lunedì 23 maggio 2016

Migration Compact, un pasticcio europeo?

Il Migration Compact è una proposta italiana, voluta fortemente dal Primo Ministro, che andrà in discussione in Commissione Europea il 7 giugno, per essere approvato, in via definitiva, dal Consiglio il 28-29 giugno prossimo. Si tratta sostanzialmente di un accordo tra Europa e paesi africani (soprattutto dell'area del nord Africa, Sahel e del Corno d'Africa) il quale, in cambio di investimenti pubblici-privati, prevede un rigido controllo dei flussi migratori in partenza.
Si tratta di un'operazione complessiva di circa 60 miliardi di euro, di cui una prima parte intorno ai 5 miliardi, finanziata direttamente dall'Europa e il rimanente da accordi con privati e governi e la probabile emissione di obbligazioni (bond) dedicate.
E' un operazione di risposta ai temi della migrazione, che sostanzialmente sposta i confini verso il sud in cambio di denaro.
Se apparentemente a qualcuno potrebbe sembrare una strada ragionevole, in realtà si rivela insidiosa e pasticciata.
In primo luogo vi sono esperienze passate che hanno adottato analoghe procedure e che hanno finito con creare enormi disastri. Vi sono stati anni in cui la Banca Mondiale e il Fondo Monetario  hanno elargito enormi contributi ai paesi in via di sviluppo in cambio di riforme strutturali e "democrazia". Il risultato è stato drammatico per la maggioranza della popolazione e fantastico per pochi (spesso i governi di turno). In Africa dagli anni '50 ad oggi sono stati spesi oltre un trilione di dollari in aiuti allo Sviluppo: il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Come ha avuto modo di dire l'economista dello Zambia Dambisa Moyo, gli aiuti sono un "killer silenzioso alla crescita".
Qui la questione, se è possibile, si complica. Viene richiesto - in cambio di aiuti a progetti - di fermare i migranti. Nel testo della proposta italiana non c'è una riga dedicata ai diritti umani, come se qualsiasi sia lo strumento che si usa per fermare la gente sia lecito.
Si arriva perfino ad ipotizzare che la valutazione delle domande di richiesta d'asilo venga fatta in loco (presumo nel paese confinante) o di farsi carico dei dinieghi d'asilo e della espulsioni dall'Europa (immaginate cosa sarà di un profugo che rientra dal Paese da dove è scappato).
Appare evidente che siamo difronte a paesi dove la democrazia è spesso, per essere buoni, sospesa. Se si analizzano i paesi del mondo dove da più tempo vi è un uomo solo al potere, tolti i monarchi europei (spesso di facciata) i primi 5 posti sono occupati tutti da paesi africani (nell'ordine Camerun 40 anni, Guinea Equatoriale 36 anni, Angola 36 anni, Zimbabwe 35 anni, Uganda 30 anni). Una concentrazione di potere tale per cui qualsiasi cosa è resa possibile. Inoltre, dei circa 50 conflitti regionali nel mondo, oltre il 60% sono nel continente africano.
Affidare a questi paesi il controllo dei propri confini per impedire che la gente scappi è come promuovere un pedofilo alla direzione di un asilo per l'infanzia!
Il rischio di sistematiche violazioni dei diritti umani è, non solo dietro l'angolo, ma appare inevitabile.
Vi è anche un altro tema che deve assolutamente essere affrontato. Il diritto degli individui, ovunque si trovino nel mondo, a cercare un modo migliore per vivere e quindi anche a migrare per questo. Il Migration Compact rischia di creare un grave squilibrio tra chi ha i mezzi per muoversi (che non verrà assolutamente fermato) e chi invece, privo di mezzi, sarà costretto alla lenta agonia quando non alla morte certa.
Il palinsesto della proposta italiana, che usa termine quasi esclusivamente economici, basa tutte le sue azioni sul principio che siamo di fronte ad una emergenza (nostra) a cui non siamo in grado di far fronte. Anche questa interpretazione è opinabile: se è vero che vi è un aumento dei richiedenti asilo (e non delle migrazioni che in Europa restano sostanzialmente stabili) è altrettanto vero che oggi essi sono ospitati per oltre 85% nei paesi in via di sviluppo.

La proposta, seppur non ancora approvata (sarà oggetto sicuramente di revisione, ma suppongo esclusivamente sul piano della reperibilità delle risorse) rischia di complicare lo scenario già molto complesso.
Non si parla di crisi umanitarie che scatenano le fughe, non si parla delle reti criminali (qui e li) che incentivano i flussi e da essi guadagnano cifre da capogiro (si stima che il business dei migranti sia la seconda fonte di guadagno dopo le droghe), non si parla di accesso al sapere, non si parla di democrazia, non si parla di risorse che continuiamo a depredare e ancor peggio a comprare dai signori della guerra. No, tutti i mali provengono da alcune centinaia di migliai di persone che rischiano la vita (spesso muoiono) e che sono "accolti" come fossero la peggiore delle epidemie.
 
A scanso di equivoci avere dubbi su questa proposta non equivale a non ritenere una strada assolutamente da percorrere quella dello sviluppo (serio e rispettoso dei diritti umani) di condizioni migliori nei paesi "di fuga" che favoriscano "il diritto" di rimanere nel proprio paese di nascita a condurre la propria esistenza. 

Ecco la copia del testo integrale del Migration Compact

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