venerdì 14 ottobre 2016

#bringbackourgirls due anni dopo

Era il 14 aprile del 2014 quando a Chibok, una cittadina (circa 70 mila abitanti) del Borno State nel Nord-Est della Nigeria, non lontano dal confine con il Camerun, vennero rapite 276 giovani ragazze - tutte studentesse - dal gruppo islamico radicale Boko Haram.
La notizia fece il giro del mondo e indignò profondamente l'opinione pubblica. Una grande campagna lanciata nei social, sotto l'hashtag #bringbackourgirls fece rapidamente il giro del mondo. Le pressioni portano ad interventi forti, non solo di condanna, nei confronti dei criminali di Boko Haram, ma nessun reale risultato.
Infatti delle 276 ragazze rapite quel giorno all'interno del dormitorio dell'Istituto scolastico che frequentavano, 57 riuscirono a scappare dai camion che le trasportavano e ben 219 rimasero nelle mani di Boko Haram. Da quel giorno, a parte qualche video che le ritraeva completamente vestite di nero, nessuna notizia si ebbe di loro.
Nel mese di maggio 2016, due anni dopo, una delle ragazze fu ritrovata nella foresta di Sambisa mentre raccoglieva legna e liberata. La ragazza, di 19 anni quando fu trovata era incinta. Da lei si apprese anche che 6 di quelle ragazze erano morte durante la prigionia.
Ieri è diventata ufficiale la voce che 21 di quelle 212 ragazze erano state liberate grazie ad uno scambio - negato dal governo - con quattro prigionieri della "milizia".
Secondo le fonti più accreditate lo scambio sarebbe avvenuto grazie all'intermediazione della Croce Rossa e del Governo Svizzero. Incerta invece la voce che vede 18 delle 21 ragazze incinte o con figli.
Quel che è certo è che le ragazze siano state "usate" dai rapitori, nella migliore delle ipotesi, come loro concubine. 
La logica perversa per cui milizie armate che vivono in fuga e nascondendosi in continuazione si procacciano donne per il loro piacere o per farle diventare forzatamente loro mogli, per quanto atroce, non è una novità.
La storia è ricca di racconti di questo genere. Certo numeri così alti nello stesso tempo (in realtà le donne prigioniere sono molte di più)  sono un fatto nuovo e preoccupante. 
Inutile sottolineare come i racconti delle sopravvissute siano drammatici e densi di particolari violenti tali da far comprendere, senza ombra di dubbio, che la religione con questi criminali c'entra ben poco. Del resto è cosa nota, oltre le semplificazioni, che il gruppo sia composto da innumerevoli fazioni e che vi siano all'interno elementi legati alla criminalità, alla politica e alla religione. Il gruppo, fin dal suo esordio, all'inizio degli anni 2000, fu sottovalutato e confinato - perfino dall'Amministrazione Americana - come un fatto localizzato.
Oggi la situazione in Nigeria è critica. Da una parte le questione petrolifera sempre più in bilico tra le devastazioni territoriali, la povertà crescente e il disimpegno annunciato e in parte attuato delle compagnie petrolifere, dall'altra il nord del paese in cui Boko Haram ha generato una vera e propria calamità.


Nessun commento:

Posta un commento