lunedì 20 agosto 2012

L'Africa a Londra 2012, luci e ombre

Si sono da poco concluse le XXX° Olimpiadi dell'era moderna, che Sancara ha seguito per quanto riguarda le prestazioni del continente africano, ed è giusto chiudere questo capitolo con un piccolo bilancio. Un bilancio che vede ancora l'Africa ultima tra i continenti del nostro pianeta, superata anche dall'Oceania in cui la sola Australia raccoglie l'intero numero di medaglie del continente africano.
L'Africa con 34 medaglie complessive conquistate a Londra 2012 (11 oro, 12 argento e 11 bronzo) arretra rispetto a Pechino 2008 (40 medaglie), ritornando ai livelli delle precedenti edizioni dei giochi (35 ad Atene 2004, 35 a Sidney 2000). Ecco un approfondimento di Sancara sulle medaglie africane ai giochi.
Arretra anche rispetto al numero di paesi che sono "andati a medaglia" - 10 a Londra, erano 13 a Pechino (9 ad Atene e 8 a Sidney).

In definitiva, nonostante gli sforzi che indubbiamente sono stati fatti, il continente stenta a decollare e perfino in una disciplina come le gare di fondo dell'atletica, vi è qualche piccola flessione (nelle 6 gare dagli 800 metri alla maratona, a Pechino l'Africa aveva vinto 6 ori su 6, a Londra "solo" 4 su 6). 

Vi sono stati comunque dei risultati che meritano di essere sottolineati per la loro importanza. 
Il Botswana (atletica) e il Gabon (teakwoondo) raccolgono la loro prima medaglia della loro storia olimpica, portando così a 26 i paesi africani che hanno conquistato almeno una medaglia. 

Vi è stato poi la storica prima medaglia africana (argento) nella scherma, grazie all'egiziano Alaaedin Abouekassem. Così come il primo oro nel canottaggio (nel 2004 era stato vinto un bronzo) grazie al quattro senza del Sudafrica. Per entrambi vi ho linkato il post di Sancara.

Prima medaglia africana anche per la canoa femminile - grazie al bronzo della Sudafricana Bridgitte Hardley nel K1 500m, che segue solo di un quadriennio, quella raccolta dal Togo nel settore maschile a Pechino 2008.

Habiba Ghribi, foto Souissi
Prima storica medaglia al femminile anche per la Tunisia che grazie a Habiba Ghribi ha ottenuto l'argento nei 3000 metri siepi. Per la Tunisia si tratta della decima medaglia della sua storia (la prima conquistata nel 1960), tutte però al maschile. Alla Ghribi non sono state risparmiate le critiche (con fischi e insulti durante l'arrivo all'aereoporto di Tunisi) per il suo abbigliamento di corsa (con la pancia scoperta) da parte dell'ala islamica più estremista del suo paese.
Per molte donne, invece, Habiba rappresenta un simbolo e un emblema dell'emancipazione in un delicato momento di trasformazione della società tunisina.
Per un approfondimento sulle medaglie olimpiche africane al femminile, ecco un post di Sancara.

Vale la pena anche sottolineare l'impresa sportiva dell'egiziano Karem Ibrahim Gaber, che dopo aver vinto l'oro nella lotta greco-romana (96 kg) ad Atene 2004, aver fallito la qualificazione alla zona medaglie a Pechino 2008 e riusciuto a cogliere uno straordinario argento a Londra 2012, nella categoria 84 kg. Della serie la classe non ha peso.

E' giusto anche segnalare la seconda medaglia d'oro dell'Uganda nella sua storia. Quest'anno grazie al maratoneta Stephen Kiprotich che ha saputo battere gli atleti del Kenya. La sua medaglia del metallo più prezioso giunge a 40 anni di distanza da quando a Monaco, il suo connazionale John Akii-Bue seppe vincere in una difficile disciplina (primo e unico africano a farlo) quale e' il giro di pista con ostacoli.

Oscar Pistorius a Londra, foto The Telegraph
Infine, non per importanza, è africano il primo atleta diversamente abile della storia a partecipare alle Olimpiadi per normodotati e non alle Paralimpiadi. Si tratta del sudafricano Oscar Pistorius, atleta che corre con delle protesi artificiali in fibra di carbonio al posto delle gambe (le sue gli sono state amputate da piccolo a causa di una malformazione). Pistorius dopo una lunga lotta burocratica con il Comitato Olimpico Internazionale ha ottenuto il permesso di correre assieme agli altri, dopo aver ottenuto il minimo tempo richiesto.

Insomma sicuramente ombre, ma anche alcune luci nello sport africano.

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