mondo del cemento, dello zucchero e della farina, con interessi in tutta l'Africa Occidentale. Fino al 2011Dangote non era tra i primi 100 ricchi del pianeta, mentre nel 2012 è entrato al 76° posto.
Nel 2013 Dangote, tanto per fare un esempio, sarebbe il secondo uomo più ricco d'Italia, dopo Ferrero (quello della Nutella e non solo) che è 23° e prima di Del Vecchio (Luxottica) che è 46°.

Dietro al nigeriano, due bianchi sudafricani, Johann Rupert, 179° nel mondo, (beni di lusso, patrimonio 6,6 miliardi di dollari) e Nick Oppenheimer, 182° nel mondo, (storica famiglia proprietaria del colosso diamantifero De Beers).

Dietro di loro l'egiziano Nassef Sawiris (182°, costruttore), il nigeriano Mike Adenuga (267°, telefonia mobile e petrolio), il sudafricano bianco Christoffel Wiese (384°, catena di centri commerciali), il marocchino Othman Benjelloum (437°, assicurazioni e banche).

All' 8° posto in Africa, il primo (e unico) sudafricano nero, Patrice Matsepe, (490°, imprenditore minerario), che con un patrimonio di 2,9 miliardi di dollari è il quarto uomo più ricco del Sudafrica.

Chiudono questa lista di "magnifici dieci africani", gli egiziani Naguib Sawiris (589°, telefonia) e Mohamed Mansour (670°, imprenditore che diversifica molto le sue attività).

Uomini il cui patrimonio, quasi per tutti in crescita, equivale spesso ad intere economie statali africane.


Ecco la lista 2013 pubblicata da Forbes

lunedì 16 settembre 2013

La strage dei bambini

Ogni ora nel mondo muoiono 748 bambini che non hanno ancora compiuto 5 anni. Una strage che porta complessivamente a una stima di 6.553.000 bambini morti ogni anno (di cui 2.852.000, sono neonati, ovvero muoiono nei primi 30 giorni di vita). In definitiva 48 bambini ogni 1000 nati (under five mortality rate) non superano i 5 anni di vita.
Sono numeri impressionanti, i quali, per noi che viviamo in Europa, sembrano inauditi e inverosimili. Infatti oltre la metà di questi bambini (3.323.000) muoiono in Africa.

foto dalla rete
Certo il rapporto, recentemente pubblicato dall'UNICEF e dall'OMS, diffonde anche un cauto ottimismo. I morti under5 erano quasi il doppio nel 1990 (oltre 12 milioni, 90 ogni 1000) e sono diminuiti ovunque. Certo non ovunque con la stessa intensità. Infatti in Africa Sub-Sahariana (la regione del mondo che oggi fa quasi la metà dei morti), il declino è stato del 14% (nel mondo 48%) contro il Nord-Africa dove la riduzione è stata del 69% o nei paesi sviluppati dove la mortalità è calata del 60%.

Certo i numeri impressionanti delle morti in Africa (173 ogni 1000 nel 1990) sono calati in questi oltre vent'anni, portando il tasso a 95 ogni 1000. Sicuramente ben lontani dall'Europa (12 ogni 1000, era 32 nel 1990) e dalle Americhe (15 ogni 1000, era 42 nel 1990).

L'Africa Sub-Sahariana è l'unica area del pianeta dove i tassi di mortalità, devono essere scritti a 3 cifre (in Italia il tasso è 4 ogni 1000). Si passa dal record mondiale della Sierra Leone (182/1000), all'Angola (164/1000), al Ciad (150/1000), alla Somalia (147/1000), alla Repubblica Democratica del Congo (146/1000), tanto per parlare dei luoghi ove crescere è più difficile.
In Africa si osservano anche gli unici paesi al mondo dove il tasso di mortalità è aumentato, ovvero il Lesotho (da 85/1000 del 1990 a 100/1000 nel 2012) e lo Zimbabwe (da 74/1000 a 90/1000), questo a testimoniare come il percorso da compiere nel continente nero è ancora lungo e difficoltoso.

Quasi la metà dei bambini muore per cause riconducibili alla fame e alla denutrizione. In termini assoluti le cause di morte più frequenti sono le affezioni polmonari (17%), la prematurità (15%), le patologie da parto (10%), le malattie da diarrea (9%) e la malaria (7%).

Ancora oggi crescere in molti paesi non è affatto scontato e facile. 

Ecco i dati complessivi del report 2013
Ecco il post del 2010 su Sancara sulla mortalità infantile

martedì 10 settembre 2013

Stati in via di fallimento, la lista del 2013

Come ogni anno The Found for Peace (organizzazione nata nel 1957 per contribuire a prevenire i conflitti nel mondo) pubblica la lista degli stati in via di fallimento. La lista, che si avvale di 12 indicatori economici, sociali e politici rappresenta oramai uno strumento di lavoro per molti analisti e studiosi degli scenari attuali e futuri del nostro Pianeta.


La lista del 2013, la quale compara 178 stati del mondo, è frutto dell'elaborazione di milioni di documenti ufficiali ed è la nona edizione.
Sono quattro i paesi del mondo (Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Sud Sudan) che sono in uno stato di massima allerta (e occupano i primi 4 posti della classifica).
Conoscendo la storia di questi paesi, non è difficile intuire che il fallimento è alle porte, quando non già in atto.

La questione degli stati falliti è molto più seria di una semplice lista e di semplici indicatori. L'assenza di strutture statali degne di questo nome significa dare via libera ad ogni tipo di commercio e attività illegali (dalle droghe alle armi, dall'addestramento del terrorismo alla pirateria), ad ogni tipo di abuso, ad una corruzione dilagante e all'assoluta incapacità di gestire programmi per diminuire la fame o controllare malattie anche gravi. Insomma, non c'è da scherzare. Alcuni studiosi sostengono che questi stati siano una delle peggiori minacce per il nostro pianeta.

Dietro questo quartetto, vi sono Ciad, Yemen, Afghanistan, Haiti, Repubblica Centrafricana e Zimbabwe a completare le prime dieci posizioni.
Dei 35 paesi che l'indice definisce in allerta per un probabile fallimento, 23 sono africani (erano 33 lo scorso anno, di cui 21 africani).

Agli antipodi, ovvero nella zona dei paesi definiti sostenibili vi sono 14 paesi, che nell'ordine sono: Finlandia, Svezia, Norvegia, Svizzera, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Islanda, Irlanda, Australia, Canada, Olanda, Austria e Germania.

L'Italia recupera una posizione da 146 a 147 (da classifica parte dall'1 della Somalia per concludersi al 178 della Finlandia), rimanendo in zona stabile.

Per il resto dell'Africa si conferma il primo posto della Mauritius (148°), seguita dal Botswana e Syechelles (121°), dal Sudafrica (113°) e dal Ghana (110°), tutte, salvo le isole Maurizio, in zona di attenzione.

La lista è abbastanza stabile negli anni, con alcune importanti eccezioni (in positivo e negativo).
Tra i paesi che hanno peggiorato molto la loro situazione vi sono il Mali (perde 41 posizioni), la Tunisia (-11), la Cina (-10), la Mauritania e lo Swaziland (-7) e il Burkina Faso (-6). La Siria, pur aumentando di molto il punteggio, perde per ora solo 3 posizioni.

Nel verso opposto, le migliori performance sono dell'Indonesia (+13 posizioni), del Laos e della Moldavia (+10), dell'Azeibargian (+8), dell'Ecuador, del Gabon, del Kirghistan e il Venezuela (+7).


Ecco il link ai post di Sancara delle passate edizioni della lista:

lunedì 9 settembre 2013

Gazzella di Cuvier: la gazzella del Nord

foto da Wikipedia
Vi è stato un tempo in cui si pensava che questa gazzella (chiamata anche Edmi) fosse estinta in natura. Oggi si sa che della Gazzella di Cuvier (Gazzella cuveri) esistono ancora circa 2000 esemplari (ovvero circa 250 esemplari adulti), in un areale distribuito sulla catena dell'Atlante, tra Marocco (dove vivono la maggioranza degli esemplari), Algeria e Tunisia.

Si tratta di una gazzella dal manto scuro e folto che vive in terreni boscosi e che sin dal 1986 l'IUCN (l'organismo mondiale per la conservazione delle specie aninmali) l'ha inserita nella lista rosse delle specie animali minacciate da estinzione (EN).

Porta con grande eleganze due meravigliose corna a sezione ovale ad anelli, usate nelle lotte tra simili. Si proteggono dal mondo esterno attraverso due meccanismi: i loro riflessi, che gli permettono di essere reattive in tempi rapidissimi (avvisando l'intero branco) e la loro velocità nella corsa (raggiungono anche gli 80 chilometri all'ora).

Questa specie di gazzella (il cui nome è stato posto in onore del naturalista francese Georges Cuvier 1769-1832), considerata già rara a partire dagli anni '30, è stata protetta solo dopo il 1960. Cacciata un tempo per la sua pelle e per la sua carne (oltre che come trofeo), oggi il suo habitat è in competizione con quello degli animali da allevamento, come le pecore e le capre.

areale, da wikipedia
Ecco la scheda della lista rossa dell'IUCN
Ecco alcune immagini dal sito ArKive

Uno dei parchi dove è maggiormente possibile osservare questa specie è il Djebel Chambi in Tunisia.

Vai alla pagina di Sancara su Animali dell'Africa

venerdì 6 settembre 2013

Kassoum Diarra, il djambefolà dal Burkina

foto da Wikipedia
Kassoum Diarra è un musicista (polistrumentista) del Burkina Faso, nato il 16 ottobre 1968 a Bobo-Dioulasso (seconda città del Burkina Faso, che grazie alle tradizioni dell'etnia Bobo, è ancor oggi un importante e creativo centro musicale). E' oggi ritenuto uno dei migliori djambefolà (suonatori di djembe, tamburo della tradizione griot, i cantastorie dell'Africa Occidentale).
Nato da una famiglia di griot di origine maliana, Kassoum cresce tra la musica e già a 6 anni inizia la sua formazione musicale prima con il dundun, poi con il balafon e infine, a partire dai 10 anni, con il djembè. Nel 1984 suona con il Ballet Avenir, un gruppo che gira molto in Africa Occidentale. Dal 1985 al 1990 lavora con i Foliba, un gruppo capeggiato da Adama Dramè (altro djambefolà burkinabè) che diventa il "vero maestro" di Diarra.



Dal 1990 Kassoum Diarra è con il gruppo Farafina Lili (gruppo fondato nel 1978 dal belafonista Mohama Konatè, che ha collaborato, nella sua lunga storia, con artisti internazionali del calibro dei Rolling Stone, Ryuichi Sakamoto e Peter Gabriel).

Nel 1992 Kassoum fonda i Kassama Percussion un gruppo nato dall'esperienza di Diarra in Italia in particolare in Piemonte (con lui hanno suonato musicisti piemontesi) e con cui incide. Infatti nonostante Diarra continui a vivere in Burkina Faso, l'Italia è una sua seconda patria che frequenta con regolarità organizzando concerti e soprattutto stage di formazione sul djembè. Collabora attivatmente al progetto OrchestrAnikè, un progetto musicale e culturale tra Italia e Burkina Faso nato all'interno dell'Associazione Culturale Tamtando.

Il suo stile elegante e preciso, lo rendono tra i migliori custodi delle tradizioni e delle esperienze della musica dell'Africa Occidentale, nata all'interno di quella vasta e preziosa cultura dei cantori griot.

Vai alla pagina di Sancara sulla Musica dall'Africa





martedì 3 settembre 2013

Acrobati, e non solo, dal Kenya

L'esperienza di Nafsi Africa è molto significativa. Essa infatti nasce nel 2000 all'interno degli slums (in particolare al centro Kivuli nella baraccopoli di Kawangware) intorno all'agglomerato urbano di Nairobi in Kenya. E' un progetto che coinvolge giovani artisti, acrobati, ginnasti e giocolieri e che utilizza l'arte per svilluppare il senso della comunità (Nafsi Africa è riconosciuta come CBO - Community Based Organizzation), del rispetto reciproco e della cultura, in ambienti, quelli dei gehtti, non certamente facili per chi ci vive.
foto dal sito di Nafsi Africa

Grazie all'attività dell'Associazione Koinonia Onlus, il progetto si è fortemente sviluppato, da un lato con un gruppo di acrobati-artisti che presentano il loro lavoro nel mondo (molte volte sono stati in Italia) e dall'altro con le attività nelle baraccopoli di Nairobi in favore di bambini e bambine (quasi tutti "street children", ovvero bambini che passano il tempo a rovistare tra i rifiuti per sovravvivere).

Nafsi (che in swahili, significa anima) utilizzono questo mezzo per far conoscere la situazione in cui si vive ai margini del mondo e per veicolare i progetti educativi che si svolgono in Kenya.
E' modo innovativo e senz'altro piacevole per far scoprire come altrove nel nostro mondo le condizioni di vita impongono altri pensieri che la scelta di un nuovo tablet o di un nuovo smartphone.


Gli artisti (che hanno ottime basi di ginnastica) coniugano elementi tipici della tradizione circense con l'allegria e la giocosità tipica del continente africano. Il risultato è decisamente apprezzabile.

Ecco il sito ufficiale di Nafsi Africa

lunedì 2 settembre 2013

La medina di Marrakech

Piazza Jami El-fna, foto dalla rete
La medina, che in arabo altro non è che il centro storico di una città, è un luogo caratteristico della città arabe, nonchè asse portante della piccola ( e talora grande) economia. Un intrigo di strade, stradine, vicoli e mercati, un pullulare di persone che in ogni momento della giornata lavorano, vendono, guardano, si esibiscono, comprano e mangiano. Il centro nevralgico della città, con a centro generalmente una grande piazza e la moschea. Un luogo caotico (secondo alcuni quella di Marrakech eccede in questo senso), in cui l'ordine e l'organizzazione sono lasciati, apparentemente, al caos.
Quella della città marocchina di Marrakech (o Marrakesh) nel 1985 è stata inserita tra i Patrimoni dell'Umanità dall'UNESCO (sono molte le città nord-africane le cui medine sono inserite tra i patrimoni dell'Umanità - ad esempio Tunisi, Fez, Susa, Algeri, Meknes, Tetouan, Essaouira).
La medina di Marrakach, completamente raccolta tra le antiche mura, ha al suo centro la grande piazza di Jami El-Fna (il cui spazio culturale è anche Patrimonio Immateriale dell'Umanità UNESCO - vedi post su Sancara), dove durante il giorno si alternano il grande mercato (souks) diurno e i banchetti per mangiare che dal tramonto a notte fonda, sfornano ogni tipo di prelibatezza della spassosa cucina marocchina.
Ma, la medina è anche il luogo di lavoro di oltre 40 mila artigiani, di commercianti e di artisti di ogni genere.
Oltre agli intrigati vicoli nelle medina è possibile vedere la Moschea di Koutoubia (dei librai) costruita nel 1158 che dall'alto dei sui 77 metri costituisce l'edificio più alto della medina (i cui edifici in genere sono bassi), oppure il moderno Museo di Marrakesh (inaugurato nel 1997) oppure il palazzo el-Badi. Ma è l'intero patrimonio architettonico, composto oltre che da edifici di pregio con interesse artistico, anche da case basse ed edifici poveri,che contribuiscono a dare grande prestigio all'area.

Come tutti i luoghi caotici (dove il contatto, anche fisico, con l'umanità e forte e intimo) la medina può essere un luogo fantastico, dove perdersi e farsi trasportare dalla folla oppure un incubo da cui scappare.

Marrakech, la città rossa, è una agglomerato urbano che oggi conta oltre 1 milione di abitanti e che ha la sua origine in epoca medievale poco dopo l'anno 1000.

L'UNESCO, nell'inserire le medine tra i Patrimoni dell'Umanità, ha dato un grande impulso ad un sistema di riabilitazione dei centri storici delle città araba, divenuti veri e propri "fenomeni turistici" che hanno fornito vitalità e slancio alle economie locali, senza contare il ruolo di salvaguardia di antiche culture e professioni che esso ha svolto.

Ecco il link ad una pagina con alcune informazioni, filmati e foto

Vai alla pagina di Sancara sui Patrimoni UNESCO dell'Umanità in Africa