mercoledì 26 settembre 2012

Menghistu Hailè Mariam e il terrore rosso

Menghistu Hailè Mariam è stato un dittatore che ha guidato l'Etiopia dal 1977 fino alla sua deposizione avvenuta nel 1991. A partire dalla sua presa di potere scatenò una violenta repressione contro tutti gli oppositori . Tale periodo viene ricordato come il "terrore rosso" visto che Menghistu si spacciava per fervido assertore del comunismo.
Menghistu, figlio di un militare, è nato nel 1937 e nel 1966 si è diplomato all'Accademia Militare di Addis Abeba. Dal 1967 al 1971 è negli Stati Uniti a perfezionare i suoi studi miliari e viene in contatto con i movimenti radicali dei neri americani.
Tornato in Etiopia è posto al comando di un battaglione (diventerà poi colonnello) e come tale partecipa a partite dal 1974 (dopo il golpe che depone l'ultimo e il 225° imperatore etiope,  Haile Salassie, il 12 settembre 1974) al DERG, un Consiglio delle Forze Armate che detiene il potere nel paese. Diventa ben presto - grazie al suo radicalismo, alla sua determinazione e all'eliminazione fisica dei suoi superiori - l'uomo forte ed il 3 febbario 1977, alla morte del leader Tafari Bante avvenuta durante una riunione del Derg che si concluse con una sparatoria in cui morirono 58 persone, assunse il pieno controllo del Derg.
Da quel momento Menghistu ebbe come obbiettivo principale l'eliminazione dei suoi oppositori - accusati di contro-rivoluzione - cosa che avvenne nel biennio 1977-78. Ad uno ad uno membri del partito EPRP (Partito Rivoluzionario del Popolo Etiope), rappresentanti delle società civile, religiosi, oppositori e membri dei gruppi indipendentisti Eritrei caddero sotto le armi del regime. Anche l'imperatore Salassie e il Patriarca Ortodosso della chiesa Etiope fecero la stessa fine nelle carceri di Addis Abeba. Amnesty International ha stimato che oltre 500.000 persone furono eliminate durante la dittatura.
La politica interna di Menghistu era l'esasperazione (con eccessi in tutte le direzioni) del modello comunista-marxisita, destinato a soppiantare l'antica struttura feudale della società etiope, supportato sin dal 1977 (prima di allora erano gli Stati Uniti a supportare militarmente l'Etiopia) da forti aiuti militari da parte dell'Unione Sovietica (che finivano per aiutare la repressione interna piuttosto che la difesa da attacchi esterni - la Somalia aveva tentato l'invasione dell'Etiopia a partire dal luglio 1977).



Bisogna collocare la vicenda dell'Etiopia nel contesto storico adeguato. Il Paese, unico tra quelli africani, non aveva mai conosciuto l'umiliazione della colonizzazione (fatto salvo una breve -1936-41 - occupazione italiana durante la seconda guerra mondiale) e dopo aver rappresentato un riferimento per i nuovi stati africani (nel 1963 l'imperatore etiopico Salassie avevà fortemente stimolato la nascita dell'Organizzazione dell'Unità Africana, oggi Unione Africana) divenne importante luogo strategico per il controllo del continente durante gla fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, quando si combattavano ancora guerre d'indipendenza (il tutta l'area lusofona) e vi era necessità di controllare le risorse del continente. La cooperazione militare americana in Etiopia era alta.
Quanto il DERG salì al potere nel 1974 - facendo di fatto entrare l'Etiopia nella sfera socialista - le guerre in Angola, Mozambico e Guinea Bissau si erano concluse con la vittoria dei partiti assistiti da Cuba e Unione Sovietica. Con l'Etiopia una fetta importante del continente cadeva sotto il controllo sovietico. Questo certo non era tollerabile.

La situazione si aggravò in modo determinato durante la carestia del 1984-85 quando a fronte di una situazione esplosiva sotto il profilo alimentare (mentre i governi occidentali ignoravano le richieste di aiuto), la risposta del governo fu esclusivamente un calcolo politico (come il tentativo di spostare forzatamente intere popolazioni dalle zone colpite dalla siccità). Ecco come in questo pezzo del 1985, Angelo Del Boca sulle pagine di Nigrizia, vede la situazione del regime etiopico in occasione del decennale della "rivoluzione".

Solo il 21 maggio 1991, a seguito di un'azione congiunta tra la resistenza etiope e quella eritrea, Menghistu, oramai isolato internazionalemnete e privo degli aiuti sovietici, sarà costretto alla fuga nello Zimbabwe, dove ancora oggi vive prestando consulenza all'anziano capo di stato Mugabe. Nel 2008 è stato condannato, in contumacia, alla pena di morte per genocidio.

E' probabile che anche senza di lui, l'Africa oggi, sarebbe diversa.

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