lunedì 29 aprile 2013

Un'africana nera al governo in Italia

Per un blog che si occupa d'Africa, com'è Sancara, non può che far piacere la scelta del Primo Ministro Enrico Letta di chiamare tra i suoi 21 ministri anche una donna africana. Cecile Kyonge Kashetu, questo è il suo nome, è nata nel 1964 a Kambove nella famosa provincia mineraria (si estrae rame e cobalto) del Katanga in quella che oggi si chiama Repubblica Democratica del Congo (un tempo Zaire). La signora Kyonge si occuperà dello spinoso dell' integrazione. Il neo-ministro si è trasferita in Italia (è sposata con un italiano ed ha due figli) nel 1983 dove si è laureata in Medicina a Roma, con specializzazione in Oculistica a Modena. Vive a Castefranco Emilia nel modenese, dove da tempo è attiva nelle associazioni per i diritti umani e nel Partito Democratico (prima nei Democratici di Sinistra) dove è stata amministratore provinciale e responsabile regionale sui temi dell'immigrazione. Alle scorse elezioni è stata eletta alla Camera dei Deputati nelle file del Partito Democratico.

Naturalmente, nello stile della nostra povera Italia, la ministra è stata immediatamente attaccata da alcune forze politiche in quanto straniera (a scanso di equivoci è da tempo cittadina italiana). In realtà le straniere nel governo Letta sono due, poichè vi è anche la tedesca Josefa Idem, campionessa di canoa e neo-ministro alle Pari Opportunità e Sport. Allora il vero motivo per cui si attacca la signora Kyonge è il colore della sua pelle, nera. Quel colore che perfino la stampa più progressista italiana fa fatica a scrivere. Molti giornali, di carta e on-line, parlano di un "ministro di colore", come se dire nero fosse una offesa. 
Anche da queste cose scopriamo quanto gli italiani siano impreparati al mondo e alla sua diversità e di conseguenza, quanto siano necessarie scelte come quelle fatta dal governo.

Al ministro Kyonge auguriamo buon lavoro, con la doverosa precisazione che essere felici della sua nomina, non equivale a condividere la scelta politica in cui si è avviato il nostro Paese.

Il Katanga, è stato reso "famoso" dal tentativo di secessione che avvenne l'11 luglio 1960 (all'indomani dell'indipendenza dell'ex Congo belga) e che determinò una gravissima crisi internazionale chiamata appunto "crisi congolese". Tra le tante cose, la crisi congolese determinò l'assassinio del primo ministro congolese Patrice Lumumba (gennaio 1961), la morte dela Segretario Generale dell'ONU Dag Hammarskjold (settembre 1961) e l'avvento al potere di un delle peggiori anime nere dell'Africa, Mobutu Sese Seko.


venerdì 26 aprile 2013

Mandrillo: l'uomo scimmia

Una foto dalla rete
Il Mandrillo (Mandrillus sphinx) è un primate della famiglia dei Cercopitecidi (la stessa dei babbuini e dei macachi) che vive nelle foreste pluviali dell'Africa Occidentale, in particolare in Camerun, Congo, Gabon e Guinea Equatoriale. E' una specie che, sebbene non vi siano studi sull'esatto ammontare della sua popolazione, è ritenuta, sin dal 1986, vulnerabile dall' IUCN, l'organismo mondiale che si occupa di conservazione delle specie animali.
La caratteristica principale di questo primate e la colorazione del naso  e del muso, rosso e blu (oltre che delle zone peri-genitali), che lo fanno riconoscere in modo semplice ed inequivocabile. Vive in branchi (alcuni di grandissime dimensioni, dell'ordine di centinaia di esemplari), capeggiati da un unico maschio dominante. La presenza di un unico maschio e di molte femmine, ha fatto nascere attorno al mandrillo una leggenda di animale "sessuofilo", tanto che mandrillo viene usato come sinonimo di lussurioso e libidinoso. La difesa estrema del branco fa dei mandrilli una specie, ritenuta aggressiva, sebbene non vi sia certezza su questa sua indole. La sua stazza, intorno al metro, ne fa invece la scimmia più grande al mondo.
Si ciba di essenziamente frutta ed insetti.
Habitat del mandrillo, da Wikipedia

Il suo nome significa letteralmente - in qualche idioma locale - "uomo-scimmia".Mentre, Charles Darwin, ne elogiava "le sue straordinarie colorazioni del volto", uniche tra i mammiferi.

Il rischio di estinzione delle loro specie è legata alla riduzione dell'habitat adatto (sono anche cacciati dai popoli indigeni, perchè secondo alcuni la loro carne rappresenta una prelibatezza), che si assottiglia sempre più a causa dell'agricoltura e degli insediamenti umani.

E' un mandrillo Rafiki, l'amico saggio e consigliere di re leone Mufasa (e poi del figlio Simba) nel cartone animato Il Re Leone.

Vai alla scheda della Lista Rossa dell'IUCN.
Ecco alcune foto dei Mandrilli dal sito ArKive

mercoledì 24 aprile 2013

Povertà: l'Africa resta al palo

foto da La Stampa
In questi giorni si è molto (?) parlato del nuovo rapporto sulla povertà pubblicato dalla Banca Mondiale. Come avviene oramai da almeno quattro decenni, si raccontano di progressi significativi e si annuncia per il futuro, sempre più lontano, lo stop alla povertà estrema. Questa volta si parla del 2030.

Nel Rapporto "The State of Poor", pubblicato in questi giorni, si afferma che dal 1981 al 2010 la percentuale di popolazione mondiale che vive con meno di 1,25 dollari al giorno (cifra aggiornata dal precedente di un dollaro al giorno) è scesa dal 52% al 21%, con numeri assoluti da 1,9 miliardi a 1,2 miliardi.
Questa prima affermazione  dovrebbe rendere tutti parzialmente contenti.
Se si scende poi nel dettaglio, si scopre che la performance migliore in questi anni arriva dalla Cina (dall'84% del 1981 al 12% del 2010, che in numeri assoluti significano da 835 milioni di cinesi che vivevano con meno di 1,25 dollari al giorno a 156 milioni). Bene anche il resto dell'Asia, dove si è passati dal 60% al 33% in India, o dal 61% al 13% in Asia Orientale (senza Cina).

La nota negativa arriva dall'Africa. Nel 1981 la popolazione dell'Africa Sub-Sahariana che viveva con meno di 1,25 dollari al giorno era del 51%, nel 2010 (dopo decenni di costose politiche per lo sviluppo) è scesa al 48%!!!
Ma non è finita, l'Africa Sub-Sahariana è l'unico luogo del pianeta dove i poveri estremi sono aumentati da 205 milioni nel 1981 a 414 milioni nel 2010.

La Banca Mondiale allora "lancia l'ennesimo allarme", si legge sui giornali, come se questo fosse una novità. Il Presidente Jim Young Kim, concede poi in una dichiarazione, che è una sfida. "... Questa fotografia deve essere di insegnamento alla comunità internazionale (come se loro fossero extra-terrestri) affinchè si mobiliti per combattere ancora di più la povertà, la nostra analisi e i nostri suggerimenti (apprendiamo dal Presidente che la Banca Mondiale suggerisce invece di investire o prestare denaro) possono essere utili per concludere questa battaglia entro il 2030". 

Nel 2000 fu lanciato il programma denominato "Obiettivi di Sviluppo del Millennio", il punto di arrivo fissato era il 2015, ora all'approssimarsi di tale data, si sposta tutto in avanti, come se nulla fosse.
Questo blog, dopo aver raccontato dei 10 obiettivi, ha più volte sottolineato come la fame in Africa rappresenti una sfida con cui le politiche attuali sono totalmente inadeguate. La povertà e la fame, che come le definiva Thomas Sankara, "sono un'arma formidabile" continuano a sterminare intere generazioni in Africa.
Si stima che oltre un trilione di dollari siano stati investiti per lo sviluppo in Africa a partire dagli anni '50 (di questi un terzo abbondante da parte della Banca Mondiale) senza che vi fosse una ricaduta reale tra la popolazione più povera. Come scriveva qualche anno fa Alex Zanotelli "e' ora che la Banca Mondiale diventi più saggia, imparando dai disastri del passato, altrimenti è meglio che chiuda". 
La sensazione è che il passato non abbia insegnato nulla.

La Banca Mondiale è un organismo internazionale, nato alla fine del 1945 come Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, allo scopo di aiutare la ricostruzione dell'Europa e del Giappone dopo la seconda guerra mondiale. Dagli anni sessanta ha iniziato ad "occuparsi", a seguito del processo di decolonizzazione, dei paesi dell'Africa, dell'Asia e del Latino America. Secondo molti le sue politiche economiche (che hanno fatto indebitato fortemente i paesi) hanno contribuito a peggiorare la situazione generale dei paesi in via di Sviluppo. Pur essendo considerata un'agenzia specializzata della Nazioni Unite, il presidente della Banca Mondiale è nominato dal maggiore azionista, ovvero gli Stati Uniti d'America. Non inganni che l'attuale presidente, nominato il 1 luglio 2012, sia un coreano. Jim Young Kim, medico nato nel 1959, si è trasferito con la famiglia (padre docente universitario) negli Stati Uniti quando aveva 5 anni.

Ecco un estratto del Rapporto "The State of Poor"

venerdì 19 aprile 2013

Il Parco Nazionale del Lago Malawi

Il Parco Nazionale del Lago Malawi si trova nella costa sud dell'omonimo lago (che un tempo era più conosciuto come lago Niassa) in Malawi. E' un parco naturale di 92 chilometri quadrati, composto da una varietà di habitat e che nel 1984 è diventato Patrimonio dell'Umanità UNESCO, per la sua straordinaria importanza nell'ambito dello studio degli ecosistemi (in particolare biodiversità acquatica) di più antica formazione. Il parco comprende un tratto di lago di circa 7 chilometri quadrati, con le sue profondissime acque e la grande varietà di pesci (si stimano oltre 1000 differenti specie), dodici isole, spiagge e insenature, foreste, lagune e montagne (si arriva a 1500 metri). Nel suo interno anche delle aree in cui vi sono reperti archeologici risalenti al IV secolo.
Nelle zone di terra del parco è possibile vedere mammiferi quali babbuini, scimmie, facoceri, leopardi, antilopi di varie specie, ippopotami, qualche predatore più piccolo e di passaggio gli elefanti. Inoltre, sono presenti una notevole quantità di specie di uccelli e di coccodrilli. 
E' da notare che il Lago Malawi ospita il 30% della popolazione mondiale di pesci della specie dei Ciclidi (Cichlidae).

All'interno del parco vi abitano ancora i pescatori a cui è consentito ancora utilizzare i metodi di pesca e conservazione del pesce tradizionali.

Nonostante le isole siano protette sin dal 1934, e che dal 1972 si sono include le foreste della penisola di Maclear, il parco è diventato tale solo nel 1980.

Il Lago Malawi (chiamato anche Niassa, che significa semplicemente lago) è il nono lago più grande al mondo con i suoi 29.600 chilometri quadrati. E' lungo tra i 560 e 580 chilometri e nel punto più largo arriva a 75 chilometri. Si divide tra tre stati, il Malawi (su cui insiste la maggior parte della superficie), il Mozambico e la Tanzania. La sua origine si fa risalire a oltre 3 milioni di anni fa. Con una profondità notevole (oltre 250 metri la media, con il punto più profondo a 706 metri), l'acqua cristallina e le sue spiagge è un luogo di grande bellezza naturale e ambito luogo turistico. Apprezzato per le attivistà subacque e per la balneazione, sebbene recentemente sono stati descritti casi di schistosomiasi (o bilharziosi) un tempo ritenuta assente nel lago.
Il primo europeo a giungere sul lago fu il portoghese Candido de Costa Cardoso nel 1846, sebbene a parlare del lago fu, dopo il 1859, il più famoso David Livingstone.
Le opportunità di alloggio per le visita al Parco e al Lago sono notevoli (eccone una piccola lista dalla rete), il turismo nell'area è in netto sviluppo.
Tra le tante opportunità di viaggio in Malawi, vi segnalo il sito di Africa Wild Truck, un tour operator italiano di base in Malawi, che fa del turismo responsabile la sua bandiera.

Vai alla pagina di Sancara sui Patrimoni dell'Umanità UNESCO in Africa

martedì 16 aprile 2013

La M'bira, il pianoforte a pollice

La M'bira è uno strumento idiofono (il cui suoni sono prodotti dalle vibrazioni) che ha origine nell'Africa Orientale. E' conoscito anche con altri nomi come likembe, kalimba, ikembe o sanza.
Lo strumento ha delle lamelle di metallo, posizionate su di una tavoletta di legno, che vengono fatte vibrare con la pressione dei pollici e delll'indice. Le lamelle (in qualche rarissima eccezione anche in bambu) sono, in alcuni casi, fatte risuonare attraverso casse armoniche (chiamate appunto risonatore) costituite da zucche, strutture di legno, da bottiglie e  da lamiera.
In tutta l'Africa vi sono innumerevoli versioni, molto diverse tra loro, di mbira, che si differenziano oltre che nei materiali costruttivi anche nelle sonorità (da 3 a 40 lamine metalliche).
E' in genere uno strumento che si suona da solo, sebbene venga usato come accompagnamento al canto e alla danza, nonchè in alcuni contesti della tradizione griot (i cantastorie dell'Africa Occidentale).
In alcuni contesti essa assume anche dei valori rituali e mistici, tra gli Shona dello Zimbabwe, ad esempio, il suono della mbira si crede metta in comunicazione con gli antenati e con gli spiriti e per questa ragione i suonatori di questo strumento hanno una posizione di rilievo nella società Shona.


Della mbira si hanno tracce almeno dal XIII secolo (sebbene i primi resoconti scritti risalgono agli inizi del 1900) e la sua origine sembra deriva dalle lamine di rafia (o altro materiale vegetale) che veniva teso tra le labbra e fatto risuonare con il soffio.
Essa fu poi importata nei Caraibi dagli schiavi e oggi lo strumento noto come kalimba e maribula usato nella musica caraibica altro non è una derivazione della mbira.


E' uno strumento curioso, semplice e di grande sonorità. In alcune zone dell'Africa i bambini si costruiscono delle mbire usando, come cassa armonica, delle vecchia scatole in latta di sardine: bellissime!

Vi segnalo questo approfondito (e ricco di immagini) articolo di Scott Ronison sulla Mbira
Inoltre ecco un sito, Tinotenda, completamente dedicato alla Mbira nella cultura Shona


Vai alla pagina di Sancara sugli strumenti musicali dell'Africa

giovedì 11 aprile 2013

Partito Africano per l'Indipendenza della Guinea e di Capo Verde (PAIGC), 1956

Il Partido Africano da Independência da Guiné e Cabo Verde (PAIGC) fu fondato, clandestinamente, il 19 settembre 1956 dai fratelli Amilcar e Luis Cabral, da Aristide Pereira, Rafael Barbosa e Abilio Duarte.
Nato come African Indipendence Party (PAI) fu il primo partito d'indipendenza dell'africa lusofona (l'angolano MPLA nacque solo pochi mesi dopo).

Amilcar Cabral, vera anima del partito, era figlio di una coppia di originaria di entrambi i paesi (Guinea Bissau e isole di Capo Verde), nato nel 1924, cresciuto a Capo Verde, studiò agronomia a Lisbona dove entrò in contatto con le avanguardie rivoluzionarie della colonie africane portoghesi ed in particolar modo con l'angolano Agostinho Neto (fondatore dell'MPLA). Al ritornò in patria si pose l'obiettivo di aiutare il suo popolo ad affrancarsi del colonialismo portoghese.
Amilcar Cabral, dalla rete
Il partito per tre anni cercò di far breccia nei centri urbani, teorizzando una lotta non violenta, rimanendo abbastanza isolato e per nulla influente. Quanto il 3 agosto 1959, oltre 50 lavoratori del porto di Bissau furono uccisi dalla polizia politica portoghese (PIDE) durante una protesta (massacro di Pidjiguiti), Cabral decise di dare una svolta alla lotta. Nel settembre 1959 i dirigenti del partito riuniti diedero inizio all'organizzazione (e soprattutto alla formazione) della lotta armata, spostando la loro attività nelle campagne. Nel 1960 il quartier generale del partito fu spostato a Conakry. Nel 1961 tutti i partiti di lotta delle colonie portoghesi si riunirono per dar avvio ad una comune strategia di guerriglia contro i colonizzatori. Il 23 gennaio 1963 con l'attacco alla caserma Tite a sud di Bissau ebbe ufficialmente inizio la lotta armata per l'indipendenza del PAIGC.
Contestualmente cresceva la figura di Amilcar Cabral, ideologo rivoluzionario, apprezzato da Fidel Castro e Che Guevara, capace di guidare militarmente il partito, di intrattenere rapporti con i finanziatori (URSS, Cuba, Cina e non solo), di essere valido interlocutore degli Organismi Internazionali e di relazionarsi con le sinistre europee e con gli altri paesi indipendenti africani.
Ma il vero capolavoro di Cabral fu il lavoro nelle comunità locali, che via via venivano liberate, ed iniziavano ad emanciparsi. Cabral percorse in lungo e in largo il paese (poverissimo) insegnò le tecniche di coltivazione, fece istituire centri sanitari (grazie agli aiuti svedesi, soprattutto a partire dal 1967) e scuole. La scuola era la sua vera ossessione (scrisse un programma di educazione per le zone liberate), una volta scrisse "se avessimo avuto il denaro, avremmo fatto la lotta con le scuole e non con le armi".

foto dalla rete
Il primo Congresso del partito si tenne il 13-17 febbraio 1964. La guerra di liberazione contro il Portogallo durò a lungo e impiegò molte risorse. Nel 1967 il PAIGC controllava due terzi del paese, mentre il governo portoghese continuava a fare massicci investimenti nel paese nel tentativo di erodere il consenso verso il PAIGC. Il 20 gennaio 1973, Amilcar Cabral fu ucciso a Conakry, quando ormai il PAIGC controllava quasi l'inteso paese. L'uomo che per quasi 20 anni aveva sognato e lottato per un diverso destino del suo popolo fu assassinato forse da una faida interna, con molte, troppe complicità esterne.
Alla guida del partito lo sostituì Aristides Pereira (che da lì a poco sarebbe diventato Presidente di Capo Verde), mentre l'ala guineana del partito rimase legata al fratellastro di Amilcar, Luis Cabral (che assunse poi la presidenza della Guinea Bissau).
Pochi mesi dopo la morte di Cabral, il 24 settembre 1973 (durante il II Congresso del Partito) la Guinea Bissau dichiarò unilateralmente l'indipendenza. Anche a seguito della Rivoluzione in Portogallo (25 aprile 1974) che pone fine alla dittatura portoghese, il 10 settembre 1974 la Guinea Bissau venne riconosciuta come nazione indipendente, mentre il 5 luglio 1975 anche Capo Verde diventò uno stato autonomo.

I due paesi - guidati da due dei fondatori del partito - restarono saldamente uniti (comuni anche le scelte di stampo socialista e a partito unico) fino al 14 novembre 1980, quando il primo ministro della Guinea Bissau, Joao Bernardo Vieira, con un golpe incruento, destitui Luis Cabral (che dopo 13 mesi di detenzione venne esiliato prima a Cuba e poi in Portogallo dove morì nel 2009). L'azione di Vieira, che rappresentava l'anima guineana del partito in opposizione a quella di origine capo verdiana, di cui i Cabral erano espressione, portò alla rottura con l'ex comnpagno d'armi Pereira, che nel gennaio 1981 fondò il Partito Africano da Indipendencia de Cabo Verde (PAICV). Si rompeva una volta, e per sempre, quello stretto legame politico e culturale che per quasi tre decenni aveva unito i due paesi.

Vieira governò il paese, come leader del PAIGC, fino al 1998 (nel 1994, alle prime elezioni multipartitiche della storia il PAIGC ottenne il 46% dei voti e 62 dei 100 seggi).
La situazione del paese precipitò nel giugno 1998 quando, a seguito dei ritardi sull'indizione delle elezioni, un tentativo di colpo di stato, guidato dal generale Ausmane Manè portò il paese ad una guerra civile che durò fino al maggio 1999.


Da allora, e a tutt'oggi, la situazione nel paese è caotica.

Vieira, espulso dal partito il 12 maggio 1999 "per comportamenti contrari allo statuto", dopo essere stato in esilio vinse, da indipendente (ma appoggiato dal PAIGC), le contrastate elezioni del 2005, divenenedo nuovamente presidente il 1 ottobre 2005. Fu ucciso il 2 marzo 2009.
Alla guida del PAIGC fu designato provvisoriamente  Manuel Saturnino da Costa (già primo ministro), mentre nel settembre 1999 fu eletto alla guida del partito Francisco Benante.

Alle elezioni del 28 novembre 1999, il PAIGC perse la sua supremazia, conquistando solo 24 seggi su 100, a favore del Party of Social Renovament (PRS) che ne conquistò 38 su 100. Kuma Ialà, del PSR battè alle presidenziali del gennaio 2000 il candidato del PAIGC, Malam Bacai Sanhà.

Nel settembre 2002 fu la volta di Carlos Gomes Junior, chiamato a guidare il partito (che ancora oggi guida) che divenne anche primo ministro (dal 2004 al 2005 e successivamente dal 2009 al 12 febbraio 2012).

Carlos Gomes era pronto per diventare il nuovo Presidente, perchè alle elezioni del 18 marzo 2012 aveva ottenuto il 48,97% dei voti e si apprestava a vincere comodamente il secondo turno, quando un colpo di stato il 12 aprile 2012 mise fine alle sue speranze (e forse a quelle di tutti i guineani). L'uomo forte del paese da allora fu Bubo Na Tchuto (arrestato pochi giorni fa), già vice capo di stato maggiore, che sebbene non assunse nessuna carica ufficiale, è accusato di essere il legame con i cartelli della droga colombiani che hanno fatto della Guinea Bissau il nuovo centro di smistamento della cocaina nel mondo.

Più che altrove il partito che ha ottenuto l'indipendenza con una dura lotta si sgretola, mentre insieme al declino della politica si assiste ad un progressivo declino dell'intero paese. Gli ideali, i sogni e le ambizioni di uomini come Cabral, prematuramente scomparsi, hanno lentamente lasciato il campo a meschini e "umani" interessi.

Sito ufficiale del PAIGC (non più aggiornato dal 2004)
I discorsi di Amilcar Cabral
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mercoledì 10 aprile 2013

Popoli d'Africa: Merina

I Merina sono un gruppo etnico (il principale) del Madagascar. Con circa 5 milioni di individui rappresentano un quarto dell'attuale popolazione del paese.
Vivono principalmente negli altopiani centrali e parlano la lingua malgascia (chiamata anche merina) che è attualmente la lingua ufficiale del paese, assieme al francese. E' una lingua del ceppo austronesiano (lingue parlate nel sud-est asiatico).

L'origine del popolo merina è ancora controversa. Fermo restando i tratti somatici "orientali" (in particolare malesi-indonesiani), i studiosi sostengono che navigatori dalla malesiani giunsero in Madagascar circa 2000 anni fa, e restarono per circa un millennio lungo la costa, prima di addentrarsi nell'interno.

Fino alla fine del 1700 i Merina, abili coltivatori di riso, restarono abbastanza isolati sugli altopiani centrali. Sotto il regno di un illuminato e riformatore reggente dal nome impronunciabile (Adrianampoinimerina) i merina iniziarono la conquista dell'intero paese (scacciando soprattutto il popolo dei Sakalava). Si costitui il Regno Merina (1787-1897) che giunse - potente e omogeneo - fino alla all'annessione francese dell'isola (la famiglia reale fu mandata in esilio in Algeria). Naturalmente i termini non ingannino, tra i maggiori commerci del popolo Merina, che determinarono la conquista del potere, vi furono gli schiavi verso le isole Maurizio.

La storia del Regno Merina, in cui la famiglia reale aveva sempre volto uno sguardo di attenzione (e di emulazione) verso la Francia ed i suoi costumi, fu macchiata dall'avvento di una delle più sanguinose monarche della storia del mondo, la regina Ranavalona I. Ella, chiamata anche "la crudele" o "bloody Mary", regnò dal 1828 al 1861, dopo aver avvelenato il marito Radama I, oltre a caratterizzarsi per le sue azioni anti-francesi e anti-cristiane, terrorizzò la popolazione con torture e giustizia sommaria.

foto da Wikipedia
I Merina vivono in villaggi spesso fortificati e con terrazzamenti per la coltura del riso (coltivano anche cassava, patate e cereali, oltre ad allevare animali, tra cui i maiali). Hanno un sistema sociale fortemente divisi in caste: gli Andriana sono i nobili, che vivono in case di legno (oggi anche in pietra), mentre gli Hova (liberi) vivono in case di fango. La terza casta, gli Andero (schiavi), sebbene ufficialmente abolita esiste ancora nella pratica. Circa il 90% dei Merina sono cristiani. Oggi i Merina fornisco gran parte della classe media educata e degli intellettuali del paese. Nel passato sono stati tra i protagonisti della lotta per l'indipendenza, quando nel 1946 dai Merina si costitui il Madagascar Revolutionary Democratic Movement che nel 1947 fu tra i protagonisti di un importante rivolata contro i francesi.

Sono anche degli abili musicisti e anche nelle loro musica (e negli strumenti) si denota una discendenza orientale.

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lunedì 8 aprile 2013

Cinema: Masai bianca

Il film Masai bianca è uscito nel 2005 (in Italia nel 2008) ed è diretto dalla regista tedesca Hermine Huntgeburth. E' tratto dal romanzo autobiografico della tedesca Corinne Hofmann, pubblicato nel 1998, e che narra della sua esperienza in Kenya (tra il 1986 e il 1990), quando conosce e sposa un guerriero Masai conosciuto durante un viaggio assieme al fidanzato.

Carola Lehmann, giovane donna svizzera, (nel film il nome della protagonista, interpretata da Nina Hoss) durante l'ultima sera di permanenza in Kenya incontra il guerrigliero Masai Lemalian Mamuteli (nel film il nome di Lketinga, interpretato dall'attore burkinabè Jacky Ido) di cui si innamora. Abbandona tutto, lo raggiunge in uno speduto villaggio e lo sposa, vivendo, con grande difficoltà di adattamento, con la sua gente. I due hanno una figlia (Napirai nel libro) e aprono una piccola attività commerciale. Le differenze culturali, l'estrema gelosia di Lemalian e la sua progressiva autodistruzione, costringeranno Carola alla difficile scelta di scappare e ritornare nel suo paese.

Un film (ed una storia) che raccontano della grande difficoltà della convivenza tra culture e stili di vita differenti. Una storia comune a molti (e molte) che, nella vita reale, hanno sperimentato queste esperienze. Le differenze culturali, intese come modi diversi di affrontare l'esistenza umana, esistono e non sempre sono colmabili con l'amore. Questo sembra il maggior messaggio della storia di Corinne e di questo film. La sensazione è che la relazione tra i due sia "solo" una questione di attrazione reciproca (sebbene molto differente) e non scatti mai l'interesse e la voglia di comprende e conoscere la cultura dell'altro.

Un film, che nonostante le premesse, non riesce mai a decollare realmente. Belle riprese, ottime ricostruzioni della vita in un villaggio masai, stupendi paesaggi, ma qualcosa che stride, di continuo si avverte. Così come, ad essere sinceri, nonostante le storie vere vanno sempre raccontate per quelle che sono, la stessa sensazione si avverte anche leggendo il libro (scritto in modo semplice e privo di qualsivoglia spunto riflessivo "nobile").

Vi invito a leggere al fine di comprenderne le diffirenze, su un tema molto simile, il libro Passione d'Africa della francese Claude Njikè-Bergeret, dove l'innamoramento e l'attrazione per un uomo, si accompagna e lentamente si sostuisce con un trasporto ed una vera passione per un popolo, per una cultura, per un luogo, per l'Africa.

Per la cronaca l'attrice (brava) Nina Hoss, molto popolare in Germania, è molto attiva contro le mutilazioni genitali femminili in Africa.

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sabato 6 aprile 2013

Il dramma del Ruanda, cominciò oggi


Per qualcuno oggi è una normale giornata, insolitamente piovosa e fredda per una primavera che, almeno in Italia, stenta a decollare.
Per altri questo giorno ha segnato l'inizio di un incubo infinito. 
Il 6 aprile 1994 segnò l'inizio di quello che è conosciuto come il genocidio del Ruanda (per la sua storia vi rimando a questo post di Sancara), dove in poco più di 100 giorni furono uccisi (meglio, orrendamente massacrati) quasi un milione di ruandesi principalmente di "etnia tutsi".


Il genocidio, che secondo le Nazioni Unite sono "gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso", è un crimine non insolito, purtroppo, per il genere umano, e che è definito giuridicamente come un "crimine contro l'umanità" e per questo  giudicato da un Tribunale Internazionale (è avvenuto anche per il Ruanda).

Nonostante il termine sia stato "coniato" durante la seconda guerra mondiale in riferimento al più noto dei genocidi (l'olocausto) la pratica di sterminare intere popolazioni ha origini più antiche e purtroppo meno conosciute o universalmente accettate come tali. Le popolazioni natie del Sud-America e del Nord-America vennero letteralmente sterminate o relegate in riserve. Eppure nessuno si prese la briga di giudicare coloro i quali diedero origine al primo  genocidio programmato (ironia della sorte, gli stessi che pochi anni dopo giudicarono - in qualità evidentemente di esperti - l'atroce genocidio dei tedeschi).

Così come passò quasi inosservato (e' stato riconosciuto come tale solo nell'ultimo decennio)  il genocidio che i tedeschi fecero nei confronti del popolo Herero nell'Africa Sud-Occidentale agli inizio del 1900 (che di fatto fu una prova generale di quanto avvenne quaranta anni dopo), che sebbene "contenuto" nei numeri, decimò oltre la metà di quella popolazione.

E ancora, il genocidio contro gli Armeni durante l'Impero Ottomano che tra la fine del 1800 e soprattutto nel periodo della prima guerra mondiale portò alla morte oltre 2 milioni di persone. E ancora la repressione stalinista nell'Unione Sovietica dove milioni di persone perirono nei Gulag (campi di lavoro collettivo).

Ma anche dopo la seconda guerra mondiale, quando crebbe la consapevolezza e la coscienza collettiva sull'uso indiscriminato (e gratuito) della violenza contro un popolo o una razza, i genocidi non sono mancati, anzi. Alcuni sono stati quasi ignorati e perfino tenuti "nascosti", con altri si è cercato di trovare fantasiose spiegazioni socio-politiche ed altri ancora sono stati perfino negati.

Dalla Cina a Zanzibar, dalla Nigeria durante la guerra del Biafra al Bangladesh, dalla Cambogia dei Khmer Rossi a Timor Est e fino alle ex-repubbliche sovietiche, il tentativo, e non solo, di sterminare intere popolazioni ha accompagnato tristemente la storia dell'umanità.

Poi vi sono stati la Bosnia e il Ruanda e infine il Darfur.

Certo quello che accadde in Ruanda, una vera e propria mattanza perchè effettuata a colpi di machete, con lo stupro di massa e con la mutilazione, in solo 100 giorni risulta perfino difficile da credere. L'uomo capace di gesti di straordinaria dolcezza e bellezza è lo stesso che è capace di atrocità che solo ad immaginare fanno inorridire.


giovedì 4 aprile 2013

La lavorazione del legno degli Zafimaniry

Il popolo dei Zafimaniry (circa 30 mila persone distribuite in un centinaio di villaggi), occupa le foreste montagnose degli altipiani sud-est del Madagascar. Per questo sono chiamati "il popolo della foresta" Sono conosciuti nel mondo per la loro arte, raffinata e precisa, di lavorare il legno. Infatti queste loro conoscenze di sublimi artigiani sono diventate, a partire dal 2003, Patrimonio Immateriale dell'Umanità UNESCO.

Gli storici sono divisi sulle motivazioni per cui questo popolo si è isolato in un luogo di foreste. Secondo alcuni sfuggivano dalle repressioni dei Merina (popolo che regnò sul Madagascar fino all'arrivo dei coloni francesi), per altri si rifugiarono nella foresta per impedirne la deforestazione. 

Questo popolo, che aveva un rapporto simbiotico con la foresta, nel suo isolamento imparò a lavorare il legno in ogni sua forma, rendendo il legno di palissandro (uno dei principali alberi di quella foresta, assieme ad altri legni pregiati) la materia prima di ogni cosa. Dalle abitazioni agli arredi, dagli strumenti musicali all'arte.  

Naturalmente con il passare del tempo, in cui le produzioni dei Zafimaniry, vendute ai vicini prima, al mercato del turismo poi, hanno garantito loro la vita, oggi si assiste al pericolo che le foreste siano completamente distrutte. Un paradosso per un popolo, che secondo una tradizione, si era isolato nella foresta per proteggerla, e che oggi si vede imputato della distruzione della stessa foresta. Su questo vi segnalo questo resoconto di viaggio nella loro terra, frammenti di un rapporto complesso con la natura.



In realtà, a incidere sulla deforestazione è anche il commercio illegale del legname (vedi questo post di Sancara), di cui certo i Zafimaniry non sono solo semplici osservatori. E' altrettanto vero che molti artigiani si sono impegnati (è in questo vi sono anche i progetti dell'UNESCO per la conservazione della loro arte) ad usare altre tipologie di legno, meno preziosi, e che ricrescono con maggior velocità.

Vi invito a vedere, dal suo sito, le stupende foto del fotografo francese, di origini ucraine, Youry Bilak. Il suo è un magnifico viaggio tra questo popolo e al tempo stesso una straordinaria panoramica sull'arte della lavorazione del legno.


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