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giovedì 25 giugno 2015

Pagare per tenerli lontani

La nostra societa' si regge sul denaro. Non vi e' cosa che non possiamo acquistare e non vi e' cosa che non sia in vendita. Domanda e offerta si rincorrono all'impazzata, senza freno. Secondo alcuni non vi e' problema al mondo che non possa essere risolto (o comunque facilitato nella sua soluzione) con il denaro. Lo hanno pensato, e non vi sono motivi per dubitarlo, perfino su quella che molti definiscono emergenza immigrazione. La stampa internazionale ha messo in luce come alcuni governi europei, tra cui quello italiano, abbiano proposto o stiano trattando con il governo Eritreo (l'immigrazione eritrea, dei richiedenti asilo, costituisce la seconda per numero, dopo quella siriana) una soluzione di questo tipo: denaro o sgravi delle sanzioni in cambio di una rigida chiusura delle frontiere.
Naturalmente a nessuno interessa perche' gli eritrei scappano, perche' da quel paese, dove l'opposizione al dittatore Afewerki e' stata cancellata con la forza, la fuga avviene in modo sistematico.  Un paese che le Nazioni Unite hanno denunciato quale portatore di una "cultura della paura". Un paese in cui da tempo non esiste una informazione privata e dove i cronisti stranieri non mettono piede dal 2008. Un paese in cui dal 2007 quasi nessuna Organizzazione non Governativa è autorizzata ad operare. Un paese che occupa il penultimo posto al mondo per la liberta' di stampa (dopo l'Eritrea solo la Corea del Nord).
In molti tenteranno di giustificare il pagamento come una logica difesa delle nostre liberta' e un'azione contro la temuta invasione. Dimenticando che si legittimano, trattando con feroci dittatori, sistemi liberticidi che in altri contesti si contrastano. Trattare in  questo modo significa arricchire e mantenere in piedi sistemi anti-democratici (le promesse elezioni del 1997 sono state rinviate sine die) che certo non favoriscono la distensione e la pace nel mondo. Sistemi che impoveriscono la popolazione e che, con i nostri soldi, finanziano guerre ch altrove generano esodi di massa. Ma impedire di fuggire dalle dittature equivale anche a sospendere sistemi di tutela, quale il diritto all'asilo, su cui si sono fondati i capisaldi dei diritti umani e delle nostre società.
Affrontare il problema in questo modo rappresenta il fallimento di ogni politica di sviluppo e la sconfitta di quei diritti universali per cui le passate generazioni si sono spese, spesso con grandi sacrifici. Ma, allo stesso tempo, alimenta un sistema di relazioni tra paesi ricchi e paesi poveri che finirà, prima o poi, per ritorcerci contro.


Certo i profughi sono merce e come tutte le merci possono essere bloccate da rigidi controlli di frontiera, non lasciarli uscire significa farli diventare carne da macello.

giovedì 31 gennaio 2013

Popoli d'Africa: Cunama

donna cunama, foto dalla rete
I Cunama, piccolo gruppo etnico chiamati anche Baza, sono ritenuti i più antichi abitanti, sin dall'epoca preistorica, dell'Eritrea. Oggi sono complessivamente circa 140 mila individui di cui 110 mila in Eritrea (costituiscono circa il 2% della popolazione), circa 20 mila in Sudan e altri 5 mila in Etiopia. In Eritrea essi occupano, dedicandosi soprattutto a pastorizia e agricoltura (hanno abbandonato quasi totalmente la caccia), i bassopiani sud-occidentali al confine con il Sudan, tra i fiumi Gash e Satit.
Parlano una lingua nilotica, il cunama che solo nel XIX secolo è stata resa scritta grazie al lavoro dei missionari svedesi che nel 1873 produssero la prima grammatica di questa lingua. La lingua cunama, fortemente influenzata dai linguaggi di altro ceppo vicini, ha fatto porre seri quesiti sulla sua classificazione agli etnolinguisti.
foto dalla rete
Molto di quello che si sa sui Cunama si deve al lavoro di Alberto Pollera, funzionario militare e civile dell'amministrazione coloniale italiana che soggiornò a lungo in Eritrea (dal 1894 al 1939, quando morì) studiando i comportamenti e le relazioni sociali soprattutto dei Cunama e dei Baria. Gran parte di quello che oggi si sa su questo gruppo etnico si deve al suo minuzioso lavoro di osservazione (la prima pubblicazione fu del 1913), in un gruppo in cui prevale una struttura sociale "equalitaria", dove le importanti decisioni sono prese a maggioranza dall'assemblea degli anziani (mohaber). Non vi sono quindi capi villaggi e prevale su tutto la collettivizzazione delle decisioni, con la possibilità di risolvere alcuni contenziosi affidandosi all'essemblea degli anziani del villaggio vicino. Così come esiste un grande rispetto e considerazione per il ruolo delle donne. Tra le ipotesi di Pollera vi è anche quella che fino all'anno 1000, i Cunama e i Nara (gruppo etnico che vive nella stessa area) fossero un'unica entità.
Anche l'EPLF (Fronte Popolare per la Liberazione dell'Eritrea), neglia nni '80 (precisamente dal 1982 al 1989) studiò i comportamenti e le abitudini dei popoli eritrei, sebbene queste pubblicazioni pare siano disponibili solo in lingua tigrina.
Alla fine dell'800 (nel 1886 per la precisione), questo popolo fu soggetto ad un vero e proprio sterminio, quando l'allora sovrano del Tigray, Ras Alula, fece sterminare un terzo della popolazione Cunama perchè non voleva sottoporsi al dominio del sovrano. Da allora i Cunama accrebbero il loro isolamento.

Da un punto di vista religioso tradizionalmente i Cunama credono in un unico dio, chiamato Anna, creatore del cielo e della terra, che si disinteressa quasi totalmente della sorta degli uomini. Le tradizioni lentamente stanno lasciando il posto all'islam e soprattutto al cristianesimo.
Sono abililissimi danzatori. La danza è un modo per rievocare e custodire la loro storia.

Recentemente, durante la guerra tra Etiopia e Eritrea del 1998-2000, i Cunama si sono trovati, involontariamente, al centro della disputa di confine, e sono stati costretti a lasciare i loro villaggi. All'epoca, migliaia di loro, furono assistiti come profughi dagli organismi internazionali.

Vai alla pagina di Sancara sui Popoli dall'Africa

giovedì 24 maggio 2012

24 maggio 1993, l'Eritrea è indipendente

Una guerriera del FPLE
L'Eritrea è stato il penultimo stato divenuto indipendente in Africa (dopo di lei il Sud Sudan nel 2011). La sua è stata una conquista faticosa, frutto di una guerra d'indipendenza, spesso dimenticata e inascoltata, durata 30 anni (1961-1991). 
Una guerra di liberazione che ha visto, fin dal 1976, una forte partecipazione femminile, tanto che alla vittoria finale circa il 30% dei guerriglieri era di sesso femminile.
Tra gli addestratori delle donne eritree vi fu anche lo scrittore svedese Stieg Larsson, autore della fantastica trilogia Millennium.
Il nome Eritrea, derivato dal greco erythros, rosso, per rimarcare la sua posizione sul Mar Rosso, fu coniato dagli italiani quando alla fine XIX colonizzarono quest'area.
Il paese fu conquistato dagli italiani a partire dal 1879 (ufficialmente colonia fu dal 1890), che oltre a far sviluppare il porto di Massaua, che ne divenne la capitale, ammodernarono il paese (ad esempio con la costruzione della ferrovia Massaua-Asmara) e favorirono una massiccia migrazione di italiani in Eritrea. Al censimento del 1939, su 98 mila abitanti, ben 53 mila erano italiani. 
Gli italiani usarono l'Eritrea come base per tentare la conquista dell'Abissinia (Etiopia), fallendo nel 1895 con la nota sconfitta di Amba Alagi e riuscendoci solo per un breve periodo dal 1936 al 1941.
E' appunto nel 1941 che l'Italia venne sconfitta dagli inglesi che occuparono l'Eritrea fino al 1947 (restituendo all'imperatore Haile Selassie il controllo dell'Etiopia), e successivamente ottenendo dalle Nazioni Unite il protettorato sul paese. Nel 1952, la diplomazia internazionale, dopo estenuanti trattative, decise di concedere all'Eritrea una risicata autonomia in seno ad una Federazione con l'Etiopia. Questa scelta equivalse a concedere carta bianca agli etiopici: già nel 1960 l'Eritrea era poco più di una provincia etiope e nel 1962 fu definitivamente annessa. Nel momento storico in cui l'Africa si apprestava a decolonizzare il suo territorio (nel 1960 nacquero 17 nuovi stati africani), vi fu anche una delle prime "colonizzazioni" africane.
Hamid Adris Awate, foto dal blog WRNZLA
Nel frattempo, nel luglio 1960 al Cairo, era nato il primo nucleo di resistenza eritreo chiamato Fronte di Liberazione Eritreo (FLE) ad opera di intellettuali e studenti in esilio. Nel settembre 1961, l'ala militare guidata da un ex-ascaro (i militari eritrei dell'esercito coloniale italiano) formatosi in Italia, Hamid Idris Awate, lanciò la guerriglia di indipendenza contro l'Etiopia. Awate, che oggi è ritenuto un eroe nazionale, morì nel 1962, ma la guerriglia continuò con alterne vicende fino al 1970, quando un'ala più radicale, guidata dall'attuale Presidente dell'Eritrea, Isaias Afewerki (che aveva studiato in Cina le tecniche di guerriglia rivoluzionaria), fece nascere il Fronte Popolare di Liberazione Eritreo (FPLE) che sarà ufficialmente costituito nel 1973. Tale divisione creò anche dei conflitti interni ai due gruppi (guerra civile eritrea 1976-1981).
Nel 1974 in Etiopia il regime di Haile Salassie, dopo 44 anni, fu deposto dai militari. Gli eritrei, alle prese con una lotta interna, sperarono in un cambio deciso di linea, ma non fu così. Nel 1977, il potere fu assunto da Mengistu (l'uomo che fu poi ricordato per aver istituito il "terrore rosso") che entrando nell'orbita socialista destabilizò non poco le alleanze del FPLE che nel frattempo aveva avuto la meglio nella lotta interna. Infatti, grazie agli imponenti aiuti militari sovietici, l'Etiopia lanciò una massicca offensiva contro le basi eritree, che accusarono il colpo. Solo nel 1984 l'FPLE fu in grado di riorganizzarsi e rilanciare una seria controffensiva.
foto dal sito del Ministero dell'Informazione Eritreo
Alla fine degli anni '80, quando l'Unione Sovietica annunciò la fine della cooperazione militare con l'Etiopia, la guerriglia eritrea aveva già formalizzato una forte alleanza, stretta nel 1988, con gli etiopici del Movimento di Liberazione Popolo Tigrino (TPLF) con l'obiettivo di favorire la liberazione dell'Eritrea e la deposizione del regime di Mengistu.
Il 24 maggio 1991 il FPLE entrò vittorioso ad Asmara (ancora oggi per gli eritrei è la data ufficiale di indipendenza). Pochi giorni dopo fu festituito Mengistu. L'Eritrea era libera e così pure l'Etiopia.
Nell'aprile 1993 fu svolto un referendum sotto vigilanza delle Nazioni Unite che fu vinto dai fautori dell'indipendenza con il 99,78%. Il 24 maggio del 1993, l'Eritrea divenne ufficialmente il 53° paese indipendente dell'Africa.


La presidenza del paese fu accordata al leader del FPLE, Isaias Afewerki, che ancor oggi, senza aver più svolto le elezioni promesse, guida il paese. I rapporti tra Etiopia e Eritrea si sono deteriorari lentamente (del resto l'Eritrea ha tolto all'Etiopia qualsiasi sbocco al mare), fino al 1998, l'anno in cui è scoppiata la prima guerra tra di loro. Ancora oggi i rapporti sono tesi e scaramuccie, quanto non vere e proprie guerre, si ripetono periodicamente.

Vai alla pagina di Sancara sulle Date storiche per l'Africa

sabato 7 agosto 2010

1960-2010, cinquanta anni d'indipendenza

Oggi 7 agosto 2010 è il 50° anniversario dell'indipendenza della Costa d'Avorio (dal dominio francese). In realtà il 1960 porterà all'indipendenza ben 17 stati africani. Si comincerà con il Camerun il 1 gennaio 1960 per finire, il 28 novembre 1960 con la Mauritania.
L'ordine cronologico sarà Senegal, Togo, Madagascar, Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), Somalia, Dahomey (oggi Benin), Niger, Alto Volta (oggi Burkina Faso), Costa d'Avorio, Ciad, Repubblica Centroafricana, Congo, Gabon, Mali, Nigeria e Mauritania.
Di questi 14 si staccheranno dalla Francia, uno dal Regno Unito, uno dal Belgio e uno, la Somalia, in parte dall'Italia e in parte dal Regno Unito.
In quell'anno, il 1960, nel mondo, vi sarà anche l'indipendenza di Cipro (16 agosto).

In un solo anno, gli stati africani indipendenti passeranno da 9 a 26.

Fino al 1960 erano 9 gli stati africani indipendenti: Etiopia (da quasi 2000 anni), la Liberia (dal 1847), il Sudafrica (dal 1910), l'Egitto (dal 1922), la Libia (dal 1951), il Sudan, il Marocco e la Tunisia (dal 1956) e il Ghana (dal 1957).

L'ultimo paese africano a raggiungere l'indipendenza è stata l'Eritrea (24 maggio 1993), fino ad allora parte dell'Etiopia. Nel mondo l'ultimo paese "nato" è il Montenegro (3 giugno 2006).

Aggiornamento 2011: il 9 luglio 2011, è diventato il Sud Sudan l'ultimo paese nato in Africa e nel Mondo.

A distanza di 50 anni - periodo relativamente breve per una struttura statale - la situazione di questi paesi è alquanto complessa. Alcuni vivono situazioni di guerra franca da decenni (ad esempio la Repubblica Democratica del Congo) , altri hanno delle strutture statali fragili e in balia di prese di potere non democratiche (ad esempio il Niger, il Madagascar, la Guinea Bissau) e aktri ancora appartengono, seppur nelle difficoltà tipiche dell'Africa, a paesi con strutture statali solide (ad esempio il Senegal, uno dei pochi paesi africani che non hanno vissuto un colpo di stato). Infine la Somalia, che vive da 20 anni in uno stato di totale anarchia (nel colpevole silenzio della comunità internazionale). Il cammino dell'Africa è ancora lungo e difficile.