mercoledì 31 agosto 2011

Libia: per ora solo interrogativi

Parlare oggi della situazione in Libia, e in particolare del suo futuro, è complesso. Da quando quelli che tutti oggi chiamano "ribelli" sono giunti alle porte di Tripoli, l'esposizione mediatica è stata straordinaria. Giornali e televisioni hanno seguito, quasi minuto per minuto, l'avanzare degli uomini guidati dal Consiglio Nazionale di Transizione. Per giorni giornali e cronisti hanno scritto e detto fiumi di parole, ora lentamente l'attenzione cala come avviene nella moderna comunicazione.
Sul campo la situazione non è ancora stabilizzata, tutt'altro.
Già in febbraio, quando era incominciata la protesta in Libia, avevo scritto in alcuni post (In Libia un'altra storia, Ancora Libia e Libia: alcune riflessioni ) che in quel paese la situazione non sarebbe stata come in Tunisia o in Egitto. Credo che alcune riflessioni siano ancora attuali e pongono, ancora oggi, alcuni interrogativi, che sinteticamente, senza nessun ordine d'importanza, vi sottopongo:

- come finirà la guerra civile in corso? ad oggi la situazione militare, pur trovandosi in un punto di non ritorno per il regime di Gheddafi, non è assolutamente chiara. La voglia di vendetta e di giustizia sommaria rischia di prevalere sul buon senso, mentre non vi è ancora stata la resa del regime. 
- chi guiderà il paese dopo la caduta di Gheddafi? gli uomini che hanno guidato l'azione militare e il Consiglio Transitorio non è detto che siano quelli che guideranno nel futuro il paese. Mahmoud Jibril, oggi segretario generale del CNT e primo ministro provvisorio, un tecnocrate che è stato Direttore del Dipartimento Economico di Gheddafi dal 2007 al 2011, nonostante sia molto gradito ad americani e inglesi (secondo alcuni testa d'ariete nella rivolta) appare debole. Mustafa Abdel Jalil, già Ministro della Giustizia di Gheddafi dal 2007 al 2011, risulta essre troppo compromesso con il vecchio regime e Abdel Hafiz Ghoqa, avvocato degli uccisi della prigione di Abu Salim, non ha nessuna esperienza politica.Qualcosa potrebbe ancora succedere.
- riuscirà la Libia, a breve, a costruire delle istituzioni democratiche? La Libia, contrariamente a Tunisia e Egitto, è praticamente da sempre priva di istituzioni democratiche. A partire dalla Rivoluzione del settembre 1969 furono abolite tutte le istituzioni e la costituzione. Ufficialmente il paese era guidato dal popolo (Jamahiriya) attraverso i consigli locali, di fatto uno stato autoritario. Lo stesso Congresso Generale del Popolo, una sorta di Parlamento senza poteri, costituito da 760 persone di fatto nominate, non aveva voci in capitolo sulle questioni importanti. Lo stesso Muammar al-Qadhafi (Gheddafi) non aveva nessun titolo ufficiale, ma solo custode della rivoluzione. Il sistema legale, costituito da un'insieme di norme civili e legge islamiche, era gestito in modo autoritario. I partiti politici non erano consentiti e oggi si parla già di 130 partiti pronti a entrare nella scena politica.
- quali saranno gli interlocutori occidentali privilegiati del futuro? La Libia è un paese di soli 6 milioni di abitanti (1 milione dei quali vive a Tripoli), ma molto ricco, grazie al petrolio e al gas che rappresentano il 95% della sua ricchezza. Fino ad oggi i partner commerciali ed economici (gli investimenti Libici in Europa, oggi congelati, valgono decine e decine di miliardi di euro) privilegiati della Libia erano l'Italia, la Francia, la Turchia, la Germania e ovviamente i paesi limitrofi (Egitto e Tunisia). Negli ultimi anni si erano inseriti molto velocemente Cina e Corea del Sud. Nel futuro Stati Uniti e Gran Bretagna ( e ovviamente la Francia) chiederanno maggiori spazi. L'Italia è legata da "una canna del gas" alla Libia (il gasdotto Greenstream, inaugurato solo nel 2004 e oggi chiuso) che garantisce una parte importante del fabbisogno di gas e petrolio all'Italia. Per questa ragione l'azienda petrolifera italiana, l'ENI (in Libia da sempre), ha cercato subito di stringere accordi per il futuro e far ripartire il flusso del gas.
- quali saranno le libertà concesse nei prossimi mesi? Il regime di Gheddafi ha retto per oltre 40 anni grazie al rigido controllo dell'informazione, radio e televisioni in particolare, che consentivano, assieme al populismo esasperato del suo leader, di far passare solo poche e filtrate informazioni da fuori paese. Perfino l'accesso alla rete, in Libia si collocava intorno alla 120esima posizione nel mondo (altra grande differenza rispetto alle altre rivolte della primavera araba). Capire che strada prenderà l'infromazione nel paese è di fondamentale importanza.
- riuscirà la Libia a costruire un'identità di stato? La Libia non ha mai avuto una forte identità etnica o religiosa. Il paese pur composto per la totalità da berberi mussulmani sunniti è diviso per grandi clan o famiglie, in eterno contrasto tra di loro. Costruire un'idea di nazione sarà un'altra scommessa per il futuro.
- quale sarà il ruolo dell'Algeria nella crisi libica? L'Algeria oltre ad ospitare la famiglia Gheddafi in fuga e a non aver riconosciuto (per ora insieme al Venezuela) il Consiglio Nazionale di Transizione, non ha esitato a definire "mercenari" i cosidetti ribelli. Tutto può fermarsi alle parole, ma anche no.
- vi sarà una crescita delll'islamismo più radicale anche in Libia? Inutile nascondere che Gheddafi dopo aver costituito una minaccia per l'Occidente e per gli Stati Uniti (supportava i palestinesi, addestrava i terroristi e i golpisti africani, si era avvicinato al radicalismo islamico) è diventato il baluardo nel Mediterraneo contro l'integralismo islamico grazie ad una durissima e sanguinosa repressione. Cosa succederà ora?


Questi sono solo alcuni degli interrogativi a cui oggi credo nessuno sia in grado di dare una risposta chiara e definitiva. La sensazione diffusa, ben condensata in questa simpatica vignetta a lato, è che contrariamente agli altri regimi "saltati" nel Nord Africa di recente, in Libia assisteremo sicuramente ad una dura lotta per il controllo delle risorse e degli accordi commerciali. I libici sono avvisati.

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