mercoledì 1 settembre 2010

Stupri di massa, un'infamia dell'umanità

Nei giorni scorsi si è parlato molto (Africa Express di Massimo Alberizzi), delle quasi 400 donne stuprate, agli inizi di agosto, nella Repubblica Democratica del Congo dalle milizie popolari Mai-Mai (un modo per definire un'insieme di gruppi e bande guidate dai signori della guerra) e dai ribelli hutu ruandesi nel villaggio di Luvungi nella regione del Kivu. Ma in questa regione stuprano tutti: dai ribelli ai filo-governativi, dall'esercito regolare ai militari della missione di pace. Un atto di barbaria che non trova nessuna giustificazione bellica e che contribuisce fortemente a destabilizzare un'area dove già le relazioni e la convivenza etnica è compromessa. Le donne oltre a subire la violenza vengono spesso ripudiate dai mariti, allontanate dai villaggi e sono costrette ad allevare i frutti indesiderati delle violenze. Lo stupro, in quei luoghi in particolare, incide in modo drammatico sul futuro.
Solo nel Sud Kivu e nei primi 10 mesi del 2008, sono state 11.600 le donne che si sono rivolte alle strutture sanitarie per cure (le pratiche utilizzate sono tra le più brutali) dopo aver subito stupri.
Sin dall'antichità lo stupro ha rappresentato un' arma disumana (ammesso che altre armi siano umane) contro la popolazione civile (e contro la donna in particolare). Perfino quella leggenda-storia su cui si basa la fondazione di Roma, e che a scuola ci hanno fatto conoscere addolcita come un atto beffardo e di necessità, il "ratto delle Sabine", altro non era che uno stupro di massa.
Fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando nel 1949 lo stupro fu inserito nella Quarta Convenzione di Ginevra per la protezione della popolazione civile ("le donne dovranno essere difese nel loro onore"), gli atti di violenza contro le donne, seppur formalmente proibiti dai codici militari già dal 1300, erano "ampiamente tollerati". Basti pensare che al processo di Norimberga contro i gerarchi nazisti lo stupro non venne nemmeno perseguitato.
Nessuno può chiamarsi fuori de questa orrenda pratica. I Giapponesi, che nel dicembre 1937 stuprarono tra le 20 e 80 mila donne in quello che è ricordato come lo "stupro di Nanchino", i soldati americani che tra il 1942 e il 1944 stuprarono 17 mila donne inglesi, francesi e tedesche, più o meno lo stesso numero che, sulle stesse popolazioni, fecero i militari dell'Armata Rossa.
E poi ancora le 20-50 mila donne stuprate in Bosnia e poi in Kosovo negli anni '90, le quasi 500 mila donne stuprate nell'assurdo genocidio del Ruanda nel 1994. E ancora le donne stuprate in Birmania, ad Haiti, in Messico, in Argentina, in Sierra Leone, in Liberia, in Sudan, in Algeria e in Somalia.
A questa infame lista non possono essere esclusi i militari delle cosidette "missioni di pace" e i caschi blu dell'ONU, protagonisti di ignobili crimini sessuali, tra tutti i militari italiani in Somalia nel 1997.
Bisognerà aspettare il 1998 quando lo Statuto della Corte Penale Internazionale classifica lo stupro come un crimine di guerra e contro l'umanità (fino ad allora veniva inquadrato nell'ambito dei crimini privati).
Il 20 giugno 2008, con la Risoluzione 1820 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si chiede a "tutte le parti coinvolte in conflitti armati la cessazione completa e immediata della violenza sessuale contro i civili, con effetto immediato".
Purtroppo l'umanità ha imparato che l'applicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite, nonostante i buoni propositi, difficilmente riescono a proteggere le popolazioni civili. La risoluzione 819 doveva proteggere gli abitanti di Srebenica e le altre quattro enclavi della Bosnia, il risultato è tristemente noto. Recentemente durante la sua visita in Kenya, il presidente del Sudan, Omar-Al Bashir non è stato arrestato nonostante un mandato di cattura internazionale per i crimini nel sud Sudan (tra cui gli stupri).
Del resto dal 2003 le inchieste sugli stupri commessi dai funzionari e caschi blu impiegati nelle missioni di Pace dell'ONU sono cresciute notevolmente. In particolare la missione MONUC ( quella appunto in Congo) ha accumulato un numero di denuncie tali da far gridare allo scandalo.

E' chiaro che gli stupri non sono frutto (come qualcuno ha tentato per anni di far passare) della follia di un singolo o di un manipolo di militari o guerriglieri. Gli stupri sono armi di guerra frutto di una precisa strategia militare, concepita a tavolino da menti squilibrate.
Come scrive la giornalista Emanuela Zuccalà " annientare le donne è un metodo sicuro e veloce per riuscire a mutilare intere comunità spaccandole in un invincibile vergogna".


Sono numerosi gli studi, le testimonianze e le analisi su questi tema. Tra gli ultimi il testo curato da Marcello Flores , edito da Franco Angeli nel 2010 dal titolo "Stupri di guerra. Le violenze di guerra contro le donne nel novecento", frutto di una ricerca dell'Università di Siena.

Il sito PeaceWoman (Peace Woman Project) costituisce una punto di riferimento sulle informazioni che riguardano questo tema e più in generale il ruolo della donna nei conflitti del mondo e nella risoluzione degli stessi.

6 commenti:

Fulvio Beltrami ha detto...

Caro Gianfranco,

Complimenti, veramente un bel articolo.

Lo stupro come arma di guerra contro le popolazioni civili.

A questo proposito ti invito a leggere il mio articolo sul dramma degli strupri all'Est del Congo e le mancanze dell'ONU

"L’ONU non ha protetto le vittime di stupro in Congo:

http://www.fainotizia.it/2010/10/25/never-again-l%E2%80%99onu-non-ha-protetto-le-vittime-di-stupro-congo

Ciao

Fulvio Beltrami

Kampala Uganda

Gianfranco Della Valle ha detto...

Caro Fulvio,
ti ringrazio per i complimenti che fanno sempre piacere. Credo che raccontare queste cose si un modo per dare un piccolissimo contributo alla conoscenza - soprattutto nella nostra parte di mondo.
Ho letto il tuo interessante articolo. L'elenco delle tipologie di stupro è decisamente forte, ma è la realtà. Purtroppo non solo i caschi blu non hanno protetto le vittime, spesso ne sono stati gli autori.
A presto
Gianfranco

Anonimo ha detto...

sono reduce da un bellissimo quanto drammatico saggio di Zoja, centauri, che descrive l'allucinazione collettiva, la malattia e l'archetipo dello stupro collettivo..come ben narrato in questo articolo...Diffondere e fare cultura resta uno dei pochi strumenti per invertire la tendenza.. un crimine contro l'umanità di tutti i tempi. la domanda resta senza risposta: PERCHE? grazie!Simona

Della Valle Gianfranco ha detto...

Grazie Simona per il tuo contributo. Condivido che vi è una grande necessità di parlare e di diffondere le notizie su queste cose. Allo stesso tempo non si può permettere che questi crimini restino impuniti, come purtroppo avvviene soprattutto nei confronti di chi ha dato ordini, ha tollerato, ha spinto e pianificato tali atrocità. Il perchè resta la grande domanda a cui possiamo rispondere con dotte teorie o con semplificazioni estreme. Sono però convinto che la matrice mentale, di un pensiero perverso, accumuna in un'unico grande sistema - seppur ovviemente con responsabilità diverse - chi pensa alla donna solo come oggetto e chi pianifica gli stupri di massa.
Ciao e a presto, Gianfranco

Anonimo ha detto...

buona sera cerco aiuto! devo presentare una ricerca sulle cominità Africane in italia!(dove vivono, quali sono le città dove possiamo trovarli,quanti sono,senza documenti,con documenti,refuggiati politici...
Anch'io sto cercando pero non ne facile per me!
se riesco ad avere il vostro aiuto prima di lunedì 16 maggio 2011!GRAZIE!!!!!!!!!!!!!BEATRICE.

Gianfranco Della Valle ha detto...

Cara Beatrice,
non è facile quello che chiedi.... ti posso consigliare di vedere questo mio post (http://gianfrancodellavalle-sancara.blogspot.com/2010/10/immigrazione-africana-in-italia.html) dove c'è un link per il Dossier Africa e Immigrazione, almeno li trovi delle tabelle sulla residenza degli africani nelle varie provincie italiane. Auguri per la tua ricerca
Gianfranco, Sancara

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