martedì 14 maggio 2013

I palazzi reali di Abomey

A partire dal 1685 Abomey (oggi città turistica del Benin) è stata la capitale di uno dei più prosperi regni dell'Africa Occidentale, il regno di Dahomey fondato dall'etnia Fon. Tra il XVII e il XIX secolo furono edificati una serie di edifici, divenuti nel 1985 Patrimonio dell'Umanità UNESCO.
Per l'esattezza, tra il 1695 e il 1900, dodici re che si susseguirono alla guida del potente regno edificarono, utilizzzando materiali tradizionali, 10 palazzi reali in un'area di circa 47 ettari. Originariamente l'intera città era protetta anche da un grande muro di fango.

Gli edifici che sono composti da circa 184 diversi elementi tra cui bassorilievi policromatici, sculture e murales, rappresentano una straordinaria testimoniananza della cultura Fon. Infatti, l'assenza di scrittura, rende questi elementi l'unica rappresentazione della vita di quei tempi.

La città, e di conseguenza chi edifici, fu parzialmente distrutta a seguito di un incendio nel 1892, quando l'ultimo re del regno Dahomey, Behanzin (famoso anche perchè aveva un esercito di donne), diede fuoco a tutto prima di cedere, fuggendo, la città ai francesi.
Nel 1984 un tornado distrusse nuovamente parte degli edifici e nel 1985 l'UNESCO decise di tutelare questo patrimonio, inserendo i Palazzi Reali di Abomey (fino al 2007) nella lista dei Patrimoni dell'Umanità UNESCO in pericolo. 
Oggi in realtà sono due in particolari gli edifici reali in buono stato, entrambi del 1800, quelli del re Ghazo e del re Glelè.
Ancora oggi i discendenti delle famiglie reali si contendono il "titolo" di re ed i palazzi sono ancora utilizzati per le importanti cerimonie, mentre la popolazione nutre una sorta di venerazione sacra per i  defunti reali.

I Fon furono però anche dei commercianti di uomini. La loro prosperità fu per molto tempo dovuta al commercio degli schiavi, che praticavano con grande intensità (del resto siamo in quella che è conosciuta tristemente come la Costa degli Schiavi) con gli europei in cambio soprattutto di armi. Questo aspetto è descritto anche nel libro di Bruce Chatwin pubblicato nel 1980 Il vicerè di Ouidah che racconta appunto la storia di un negriero brasiliano, Dom Francisco Manoel da Silva (ispirato alla figura reale di Francisco Felix da Sousa) che nel Dahomey guida la fiorente tratta degli schiavi direttamente con la famiglia reale (il cui re Ghazo lo nomina vice-re di Ouidah) fino alla sua messa al bando. Dal libro è stato tratto anche un film, Cobra Verde, del regista tedesco Werner Herzog.

Ecco il sito del Museo storico di Abomey
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