mercoledì 10 ottobre 2012

10° Giornata Mondiale contro la Pena di Morte

Si celebra oggi la 10° edizione della Giornata Mondiale contro la Pena di Morte, nata nel 2003, indirizzata a sensibilizzare l'opinione pubblica per convincere i governi ad abolire definitivamente la pena capitale.
Ad oggi sono 43 i paesi che ancora mantengono in vigore la pena di morte (erano 54 nel 2005), 36 dei quali sono paesi autoritari o comunque illiberali. Di questi nel corso del biennio 2011-2012 sono 21 quelli che l'hanno applicata, portando nel solo 2011 a 5000 le esecuzioni.

Nel 2011 in testa a questa speciale classifica dell'orrore è la Cina che con circa 4000 esecuzioni (i dati sono poco attendibili) continua - nonostante la costante diminuzione - ad essere il luogo del mondo ove si muore maggiormente per i crimini commessi. Dietro alla Cina si classifica l'Iran, con 676 esecuzioni nel 2011 (in netto aumento, 546, rispetto al 2010).
Al terzo posto l'Arabia Saudita, con 76 esecuzioni nel 2011 (nel 2012 a giugno erano già 45).
Al quarto posto tra gli stati-boia vi sono gli Stati Uniti , uno dei 7 paesi democratici del mondo a mantenere in vigore la pena capitale, che nel 2011 ha mandato al patibolo 43 persone ( nei primi 6 mesi del 2012 sono già 23, mentre oltre 3100 i detenuti in attesa nel braccio della morte).

Tra i paesi africani (vedi il posto di Sancara sulla pena di morte in Africa) che hanno eseguito esecuzioni nel corso del 2011 vi è la Somalia (almeno 11), il Sudan (almeno 7), il Sud Sudan (5), l'Egitto e il Botswana (1).

Ha stupito molto, nel corso degli ultimi mesi, quello che è avvenuto in Gambia, un paese che da oltre 31 non eseguiva condanne a morte e da tutti era considerato come abolizionista di fatto. Il 27 agosto scorso il Gambia ha eseguito 9 condanne a morte, sebbene la cosa che ha più sconvolto sono state le dichiarazioni del Presidente e dei Ministri e le torture precedenti alle condanne.

In Africa si registrano anche alcuni tiepidi segnali positivi, come l'abolizione recente (luglio 2012) della pena di morte in Benin e le moratorie e gli impegni contro la pena di morte attuata da alcuni paesi come la Nigeria, la Liberia, il Ghana, l'Etiopia, l'Uganda, il Marocco e lo Zambia.

Naturalmente quando si parla di pena di morte bisogna essere chiari. Non si tratta di proteggere o solidarizzare con chi ha commesso crimini a volte efferati, ma di stabilire il principio che nessuno, nemmeno chi giudica, ha diritto di disporre della vita di un altro individuo. Questo non significa che la pena (detenzione) non debba essere certa.
Lottare contro la pena di morte significa però anche proteggere (in questo caso sì) chi è condannato in modo sbrigativo e arbitrario alla pena di morte senza aver commesso in realtà crimini. E' il caso delle adultere, degli omosessuali, degli oppositori politici o dei "diversi etnicamente" che in alcuni paesi del mondo ancora vengono perseguitati e giustiziati.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Hai ragione! A me non piace la pena di morte sono contro di tutto questo

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