giovedì 17 settembre 2015

Ancora in Burkina Faso

E' avvenuto ancora. Dal 5 agosto 1960, quando l'Alto Volta, denominato poi Burkina Faso da Thomas Sankara negli anni '80, raggiunse l'indipendenza dalla Francia ad oggi, vi sono stati 8 colpi di stato. L'ultimo è avvenuto l'altro ieri, quando i militari, a poco meno di un mese dalle elezioni (schedulate per l'11 ottobre) hanno deposto e messo agli arresti il Presidente Michel Kafando, un diplomatico di grande carisma nel paese e il primo ministro Isaac Zida, un militare.
La guardia militare ed in particolare il Reggimento della Sicurezza Presidenziale è alla guida del nuovo governo, che sicuramente interromperà il processo democratico.
Il Burkina Faso era uscito, da meno di un anno (31 ottobre 2014), attraverso un golpe, da oltre 27 anni di dittatura. Una dittatura che aveva avuto inizio quel drammatico 15 ottobre 1987, quando fu ucciso Thomas Sankara. L'amico fraterno che lo tradì, Blaise Campaorè guidò poi il paese, con il pugno di ferro, fino allo scorso anno quando fu deposto (ora si gode un tranquillo esilio in Costa d'Avorio) dai militari e dalle pressioni della popolazione, che forse troppo tardivamente, aveva provato a prendere in mano le sorti del paese.

Il Burkina Faso - paese piccolo e povero - negli ultimi posti nelle classifiche mondiali per quanto attiene lo Sviluppo Umano e ai parametri di affidabilità e tenuta delle istituzioni democratiche, ha una posizione strategica nel contesto africano all'interno dell'asse che dal nord-ovest della Nigeria passa verso il Mali e verso la Libia. Un punto di passaggio delle forze fondamentaliste islamiche che dalla  Nigeria si spingono verso il Mediterraneo.

Dal golpe (da più parti si sospetta un legame con l'ex Presidente Campaorè) la situazione resta molto tesa. Vi sono stati scontri in piazza, non solo nella capitale Ouagadougou (dove si svolge in più grande Festival del cinema africano, il Fespaco, la cui ultima edizione si svolta a marzo) ma, anche a Bobo Dioulasso e Bafora. Ci sono feriti e si contano i primo morti.

Sebbene le notizie dal paese e le intenzioni dei golpisti siano ancora scarse e non note, e' evidente che il processo democratico, che molti speravano avesse inizio con le elezioni dell'11 ottobre è rimandato a data da destinarsi.

Vi era inoltre la speranza che il nuovo processo aprisse le porte ad una concreta ricerca di verità (e giustizia) sulla morte di Thomas Sankara. Speranza che  forse rischia, ancora una volta, di finire tra le pieghe nascoste di un paese che dal 1987 non ha più saputo far rivivere quelle "idee che non muoiono mai". 



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