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mercoledì 20 settembre 2017

Orutu, il violino dei Luo

L'orutu è, assieme al niatiti e all'oporo, uno dei strumenti della tradizione musicale Ohangla dei Luo, un popolo dell'Africa orientale e in particolare del basso Sudan, del nord dell'Uganda, della Repubblica Democratica del Congo, della Tanzania e del Kenya.


Si tratta di uno strumento cordofono ad arco (o in altri termini di un violino monocorde) di semplice costruzione. Un corpo cilindrico cavo in legno, una pelle tirata sulla sua superficie e un tubo di legno inserito lateralmente che serve da manico. L'unica corda, nella tradizione in sisal (oggi sostituita dal nylon o dai cavi del freno di una bicicletta) che passa su di un ponticello, è fissata al manico.



Si suona con un archetto di legno, tenendolo appoggiato all'addome o ad una gamba se si suona da seduti. Costituisce uno degli strumenti chiavi della musica benga, sorta. tra gli anni 40 e gli anni 60 in Kenya.
Tra i gruppi musicali che utilizzano questo strumento, anche nella musica moderna, vi sono i Kenge Kenge, un gruppo che si pone l'obiettivo di salvaguardare e rendere vive le tradizioni musicali del popolo Luo.

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lunedì 1 settembre 2014

Sintir, lo strumento terapeutico

Il ruolo della musica prodotta dal Sintir (chiamato anche in altri diversi modi, tra cui i più diffusi sono guembri o gimbri) ha destato molto interesse nel mondo. E' una musica che si sente nel Maghreb, in particolare in Marocco (ma anche in Mauritania, Tunisia e Libia), ed è suonata da membri dell'etnia Gnawa. I Gnawa sono discendenti degli schiavi neri che oggi vivono nel nord-africa berbero. Secondo gli storici l'origine di questo gruppo può essere localizzata nell'area che oggi corrisponde alla Guinea.


Il Sintir è uno strumento a corde pizzicate, somigliante ad un banjo, costituito da una manico di legno e da una cassa di risonanza (di forma rettangolare o trapezoidale) su cui è tesa una pelle di bovino o di cammello. La cassa, in legno, può essere anche prodotta dal carapace di una tartaruga. Vi sono poi tre corde, un tempo in cuoio, oggi in nylon, che producono suoni con una bassa frequenta.
Sotto molti aspetti ricorda lo ngoni, di dimensioni più ridotte, utilizzato in Africa Occidentale nella tradizione dei griot (i cantastorie, titolari della tradizione orale di quell'area del continente). Quest'elemento conferma la tesi di una provenenza del gruppo Gnawa dall'Africa Occidentale.

Ecco un video in cui è possibile ascolatre il suo suono.

La funzione terapeutica del Sintir è legata ad una antica tradizione, custodita da una confraternita islamica di iniziati, che vede nella musica prodotta da questo strumento (accompagnato generalmente da un tamburo, dalla voce e da delle nacchere chiamate krakebs) la capacità di indurre stati ipnotici e di trance. 
Il Sintir è suonato dal Maalem, un maestro che guida i fedeli (da cui la connotazione di uno strumento terapeutico e religioso nello stesso tempo) allo stato di trance profonda.
L'induzione ipnotica è utilizzata come terapia di alcune patologie di matrice psichiche, ma allo stesso tempo per evocare gli spiriti degli antenati.
Come avviene in altre culture, inoltre, la musica viene usata anche per la guarigione delle punture di scorpione.

Dove aver destato interesse per il suo uso rituale (e terapeutico), il Sintir è utilizzato anche come mero strumento musicale, da musicisti, appassionati e studiosi di strumenti legati alle  tradizioni etniche africane.

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giovedì 27 febbraio 2014

Kayamba, il suono dei Luo

La Kayamba è uno strumento idiofono (i cui suoni sono prodotti dai materiali di cui è costruito) tradizionali dell'etnia Luo del'Africa Centro-Orientale, tuttavia diffuso anche in altre aree, come il Congo. Si tratta di uno strumento, che può avere forme diverse (rettangolare o esagonale), il cui principio  costruttivo si basa su due tavole sottili (in genere di legno, ma possono essere anche di gomma) unite tra di loro da un particolare intreccio di fili e sisal, nella cui cavità interna vengono posti ciotoli, semi e fagioli. Agitato e ruotato (talora con l'ausilio di una o due maniglie) produce un suono asciutto caratteristico e ritmico che accompagna cerimonie, tradizioni e alcuni tipi di danza. Il principio ricorda molto da vicino quello delle più conosciute maracas, mentre il suono assomiglia molto a quello del bastone della pioggia, ovvero allo scorrimento dell'acqua.

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mercoledì 27 novembre 2013

Hosho, il sonaglio degli Shona

L'Hosho è un particolare tipo di strumento a percussione originario della comunità degli Shona in Zimbabwe. Si tratta di una piccola zucca con all'interno semi di hota (Canna indica). La zucca viene bollita in acqua e sale, svuotata e lasciata asciugare al sole.
E' un tipico strumento (in genere si una a coppie) di accompagnamento, che nella cultura Shona equivale ad armonizzarsi con la M'bira, il "pianoforte a pollice" costituendo quasi un unicum strumentale. Il suono dell'hosho determina il ritmo sia per la mbira che per i danzatori, divenendo quindi essenziale in tutte le cerimonie rituali e più in generale nella musica. 





La costruzione dello strumento inizia con la semina della zucca (i cui semi sono stati selezionati), la sua cura (spesso l'impollinazione avviene in modo manuale), la raccolta nel momento giusto (la zucca è verde, poi seccandosi diventa gialla-marrone) e infine la ricerca della sonorità giusta.

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martedì 23 luglio 2013

Agogo, il ritmo dalla Nigeria

L'Agogo è uno strumento idiofono (il suono è prodotto dalla vibrazione) a percussione originario della Nigeria, in particolare tra gli Yoruba (il nome significa campana). Oggi è molto diffuso in Brasile con altri nomi quali ogan o ekon, dove è alla base dei ritmi della samba e non solo. In molti testi si trova l'origine di questo strumento come brasiliano, ignorando la paternità africana. Tanto per sottolineare l'incidenza della musica africana su quella brasiliana, l'agogo viene ritenuto lo strumento più antico della samba.
Si tratta di due campane di ferro (senza batacchio) di forma conica e di grandezza diversa. le due campane sono unite da un tondino di ferro che funge da impugnatura.
Si suona percuotendo con una bacchetta di legno (o di ferro): il suono cambia nei diversi punti in cui viene colpita la campana. Come avviene in diverse culture, il suono della campana assume un ruolo "religioso". Il suo utilizzo è soprattutto legato al ritmo durante le danze rituali.

Naturalmente lo strumento fu esportato nel "nuovo continente" con la tratta degli schiavi.  

Anche la musica pop ha usato questo strumento, tra tutti David Byrne dei Talking Heads, i Rush e alcune incisioni di Pat Metheny.

Ecco un link per ascoltare l'agogo nell'uso della musica brasiliana

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venerdì 17 maggio 2013

Il tamburo parlante

Tra gli strumenti a percussione africani, il tamburo parlante, meglio noto nella dizione inglese talking drum, è senz'altro quello più curioso e sotto molti versi più affascinante. Originario dell'Africa Occidentale, è un tamburo bipelle (con due membrane tese) a clessidra (ricavato da un unico blocco di legno), che viene suonato con una bacchetta ricurva e  tenuto sotto l'ascella (a volte è anche per questo chiamato tamburo d'ascella).  Il braccio preme su delle corde che tendendo le pelli (originariamente fatte di budella animale), modulano il suono. Alcuni popoli, come gli Hausa della Nigeria o i Bulu del Camerun riescono a produrre suoni che assomigliano moltissimo alla voce umana. Da questa caratteristica, il nome. Conosciuto già durante l'Impero del Ghana, è uno strumento della tradizione Hausa e Yoruba ed è spesso utilizzato dai griot (cantori e custodi della tradizione orale dell'Africa Occidentale).
Conosciuto con nomi diversi come tama o tamma (tra i serer, i wolof e i mandinga), gan gan o dun dun (tra gli yoruba), dondo (tra gli akan), lunna (tra i dagbani), kalaugu (tra gli hausa), tamanin (tra i bambara) e doodo (tra i songhai).




Un tamburo dal suono che assomiglia alla voce umana non poteva che assumere un ruolo rituale e religioso (ancora oggi il suo uso, in particolare tra gli Yoruba, è legato alla pratica religiosa ed alle cerimonie) e di comunicazione, anche a notevole distanza. Non a caso ne fu proibito l'uso tra gli schiavi, per il timore che potessero comunicare tra di loro.


Tra i suonatori di talking drum vi sono il polistrumentista maliano Baba Sissoko (nel video), molto conosciuto in Italia e i senegalesi Assane Thiam e Yamar Thiam. Non sono mancati utilizzi di questo strumento fuori dalle musiche tradizionali africane.

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martedì 16 aprile 2013

La M'bira, il pianoforte a pollice

La M'bira è uno strumento idiofono (il cui suoni sono prodotti dalle vibrazioni) che ha origine nell'Africa Orientale. E' conoscito anche con altri nomi come likembe, kalimba, ikembe o sanza.
Lo strumento ha delle lamelle di metallo, posizionate su di una tavoletta di legno, che vengono fatte vibrare con la pressione dei pollici e delll'indice. Le lamelle (in qualche rarissima eccezione anche in bambu) sono, in alcuni casi, fatte risuonare attraverso casse armoniche (chiamate appunto risonatore) costituite da zucche, strutture di legno, da bottiglie e  da lamiera.
In tutta l'Africa vi sono innumerevoli versioni, molto diverse tra loro, di mbira, che si differenziano oltre che nei materiali costruttivi anche nelle sonorità (da 3 a 40 lamine metalliche).
E' in genere uno strumento che si suona da solo, sebbene venga usato come accompagnamento al canto e alla danza, nonchè in alcuni contesti della tradizione griot (i cantastorie dell'Africa Occidentale).
In alcuni contesti essa assume anche dei valori rituali e mistici, tra gli Shona dello Zimbabwe, ad esempio, il suono della mbira si crede metta in comunicazione con gli antenati e con gli spiriti e per questa ragione i suonatori di questo strumento hanno una posizione di rilievo nella società Shona.


Della mbira si hanno tracce almeno dal XIII secolo (sebbene i primi resoconti scritti risalgono agli inizi del 1900) e la sua origine sembra deriva dalle lamine di rafia (o altro materiale vegetale) che veniva teso tra le labbra e fatto risuonare con il soffio.
Essa fu poi importata nei Caraibi dagli schiavi e oggi lo strumento noto come kalimba e maribula usato nella musica caraibica altro non è una derivazione della mbira.


E' uno strumento curioso, semplice e di grande sonorità. In alcune zone dell'Africa i bambini si costruiscono delle mbire usando, come cassa armonica, delle vecchia scatole in latta di sardine: bellissime!

Vi segnalo questo approfondito (e ricco di immagini) articolo di Scott Ronison sulla Mbira
Inoltre ecco un sito, Tinotenda, completamente dedicato alla Mbira nella cultura Shona


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venerdì 25 gennaio 2013

N'goni, l'antenato del banjo

Lo N'goni (anche Ngoni, va bene) è uno strumento a corde (generalmente da 3 a 5), tipico dell'Africa Occidentale, da molti considerato l'antenato del banjo.
Assieme al balafon e alla kora è parte di una triade di strumenti che appartegono alla tradizione dei griot, i cantastorie, musici e custodi della tradizione orale principalmente di etnia mandinka. Spesso viene usato il termine, improprio, di "liuto dei griot".
Bassekou Kouyate, foto dalla rete
La cassa di risonanza è tradizionalmente o di legno incavato o di una zucca svuotata, su cui è tesa una pelle di animale (generalmente capra). Dalla cassa è incastonato un manico (tra i 50 e 60 centimetri) alla cui estremità sono tese le corde (di origine animale).
I nomi (bamangoni, ganbarè o njarkat) e l'utilizzo (pizzicato o arpeggiato) dello strumento variano tra un gruppo etnico ed un'altro dell'Africa occidentale (si trova in un'area che va dal sud del Marocco alla Nigeria), così come variano le leggende che raccontano della sua nascita. Tra tutte, in Burkina Faso, si associa lo Ngoni ad un cacciatore Senufo di nome Suliman al quale durante il sogno gli furono rivelate le tecniche di costruzione di questo strumento musicale, motivo per cui ancora oggi l'uso dello Ngoni è associato alla caccia (in questo caso assume il nome di Donso Ngoni, dove donso significa caccia).

E' stata anche avanzata una tesi per cui lo ngoni sarebbe un precursore del banjo - strumento nato nel continente americano all'inizio del 1700 - a seguito della tratta atlantica degli schiavi.


In Mali lo ngoni rappresenta un vero e proprio strumento di identità culturale e storica. Tra i suonatori di ngoni vale la pena sottolineare i nomi di Banzumana Sissoko,  Bassakou Kouyate, Baba Sissoko e Moriba Keita, tutti provenienti dal Mali.
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martedì 11 dicembre 2012

Kora, l'arpa-liuto d'Africa

La kora è lo strumento tradizione a corde dell'etnia Mandinka, ma più in generale dell'Africa Occidentale. Assieme al balafon (una sorta di xilofono) e allo n'goni (uno strumento avvicinabile al benjo) rappresenta la triade di strumenti musicali utilizzati dai griot (i suonatori di kora sono chiamati jali), musicisti, cantastorie e custodi delle tradizioni orali dell'Africa occidentale.
La kora è suonata tradizionalmente in Guinea, Guinea Bissau, Mali, Senegal, Burkina Faso e Gambia.
Tecnicamente la kora appartiene alla famiglia dei cordofoni (in particolare essa è ritenuta una arpa-liuto) ed è costituita da una cassa armonica costruita da una grande mezza zucca (una calabash - lagenaria siceraria -, la stessa usata anche per la costruzione del balafon), svuotata, su cui è tirata una pelle di animale (mucca o antilope). Sulla cassa vi è un manico da cui partono 21 corde (un tempo di cuoio, oggi in nylon) disposte in due file parallele di 10 e 11 corde (vi sono varianti di kora che arrivano anche a 28 corde complessive).
Il suonatore di kora la usa ponendola di fronte a sè e reggendola, con le dita medie, attreverso due appositi manici di legno, mentre le corde (10 da una parte e 11 dall'altra, nella versione a 21 corde) vengono pizzicate con l'indice e il pollice Lo strumento, pur simile all'arpa, si suona con tecniche più vicine alla chitarra flamenca.
Si parla di kora fin dai tempi dell'antico Regno del Mali, sebbene le prime testimonianze scritte sono della fine del 1700 ad opera degli esploratori europei (in particolare lo scozzese Mungo Park che la descrive in un resoconto di viaggio del 1799).


foto dalla rete
Tra i suonatori di kora di cui Sancara ha pubblicato dei post, vi rimando al gambiano Ebraima Tata Dindin, al maliano Toumani Diabatè (nel video) e al guineano Mory Kantè.

Esiste anche una versione elettrificata della kora, chiamata gravikord, che pur riproducendo il suo suono, non ha nulla a che vedere con la magia tradizionale strumento.

I siti Cora Connection e The Kora Workshop per approfondire questo straordinario strumento

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martedì 27 novembre 2012

Balafon, lo xilofono d'Africa

Il balafon è uno strumento, tipico dell'Africa Occidentale (usato anche in Africa centrale), che può essere assimilato ad uno xilofono. E' classificato tra gli strumenti idiofoni a percussione. Il nome deriva dalla lingua mandinka (balan è in nome e fo è il verbo suonare). In altre lingue è chiamato bala, balagi, giyl o palaku. La sua caratteristica è che la cassa di risonanza, posta al di sotto di un gruppo di fasce di legno o di bambù (in ordine decrescente dai più grandi ai più piccoli), è composta da una serie di zucche svuotate (calabasse), generalmente 12, di diverse dimensioni. Le zucche vengono perforate e i fori sono ricoperti con delle sottili membrane, originariamente con la tela di una particolare specie di ragno o con ali di pipistrello, poi con cartine di sigaretta e solo recentemente con pellicola di plastica. I "tasti", che in alcune zone sono ricavati da un particolare albero che è chiamato "nufiaram" che significa buon suono, vengono poi percossi da bacchette di legno, ricoperte con pelle di capra.
Normalmente i balafon sono accordati su scala pentatonica (5 note), sebbene alcuni anche in scala diatonica (7 note). Ovviamente queste questioni tecniche le lasciamo agli esperti!.
Il balafon è molto simile ad uno strumento della tradizione sud americana, il marimba, tanto che alcuni studiosi fanno risalire lo strumento del nuovo continente all'arrivo degli schiavi africani (per dovere di cronaca, alcuni sostengono pure che i due strumenti si siano sviluppati indipendentemente nelle rispettive aree).

Fonti storiche (viaggiatori nord africani che si spingevano verso sud) risalenti al XII secolo, ovvero durante l'epoca dell'Impero del Mali, fanno datare questo strumento come uno dei più antichi dell'Africa. A partire dal XVII secolo sono invece i viaggiatori europei a descrivere questo strumento.
dal sito di Gert Kilian
Nel 2001 l'UNESCO ha inserito tra i Patrimoni Immateriali dell'Umanità il contesto culturale attorno al Balafan di Sosso Bala, uno strumento a 20 tasti, datato 800 anni, avente secondo la tradizione poteri magici e custodito dalla comunità della cittadina di Niagassola nella Guinea.
Infatti in molte cultura dell'Africa Occidentale il balafon è ritenuto uno strumento sacro e pertanto suonato solo da persone che hanno avuto una particolare formazione (iniziazione) religiosa.
Nel 2011 anche il contesto culturale del Balafon dei Senufo (etnia del Burkina Faso, della Costa d'Avorio e del Mali) è stato inserito tra i Patrimoni della Tradizione orale dell'UNESCO.
Il ruolo del balafon tra le culture dell'Africa Occidentale è sottolineato anche dal fatto che esso, assieme alla kora (strumento a corde) e allo n'goni (una sorta di banjo) è uno degli strumenti associati alla cultura dei griot: musicisti, cantastorie e detentori della tradizione orale di molti popoli dell'area.



Il balafon è stato "riscoperto" in Europa e nel Mondo a partire dagli inizi degli  anni '80, quando il diffondersi della world music (e della musica etnica) ha fatto scoprire al mondo le sonorità di questo particolare strumento.

Oggi tra i musicisti africani che usano questo strumento, vale la pena segnalare alcuni come Mory Kantè, Keletigui Diabatè (inseparabile compagno di Habib Koitè), Baba Sissokò, Yayà Diabatè e Rokia Traore.

Vi segnalo il sito del balafonista tedesco Gert Kilian, in cui oltre a trovare informazioni sullo strumento (comprese le modalità costruttive), si possono ascoltare alcuni brani

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