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martedì 22 luglio 2014

Popoli d'Africa: Yao

foto di un villaggio yao, dalla rete
I Yao (anche WaYao) sono un gruppo etnico del Malawi (oggi sono circa il 10% della popolazione)del Mozambico e della Tanzania. Oggi sono circa 2 milioni di individui, con una forte identità culturale che supera le frontiere. Yao significa letteralmente "colline senz'alberi", probabilmente ad indicare l'origine di questo popolo. Agricoltori bantu, originari del nord del Mozambico, avevano cominciato a commerciare con i mercanti arabi - inizialmente avorio - successivamente schiavi (prima con gli arabi e poi con gli europei), ricevendo in cambio armi e tessuti. Si spostarono infine verso il sud del Lago Malawi. Grazie a questo commercio divennero una delle più influenti etnie dell'Africa Sud-Orientale, dove didero vita a brevi ma, potenti, regni che dominarono sugli altri popoli dell'area. Essi furono sconfitti, alla fine del 1800, quando gli inglesi istituirono nel Nyasaland il loro protettorato.
Nel 1994 il Malawi elesse un Presidente di origine Yao, Bikili Muluzi che governò fino al 2004 e che fu in grado di sconfiggere, nelle pprime elezioni libere, Hasting Banda che aveva governato fin dall'indipendenza della nazione.
Parlano la lingua Chiyao (sebbene questo sia solo uno dei numerosi nomi con cui è conosciuta) e sono di religione islamica (sebbene non certamente "ortodossa") a causa dei contatti commerciali con gli arabi che richiedevano padronanza della lingua e della cultura.
foto da wikipedia
Oggi vivono in villaggi a forma rettangolare non lontani dalle strade. Coltivano mais, cassava e riso, producono ortaggi e frutti (mango, papaya e banana) e hanno solo piccoli allevamenti di capre e pollami. Inoltre, nei villaggi che vivono sulle sponde del lago, si pratica la pesca.
Nella loro tradizione la musica ha un ruolo molto importante, essa è usata in tutti i rituali. Infatti nonostante tutto gli Yao sono molto legati alle tradizioni per cui momenti rituali (riti di iniziazioni, funerali, matrimoni, festivals e legami con gli spiriti ancestrali) sono convissuti con l'islam ed in particolare con il Sufismo, generando nuove e interessanti pratiche.

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lunedì 21 ottobre 2013

Popoli d'Africa: Chewa

I Chewa (chiamati anche Nyanja) sono un popolo (oggi intorno ai 12 milioni di individui) che abitano il Malawi e in numero inferiore lo Zambia, lo Zimbabwe e il Mozambico.
Parlano una lingua del ceppo bantu chiamata chichewa, che è anche lingua ufficiale del Malawi.
Gli storici ritengono che i Chewa migrarono, intorno all'anno mille, dall'attuale Repubblica Democratica del Congo, giungendo nell'attuale Zambia. 

Abili agricoltori (sorgo e frumento), sono conosciuti in tutta l'area anche per le loro maschere, per i loro tatuaggi e per l'organizzazione sociale del loro vivere. Sebbene vi sia stata un'alta conversione al cristianesimo (i missionari giunsero in quest'area a partire dal 1870), permangono molto elevate, in seno ai Chewa, le credenze tradizionali che vedono nel dio creatore Chiuta, l'origine della vita. Il contatto con gli spiriti degli antenati è sostenuto dalla danza e dalla musica. Ancora oggi, nelle aree rurali vivono in villaggi compatti, costituita da capanna dalla forma conica, e guidati da un capo-clan anziano a successione patrilineare.

Essi costituirono, attorno al XV secolo un importante regno e al suo interno si sviluppò la suddivisione in due principali clan (i Phiri, aristorcratici e i Banda, mistici) che ancora oggi costituiscono l'ossatura dell'organizzazione sociale dei Chewa. 
In particolare la nascita di una società segreta, quale la Nyau, incaricata della trasmissione orale dei rituali ha favorito la tutela delle loro complesse tradizioni che sono giunte sino ai nostri giorni (la danza Gula Wamkulu è dal 2005 diventata Patrimonio Immateriale dell'Umanità dell'Unesco).
Il Regno Chewa entrò in contatto, nel 1600, con gli esploratori portoghesi che ne descrissero la complessa struttura sociale e la cosmogonia. Il Regno si frantumò in molte dinastie nel XIX secolo.

Un approfondimento (ricco di immagini, tra cui quelle tratte per questo post) sui Chewa, dal blog Trip Down Memory Line

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venerdì 19 aprile 2013

Il Parco Nazionale del Lago Malawi

Il Parco Nazionale del Lago Malawi si trova nella costa sud dell'omonimo lago (che un tempo era più conosciuto come lago Niassa) in Malawi. E' un parco naturale di 92 chilometri quadrati, composto da una varietà di habitat e che nel 1984 è diventato Patrimonio dell'Umanità UNESCO, per la sua straordinaria importanza nell'ambito dello studio degli ecosistemi (in particolare biodiversità acquatica) di più antica formazione. Il parco comprende un tratto di lago di circa 7 chilometri quadrati, con le sue profondissime acque e la grande varietà di pesci (si stimano oltre 1000 differenti specie), dodici isole, spiagge e insenature, foreste, lagune e montagne (si arriva a 1500 metri). Nel suo interno anche delle aree in cui vi sono reperti archeologici risalenti al IV secolo.
Nelle zone di terra del parco è possibile vedere mammiferi quali babbuini, scimmie, facoceri, leopardi, antilopi di varie specie, ippopotami, qualche predatore più piccolo e di passaggio gli elefanti. Inoltre, sono presenti una notevole quantità di specie di uccelli e di coccodrilli. 
E' da notare che il Lago Malawi ospita il 30% della popolazione mondiale di pesci della specie dei Ciclidi (Cichlidae).

All'interno del parco vi abitano ancora i pescatori a cui è consentito ancora utilizzare i metodi di pesca e conservazione del pesce tradizionali.

Nonostante le isole siano protette sin dal 1934, e che dal 1972 si sono include le foreste della penisola di Maclear, il parco è diventato tale solo nel 1980.

Il Lago Malawi (chiamato anche Niassa, che significa semplicemente lago) è il nono lago più grande al mondo con i suoi 29.600 chilometri quadrati. E' lungo tra i 560 e 580 chilometri e nel punto più largo arriva a 75 chilometri. Si divide tra tre stati, il Malawi (su cui insiste la maggior parte della superficie), il Mozambico e la Tanzania. La sua origine si fa risalire a oltre 3 milioni di anni fa. Con una profondità notevole (oltre 250 metri la media, con il punto più profondo a 706 metri), l'acqua cristallina e le sue spiagge è un luogo di grande bellezza naturale e ambito luogo turistico. Apprezzato per le attivistà subacque e per la balneazione, sebbene recentemente sono stati descritti casi di schistosomiasi (o bilharziosi) un tempo ritenuta assente nel lago.
Il primo europeo a giungere sul lago fu il portoghese Candido de Costa Cardoso nel 1846, sebbene a parlare del lago fu, dopo il 1859, il più famoso David Livingstone.
Le opportunità di alloggio per le visita al Parco e al Lago sono notevoli (eccone una piccola lista dalla rete), il turismo nell'area è in netto sviluppo.
Tra le tante opportunità di viaggio in Malawi, vi segnalo il sito di Africa Wild Truck, un tour operator italiano di base in Malawi, che fa del turismo responsabile la sua bandiera.

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martedì 19 febbraio 2013

Danza terapeutica Vimbuza

foto dalla rete
La danza terapeutica Vimbusa è praticata dall'etnia Tumbuka nel nord del Malawi. La sua funzione terapeutica è legata alla cura di molpeplici malattie mentali, soprattutto femminili. Vimbusa è il nome di una categoria di spiriti. Secondo la cultura dei Tumbuka l'individuo sano necessita di un costante equilibrio tra energie calde (umori) e energie fredde. Vimbusa penetrato nel corpo umano rompe questo equilibrio generando la patologia. Tale patologie viene "diagnosticata" dal guaritore, che ospita i pazienti in una casa riservata ai malati chiamata temphiri, e che ne "prescrive" la cura. La cura può durare settimane o mesi. La funzione terapeutica della musica e della danza (comune a molte etnia africane e non solo) permette di "danzare la propria malattia" favorendo così il riequilibrio energetico e la fuoriuscita dello spirito Vimbusa.
Donne e bambini sono posti in cerchio e, accompagnati dai suonatori (gli unici maschi ammessi al rito) del tamburo Ng'oma (tamburo dell'afflizione), favoriscono l'entrata in trance della paziente.




Il rito ha origini nel XIX secolo ed è stato (ed ancora oggi lo è) fortemente osteggiato dai missionari cristiani (per questioni religiose)  e dalla medicina ufficiale - dagli psichiatri in particolar - che ritengono la danza Vimbusa un semplice intrattenimento.

La funzione terapeutica delle musica e della danza (ma più in generale dell'arte) è strettamente legata alla storia dell'uomo, pressochè in ogni cultura e in ogni latitudine. La funzione catartica della danza e della musica, nonchè i suoi reali effetti di guarigione, sono da sempre oggetto di discussione e di studio. La danzaterapia e la musicoterapia sono oggi pratiche curativa che attingono molto dalle tradizioni popolari.
Concetti forti come è quello di  "danzare la propria malattia" sono la chiave di un fenomeno, quello rituale, che troppo spesso e con grande superficialità, viene liquidato come frutto di credenze e tradizioni primitive ed arretrate.

Dal 2005 la danza terapeutica Vimbusa è stata inserita tra i Patrimoni immateriali dell'UNESCO. Grazie a questa decisione, si è favorita la conoscenza e la conservazione di una tradizione che è ancora viva.


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martedì 10 aprile 2012

Un'altra donna alla guida di un paese africano

Il Presidente del Malawi Joyce Banda
Dal 7 aprile scorso un'altro paese africano, il piccolo Malawi, è entrato nella scarna lista dei paesi del mondo guidati da una donna. Infatti con la morte del presidente Bingu wa Mutharika, avvenuta il 5 aprile scorso, il Vice Presidente in carica, la signora Joyce Banda è divenuta - non senza qualche ostacolo - la terza donna a capo di uno stato in Africa (le altre sono, dal 2006 la Presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf e dal 31 marzo scorso la Presidente delle Mauritius, Agnes Monique Ohsan Bellepeau). Assieme a queste tre donne (di cui solo la Premio Nobel per la Pace liberiana non è ad interim), dal febbraio scorso, un'altra donna guida un governo in Africa ed è in Guinea Bissau, Adiato Djalo Nandigna. Fino all 22 marzo scorso, data del golpe in Mali, un'altra donna Cissè Mariam Kaidam Sidibè, guidava dal 3 aprile 2011 il governo di quel paese. 


Il Malawi diventa così il 17° paese africano (sui 54 esistenti) ad aver avuto nella sua storia indipendente, almeno per un giorno, una donna a Capo del Governo o a Capo dello Stato.


Sui chi è Joyce Banda (nulla a che vedere con lo storico dittatore del Malawi, Hastings Banda, che ha guidato il paese dal 1966 alla sua morte avvenuta nel 1994), vi rimando a questo post sul blog Jambo Africa.


Sancara ogni anno, agli inizi di gennaio, dedica un post alle Donne al Potere nel mondo, ecco quello del 2011. La situazione nel pianeta continua ad essere non favorevole alle donne.


A parte le Regine (3) e i Governatori Generali (3) sono una poco più di una ventina i paesi del mondo che hanno una guida (governo o stato) al femminile. Sei (6) in Europa, tra cui la Germania e la Danimarca, cinque in Sud-Centro America (tra cui il Brasile e l'Argentina), tre (3) in Asia tra cui Bangladesh, Thailandia e India. Oltre a all'Australia e la Lituania. Ancora poca cosa.


mercoledì 18 gennaio 2012

Gule Wamkulu

Il Gule Wamkulu è una danza rituale che accompagna generalmente il passaggio verso l'età adulta e che è praticata dall'etnia Chewa, in Malawi, Zambia e Mozambico. Il rito viene poi usato in molte delle occasioni importanti come la celebrazione del raccolto, un matrimonio, un funerale o l'incoronazione del nuovo capo. Dal 2005 la danza (e in generale il culto segreto che l'accompagna) è diventato Patrimonio Immateriale dell'UNESCO.
Il rito (gule wamkulu significa semplicemente grande danza) può essere datato al XVII secolo, ovvero ai tempi dell'Impero Chewa e viene "custodito" e praticato dai membri di una società segreta chiamata Nyau. Infatti il rito, osteggiato dall'arrivo dei cristiani e dei coloni britannici dopo, ha dovuto sopravvivere in modo per così dire "clandestino" per alcuni secoli.
Molti dei membri della società di iniziati Nyau appartengono anche alla chiesa cristiana (nel rito sono stati anche inseriti elementi provenienti dalla religione cristiana). Oggi il rito ha perso gran parte delle sue radici, divenendo più una sorta di spettacolo, spesso ad uso del turismo.
La danza è ballata da uomini mascherati (le maschere sono tramandate da generazioni) vestiti di pelli di animali e vuole simboleggiare il contatto tra il mondo ancestrale spirituale e il presente, attraverso l'intero spettro delle emozioni e delle azioni dell'esistenza umana. Si tratta secondo alcuni da un lato di un rito di passaggio e dall'altro di un tentativo di mantenere la propria identità rispetto all'esterno (ovvero ai non Chewa).
Per chi desidera approfondire, vi posto il link di un interessante articolo del 2007, scritto da Anusa Daimon del Dipartimento di Storia dell'Univesrità dello Zimbabwe, sul ruolo del Gule Wamkulu nella costruzione dell'identità Chewa.

Il video di seguito è tratto invece dai documenti dell'UNESCO.


L'impegno dell'UNESCO per salvaguardare il Gule Wamkulu è un progetto multinazionale atto a non disperdere un patrimonio secolare, favorendo l'apprendimento delle tecniche alle nuove generazioni di iniziati e diffondendone la conoscenza. Vi è poi il tentativo di favorire da un lato la divulgazione con l'organizzazioni di festival  e di incontri tra le comunità e dall'altro di salvagurdare il patrimonio degli oggetti (maschere, suoni, materiali e tutto quanto ruota intorno ai preparativi e alla danza) e delle documentazioni afferenti al Gule, tutelandone anche gli aspetti della protezione legale.

Ecco un sito (www.gulewamkulu.net) con molte documentazioni su questa danza.


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