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venerdì 4 marzo 2011

Emergenza profughi ai confini tra Tunisia e Libia e tra Egitto e Libia.

Qualsiasi crisi politica, con situazioni che si avvicinano più o meno pesantemente alla guerra civile, tra le tante cose generano migliaia e migliaia di profughi. Gente che scappa, spesso donne, bambini e anziani impauriti dalle violenze e dalle repressioni. Raccolgono poche cose, quelle più care, e trasportandole a mano o con mezzi di fortuna cercano di superare il confine per trovare protezione. Ne sanno qualcosa gli operatori dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR in inglese o ACNUR in italiano) che proprio lo scorso anno hanno celebrato i sessanta anni di attività.
Come avviene in ogni crisi umanitaria nel mondo, gli uomini e le donne dell'UNHCR sono i primi a giungere sul posto fornendo la prima assistenza umanitaria. Sono state montate tende, forniti i generi di prima necessità, erogata la prima assistenza sanitaria e cercato di garantire delle minime condizioni igienico-sanitarie. E' stato immediatamente attivata una raccolta fondi per l'Emergenza Nord Africa.
Nel confine tra Libia e Tunisia sono giunti in queste ultime settimane (a partire dal 20 febbraio) 90 mila profughi, altri 80 mila sono approdati al confine tra Libia e Egitto. La situazione appare più grave nel confine con la Tunisia, poichè in quello egiziano per ora la grande maggioranza sono lavoratori egiziani che erano in Libia.
Tra di essi vi sono lavoratori stranieri in fuga dalla Libia (non dimentichiamo che il Libia vi erano/sono circa 2 milioni di lavoratori stranieri) e cittadini libici spaventati. Nonostante, come hanno avuto modo di dichiarare in ogni luogo i funzionari dell'Alto Commissariato, lo sforzo enorme che civili, Mezzaluna Rossa e esercito tunisino hanno messo in campo, la situazione con il passare delle ore diventa sempre più difficile. Non dimentichiamo che entrambi i paesi, Tunisia e Egitto, si trovano in una fase "post-rivoluzionaria" a seguito del collasso dei vecchi regimi, con delle strutture statali ancora molto fragili e con un'alta tensione interna. Certo non nelle condizioni ideali per accogliere profughi.
Da giorni l'UNHCR ha lanciato un'appello per un "urgente massiccia evacuazione delle persone giunte in Tunisia".

La discussione che si è sviluppata su questo tema in Italia ha assunto una strada singolare. Poichè questi paesi sono geograficamente vicini al nostro, si è immediatamente lanciato l'allarme "invasione". L'Italia, secondo qualche indovino, sarà a breve invasa da 300 mila persone in fuga dal Nord Africa (su questo tema vi rimando al Blog di Laura Boldrini, portavoce italiano dell'UNHCR che per prima ha denunciato questo eccessivo allarmismo).
Questo atteggiamento - decisamente incauto - ha fatto dimenticare che in primo luogo l'Italia dovrebbe guardare con attenzione ed essere protagonista dei cambiamenti storici che sono in corso in tutta l'area del Nord Africa. L'avvento della democrazia auspicata - che per ora è solo l'aver defenestrato il tiranno in Tunisia e Egitto o provare a farlo nel mezzo di una durissima repressione in Libia- dovrebbe far scattare ben altre idee e interventi che l'insensata paura dell'invasione.
Stando ai numeri dell'UNHCR sono quasi 20 milioni i rifugiati nel mondo. Vi sono paesi che da decenni vivono con milioni di rifugiati al proprio interno e di questo il nostro paese non sembra interessarsi minimamente. Certo sono lontani da noi.
Perfino la missione umanitaria italiana ai campi profughi, approvata di recente e che è in partenza in questi giorni, sembra più dettata dalla necessità di bloccare quante più persone in Nord Africa, impedendone la partenza, che da reali intenti umanitari. Del resto le dichiarazioni del Ministro dell'Interno sono state chiare: bisogna dare assistenza ai profughi in loco per evitare che, in mancanza di cibo e assistenza, decidano di fuggire e venire da noi.
Esattamente il contrario di quanto suggerisce l'UNHCR.

Un paese che vuole essere leader nel Mediterraneo come l'Italia, certo dovrebbe prepararsi a tutte le emergenze, fornire assistenza e aiuti umanitari, organizzare l'accoglienza nel proprio paese, ma soprattutto attivare tutti i canali diplomatici ed economici (perchè non usare l'ingente patrimonio della famiglia Gheddafi confiscato in Europa per pagare le spese della crisi umanitaria?) per incidere fortemente - pur nel l'assoluto rispetto delle sovranità territoriali - sull' assetto geopolitico dell'intera area. Certo è molto difficile farlo quando fino ad ieri si sono baciate le mani dei dittatori di turno.


martedì 14 dicembre 2010

Alto Commissariato per i Rifugiati, 60 anni di vita

Il 14 dicembre 1950 nasceva l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) o nella dizione inglese (United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR), l'agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati.
Nasceva con il preciso scopo di assistere i rifugiati (lo statuto fu approvato con la risoluzione 428 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite) del dopo seconda guerra mondiale (per tale ragione gli fu conferito il Premio Nobel per la Pace nel 1954).
Inizialmente si occupava solo di rifugiati (chi esce dal proprio stato e non può rientrare per paura di essere perseguitato), poi nel tempo il mandato è stato esteso ai rimpatriati (rifugiati che chiedono di rientrare nel loro paese), ai richiedenti asilo (coloro che hanno chiesto asilo politico e sono in attesa di ricevere risposta), agli apolidi (coloro che non hanno cittadinanza in nessun stato) e sfollati interni (coloro che si spostano all'interno degli stati per conflitti o cause naturali).

Nel 1956 l'Agenzia coordinò le attività di assistenza ai rifugiati durante la Rivoluzione d'Ungheria, nel 1957 assistette i rifugiati cinesi ad Hong Kong e i rifugiati algerini in Marocco durante la guerra d'Algeria.
A partire dalla decolonizzazione africana negli anni '60 l'UNCHR dovette spostare il proprio focus di azione dall'Europa all'Africa, dove il susseguirsi delle grandi crisi del continente (dalla crisi congolese alla guerra del Biafra, fino alle più recenti del Ruanda, del Congo e del Darfur) e la difficoltà (contrariamente all'Europa) di trovare situazioni stabili per i rifugiati, costrinse l'agenzia
ha dedicate alla fine degli anni '60 2/3 delle proprie risorse.
Questo non impedì all'Agenzia di essere presente in Asia durante la nascita dello stato del Bangladesh e successivamente durante la guerra del Vietnam oppure in Medio Oriente ad assistere i profughi della Palestina.
Negli anni'80 l'UNHCR fu chiamata ad una nuova emergenza, il crescere dei conflitti interetnici (in Asia, in Africa e Centro America) dove era sempre più necessaria all'assistenza ai campi profughi, spesso situati in ambienti ostili. Nel 1981 otterrà il secondo Premio Nobel per la Pace.
Da allora il lavoro dell'Agenzia è stata fondamentale in tutti gli angoli più remoti del pianeta: il Sud Sudan, il Ciad, il Darfur, nel Sahara Occidentale, la Repubblica Democratica del Congo, in Iraq, in Afghanistan, nella Ex Jugoslavia, in Kenya.

Sono quasi 120 i paesi dove opera l'UNHCR con oltre 6000 addetti. Le persone assistite nel mondo sono oltre 20 milioni. Questo è l'ultimo rapporto (elativo al 2009, che viene pubblicato ogni giugno - Global Report 2009) dell'UNHCR.
L'Agenzia è spesso la prima a giungere nei luoghi dove vi sono rifugiati (è dei giorni scorsi l'ultimo intervento in Costa d'Avorio, dove a seguito del peggiorare della situazione generata dall'incerto esito elettorale si incominciano a muovere i primi profughi verso la Liberia, la Guinea e il Mali) , che spesso sono donne, bambini e anziani, con il compito di assisterli e proteggerli.

Sono le donne e gli uomini che operano (ed hanno operato) per l'Alto Commissariato per i Rifugiati che devono essere ringraziate per il loro instancabile lavoro in questi 60 anni.



giovedì 4 novembre 2010

Grave situazione umanitaria ai confini tra Kenya e Somalia

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR o UNHCR in inglese) ha lanciato un appello al governo del Kenya perchè blocchi il rimpatrio forzato di più di 8.000 rifugiati somali (la maggior parte bambini, donne e anziani) dal campo di accoglienza Border Point One a Mandera.
La storia è cominciata il 29 ottobre quando l'Alto Commissariato ha lanciato un'allarme perchè a seguito degli scontri tra le milizie del governo provvisorio somalo e i ribelli di al-Shabaab nella città somala di confine Beled Hawo, oltre 7.000 persone erano scappate, trovando rifugio nel camp di Border Point One, a 500 metri dal confine tra Kenya e Somalia, in attesa delle decisioni del governo del keniota.
Il Kenya, stando al report 2010-2011 del Alto Commissariato è il paese dell' East Africa che ospita il maggior numero di rifugiati, in maggioranza provenienti dalla Somalia (oltre 350 mila), ma anche dall'Etiopia e dal Sud Sudan. Nel 2010 saranno spesi, nel solo Kenya, 152 milioni di dollari per i rifugiati (il budget previsto per il 2011 è di 166 milioni di dollari, mentre nel 2009 sono stati spesi 127 milioni).
L'emergenza dei profughi in Kenya è vecchia e grave (del resto la Somalia è in uno stato di anarchia dal 1993, il Sud Sudan è stato in guerra dal 1983 al 2005 e l'Etiopia affronta periodiche crisi soprattutto nella regione dell'Ogaden), al punto che è stato coniato il termine per quella regione di "triangolo della morte" dei rifugiati. Da anni le organizzazioni non governative denunciano la situazione esplosiva dei campi (vedi articolo).

Sempre secondo il rapporto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, sono oltre 10 milioni in rifugiati del mondo (oltre 2 milioni in Africa) che fanno arrivare a oltre 34 milioni ( richiedenti asilo, rimpatriati, apolidi, sfollati interni) le persone in qualche modo assistite dal UNHCR (oltre 10 milioni in Africa). L''80% di essi sono ospitati in Paesi in Via di Sviluppo, spesso aggravando la situazione interna al paese (quello che è successo dopo il genocidio nel Ruanda del1994 della a zona del Kivu nella Repubblica Democratica del Congo è l'esempio forse più drammatico).
La stato del rifugiato fu definito già nel 1951 all'Articolo 1 della Convenzione di Ginevra e tutelato dall'Art.14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948.
Stiamo parlando di persone (la maggior parte donne, bambini e anziani) che improvvisamente sono costrette a raccogliere in fretta e furia i loro averi, abbandonare le loro case e fuggire, oltre i confini, in un altro stato per vivere (per un periodo? per anni? per sempre?) ,quando va bene, in una tendopoli allestita dagli organismi internazionali e dalle organizzazioni non governative. Inutile dirlo che si scappa dalla guerra, dalla fame, dalle violenze e dalle persecuzioni: insomma dalla morte certa.