venerdì 20 agosto 2010

Guerra del Biafra (1967-1970), una questione ancora attuale

La guerra del Biafra ha segnato, sotto diversi aspetti, l'affermarsi di un nuovo periodo storico e culturale per l'intera umanità. E' stata una tragedia di proporzioni enormi (si stimano quasi 3 milioni di morti, di cui due terzi - in gran parte bambini - dovuti alla fame) di cui le immagini dei bambini gravemente malnutriti hanno girato il mondo. E' stato il punto di avvio per una nuova generazione di "militanti umanitari" infrangendo la regola della neutralità a favore dell'idea del diritto d'ingerenza nelle questioni internazionali, non più riservate solo a diplomatici e militari (dall'esperienza dei medici francesi in Biafra con la Croce Rossa e in particolare di Bernard Kouchner, nascerà nel 1971 Medecins Sans Frontieres - Medici Senza Frontiere).
Infine vi è un aspetto marginale, e perfino offensivo delle popolazioni Igbo, ed è quello dell'uso dei "bambini del Biafra" nel linguaggio comune da parte delle mamme per convincere i propri figlioli (spesso grassottelli) a non buttare il cibo ("pensa ai bambini del Biafra che non hanno nulla da mangiare") sia per indicare genericamente una magrezza esagerata ("sembri un bambino del Biafra"). Insomma la parola Biafra è diventata una sorta di neologismo come sinonimo di povertà infinita.

La guerra del Biafra durerà dal 6 luglio 1967 al 13 gennaio 1970, e sarà determinata dal tentativo di secessione della provincia sud-orientale della Nigeria, popolata da etnia Igbo, cristiana ed animista, che scatenerà la risposta del governo centrale nigeriano.
Ma come si arriva alla dichiarazione della secessione?
Tutto ha inizio il 15 gennaio 1966, quando sulla base di presunti (e probabilmente veri) brogli elettorali che hanno favorito le popolazioni del nord, alcune sezioni dell'esercito, principalmente di etnia Igbo, guidate dal generale Johnson Aguyi-Ironsi, attuano un colpo di stato.
Il 29 luglio 1966, l'esercito "settentrionale", etnie Yoruba e Hausa, organizzano un contro-golpe, dando il potere al colonnello Yakubu Gowon e massacrando le minoranze cristiane Igbo del nord. Gli Igbo del Biafra saranno completamente esclusi dal potere.
Le popolazioni del Sud, preoccupate che il nord si impadronisse delle grandi risorse petrolifere presenti nel loro territorio (delta del Niger) - si calcoli ch e nel 1966 la Nigeria ha estratto 20 milioni di tonnellate di petrolio e di queste 17 provenivano dal Biafra- il 30 maggio 1967, guidate dal governatore militare del Sud-Est, col. Odunegwu Ojukwu, dichiarano la seccessione dalla Nigeria della Repubblica del Biafra, con capitale Enugu.
La nuova nazione sarà ufficialmente riconosciuta solo dal Gabon, da Haiti, dalla Costa d'Avorio, dallo Zambia e dalla Tanzania.
Il 6 luglio 1967 l'esercito nigeriano entra in Biafra occupando le città di Nsukka e Garkem e decretando l'inizio della guerra.
Dopo una controffensiva del Biafra (che giungerà a 200 km da Lagos), la guerra assume la forma di assedio. La truppe nigeriane dopo aver conquistato i porti, determinano il blocco completo navale, terrestre e aereo.
La lenta agonia del Biafra ha inizio. Le foto dei bambini malnutriti iniziano a girare il mondo e volontari iniziano ad effettuare ponti aerei a favore della popolazione affamata. Non mancheranno ovviamente accuse di infiltrazioni mercenarie e di contrabbando di armi. I volontari della Croce Rossa saranno attaccati dall'esercito nigeriano.
In questo clima, il 9 maggio 1969, avviene un fatto che colpisce direttamente l'Italia. Dieci tecnici italiani e un arabo, saranno uccisi nei campi petroliferi dell'ENI da un commando di soldati del Biafra. Altri 3 italiani, saranno rapiti e rilasciati secondo fonti non confermate con un riscatto di 12 miliardi di lire. Mentre milioni di bambini morivano di fame, nello stesso luogo qualcuno continuava ad estrarre, non curante, il petrolio.
Nel giugno 1969, oramai stremato dall'assedio, il Biafra tenta l'ultima disperata offensiva sostenuta da mercenari stranieri (tra cui lo svedese Carl Gustav von Rosen, aviatore pioniere e già istruttore in Etiopia dell'Ethiopian Air Force).
Il 23 dicembre 1969 le forze nigeriane spezzano in due il Biafra e il 7 gennaio lanciano l'offensiva finale. Il 13 gennaio cadrà l'ultima città e Ojukwu dichiara la resa fuggendo in Costa d'Avorio e lasciando al suo vice, Philip Effiong, il compito di negoziare.
Il bilancio finale sarà catastrofico: oltre 3 milioni di morti di cui un milione e duecentomila in battaglia e quasi due milioni per fame.
L'intera regione distrutta (ancora oggi vi sono i segni) , l'etnia Igbo discriminata e ridotta tra i gruppi etnici più poveri dell'Africa Centro-Occidentale.

I paesi stranieri non furono assolutamente estranei a questo conflitto. Gli Stati Uniti - all'epoca impantanati nel Vietnam - avevano altro a cui pensare. La Nigeria fu rifornita di armi dalla Gran Bretagna in quanto ex colonia, dalla Russia e dall'Egitto. Il Biafra ottenne l'appoggio della Francia (in chiave anti inglese per il controllo dei territori africani), oltre che del Sudafrica e della Rhodesia (futuro Zimbabwe). Inoltre determinante fu il ruolo del Portogallo (unico paese all'epoca ad avere ancora ampi territori in Africa) di sostegno al Biafra attraverso la colonia di Sao Tomè e Principe. A Lisbona fu stampata la moneta del Biafra e vi furono insediati gli uffici di rappresentanza del governo del Biafra.

Nel 1999 il neo eletto presidente Obasanjo, che aveva combattuto nella guerra del 1967-70, (guiderà la Nigeria dal 1999 al 2007) tentò una timida riconciliazione con il Biafra (riconoscendo la pensione ai militari congedati dopo la guerra e che aveva combattuto per l'indipendenza).

Le questioni che erano alla base della guerra del Biafra - gli interessi derivanti dai ricchi giacimenti di petrolio della regione - appare ancora oggi irrisolta, anzi è all'attenzione della comunità internazionale per quello che già si configura come il conflitto del delta del Niger. Nel 2009 la Nigeria ha estratto 122,1 milioni di tonnellate di petrolio - (12° paese nel mondo e primo dell'Africa).
Dal 1999 è inoltre attivo nell'area del Biafra (oggi popolata da circa 40 milioni di individui di etnia Igbo) il gruppo Massob (Movimento per la creazione dello stato sovrano del Biafra) che si richiama, idealmente alle rivendicazioni secessionistiche degli anni '60.

Sulla guerra del Biafra la rete è ricca di documenti, immagini e commenti. Consiglio vivamente la lettura del romanzo di Chimamanda Ngozi Adichie "Metà di un sole giallo" (dalla bandiera del Biafra - vedi sopra) che ha il pregio di essere scritto - forse per la prima volta - da chi, tra gli scrittori nigeriani, non ha vissuto la guerra.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Si l'ho letto. Un libro bellissimo. Odenigbo, un personaggio incredibile.
Proprio perchè ho letto il libro che mi sono soffermata sul post.
Interessante il tuo blog. Lo seguirò
Cristina

Gianfranco Della Valle ha detto...

Grazie Cristina per il tuo commento e per i complimenti. Sono d'accordo è un libro molto bello che delinea personaggi, come appunto Odenigbo, con grande efficacia e con molta attenzione ai particolari e alle sfumature.
Aspetto ancora tuoi commenti.
Ciao
Gianfranco Della Valle, Sancara

Giolaura ha detto...

Grazie, Gianfranco. In questo momento mi sto interessando, con la mia piccola Onlus, della popolazione Igbo dell'Isola di Igbedor, una delle "riverine areas" del fiume. Le tue chiare e puntuali informazioni su questa guerra, che ricordavo confusamente, sono state molto preziose e le pubblicherò nella mia Pagina FB "Sicilia - Niger: da un'isola di mare ad un'isola di sabbia". Il nome "Niger" deriva dal fatto che il nostro primo interesse era rivolto al Niger, ma ci muoviamo senza schemi di confini).

Gianfranco Della Valle ha detto...

Grazie a te per i "complimenti". L'obiettivo di Sancara è proprio questo, parlare d'Africa, informare e destare curiosità e voglia di approfondire. Se poi può essere utile a chi, come te/voi, svolge lavori sul campo, ancora meglio. Seguo la vostra attività attraverso la pagina FB. Complimenti a voi e buon lavoro.
Gianfranco Dellla Valle, Sancara

Posta un commento