mercoledì 22 settembre 2010

UNICEF: i dati sulla mortalità infantile nel mondo, un commento

L'UNICEF ha recentemente diffuso le nuove stime sulla mortalità infantile (Child Mortality - Report 2010) nel mondo. Nonostante l'ottimismo - in parte giustificato - per la riduzione di un terzo della mortalità a partire dal 1990, i dati sono sconcertanti. Se è vero che si è passati da 12,4 milioni di decessi all'anno nel 1990 agli attuali 8,1 milioni, resta pur vero che ogni giorno muoiono 22.000 bambini, di cui il 70% nel primo anno di vita.
Il tasso più elevato di mortalità (l'indice è la mortalità nei primi 5 anni di vita) è registrato in Africa Sub-Sahariana con 3,9 milioni di morti all'anno (un bambino su 8 non arriva a 5 anni).
Se poi si analizzano i dati riferiti ai singoli stati scopriamo che nel periodo 1990-2009 5 stati del mondo non hanno ridotto, bensì aumentato, il tasso di mortalità infantile. Essi sono: Il Ciad (da 201/1000, a 209/1000), il Camerun (da 148 a 154), il Congo (da 104 a 128), lo Zimbabwe (da 81 a 90) e Trinidad e Tobago (da 34 a 35). Come al solito l'Africa primeggia.
Inoltre sono altri 5 gli stati africani che nello stesso periodo (1990-2009) hanno mantenuto lo stesso livello di mortalità. Sono: Botswana, Centrafrica, Rd Congo, Somalia e, sorprendentemente, il Sudafrica (62/1000).
In questa triste classifica il tasso di mortalità più alto nel mondo - i cui primi 15 posti sono occupati solo da paesi africani - è detenuto dal Ciad (con 209 su 1000), che tanto per semplificare significa che un bambino su 5 non arriva ai 5 anni di vita.
Seguono la Repubblica Democratica del Congo e l'Afghanistan (unica nazione non africana) con un tasso di 199/1000, poi la Guinea Bissau (193/1000), la Sierra Leone (192/1000), il Mali (191/1000), la Somalia (180/1000), il Centrafrica (171/1000), il Burkina Faso e il Burundi (166/1000), l'Angola (161/1000), il Niger 160/1000) e il Camerun (154/1000).
In numeri assoluti è invece la Nigeria, con 794 mila bambini under 5 morti nel 2009 che detiene il primato.
Confrontando questi dati con i dati sugli "stati in via di fallimento" è possibile cogliere la semplice correlazione tra l'incapacità dei governi di controllare il territorio e di offrire servizi ai cittadini. con l'alto tasso di mortalità infantile. Nonostante gli sforzi, nonostante gli obbiettivi del 2015, che la comunità internazionale si è data, la situazione resta tutt'altro che ottimistica.

Ma quali sono i motivi di questa strage? Stando all'UNICEF un terzo abbondante di queste morti sono direttamente collegabili alla denutrizione. Recentemente la FAO, nel suo rapporto annuale, ha fornito i dati aggiornati della fame del mondo.
Nello specifico (i dati si riferiscono al 2008) , il 41% delle morti sono neonatali - ovvero nei primi 30 giorni di vita. Di cui il 21% patologie legate alle complicanze da parto, il 12% a malattie infettive , il 3% a patologie congenite e il restante 5% al altre cause. Il 14% appartengono alla categoria delle polmoniti e un'altro 14% alla categoria delle "malattia diarroiche" (ovvero tutta una serie di malattie da agenti patogeni - batteri, virus etc- del tratto gastro-intestinale che determinano diarrea e disidratazione). L'8% è dovuto alla Malaria, il 3% ad incidenti (ferite, morsi di animali etc), il 2% all'AIDS e l'1% al morbillo. Infine un 16% dovuto ad altre cause (comprese le guerre).
La maggioranza di queste morti risultano essere prevenibili (quelle di polmoniti e diarrea, quelle delle complicanze da parto e neonatali, ma anche quelle da altre patologie che in un fisico con una sufficiente alimentazione sarebbero meno aggressive). E' evidente che la povertà è l'elemento centrale che determina questa strage di bambini.
Per fare un raffronto con il mondo ricco, l'Italia ha un tasso di mortalità di 4 su 1000, gli Stati Uniti 8 su 1000, la Francia 4 su 1000, la Germania 4 su 1000, il Giappone 3 su 1000, i paesi scandinavi 3 su 1000, la Cina 19 su 1000. Il Liechtenstein con 2 su 1000, rappresenta l'eccellenza mondiale.

Infine è bene sottolineare - anche per nutrire delle flebili speranza - che il questo quadro disastroso esistono anche delle situazioni virtuose. Il paese che nel mondo ha inciso di più sul declino della mortalità infantile sono le Maldive (11,4% annuo, passando da 113 su 1000 nel 1990 a 13 su 1000 nel 2009), è semplice capire perchè.
Sono interessanti i progressi fatti a Timor Est (6,3%, da 184 a 56), in Turchia (7,6%, da 84 a 20), in Mongolia (6,6%, da 101 a 29), in Perù (6,9%, da 78 a 21) e in Egitto (7,7%, da 90 a 21).
Se si osservano solo il gruppo dei paesi con alto tasso di mortalità, in Africa hanno ridotto drasticamente il tasso di mortalità il Madagascar (da 167 a 58), l'Eritrea (da 155 a 55), la Liberia (da 247 a 112) e l'Etiopia (da 210 a 104).

In Africa Sub-Sahariana (l'area mediterranea - ha dei tassi che vanno dai 19/1000 della Libia ai 38/1000 del Marocco, mentre le isole Seychelles e Maurizio, sono rispettivamente a 12/1000 e 17/1000) è Capo Verde, con un tasso di 28/1000 che detiene il primato positivo. Vi sono poi la Namibia (48/1000), l'Eritrea (55/1000), il Botswana (57/1000) e il Madagascar (58/1000).

La povertà dovrebbe colpire paesi dove le risorse sono scarse. In Africa, tolte alcune eccezioni, non è affatto così.





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