martedì 30 novembre 2010

Fasil Ghebbi, la fortezza etiope

Fasil Ghebbi è una città fortificata che si trova nella regione di Amhara, vicino alla città di Gondar, in Etiopia. Tra il XVII e il XVIII secolo fu residenza imperiale.
Nel 1636 l'Imperatore Fasilides (1603-1667) trasferì la capitale dell'Impero Etiopico a Gondar costruendo gran parte degli edifici. Le ragioni del trasferimento (in realtà fino ad allora la residenza reale era semi-nomade) non sono ben chiare e trovano, in alcune leggende, delle motivazioni "divinatorie". Fasilides regnò dal 1632 all sua morte nel 1667. Gondar fu capitale dell'Impero fino al 1864.
Qualcuno ha nominato il sito come la "Camelot d'Africa", la leggendaria fortezza di Re Artù.
Lo stile architettonico risente di differenti influssi come quelli dell'architettura araba, di quella indiana e di quella barocca.
Il complesso include diversi edifici, tra cui restano visibili 8 palazzi, 3 chiese e monasteri e le mura di cinta e alcuni ponti. Tra i palazzi vi è il Palazzo di Iyasu, descritto come un grande edificio (secondo alcune testimonianze più grande della casa di Salomone) finemente decorato di oro, avorio e intarsi di legno, di cui oggi (come gran parte del sito) si intravedono solo gli antichi fasti. Solo il Castello di Fasilides (nella foto) si trova ancora in condizioni accettabili.
I monumenti furono restaurati una prima volta durante l'occupazione italiana dell'Etiopia (1935-1941) e successivamente, tra il 1968 e il 1973 quando l'UNESCO lanciò una vasta campagna di tutela del patrimonio artistico Etiopico. Le missioni sul restauro furono affidate all'architetto italiano Sandro Angelini (1915-2001)

Dal 1979 il sito è riconosciuto come Patrimonio dell'Umanità Unesco.

Ecco alcune foto di Fasil Ghebbi, o altre.

lunedì 29 novembre 2010

Popoli d'Africa: Masai

I Masai sono un popolo nilotico (sono quelli che vivono più a sud del gruppo, giunti nella zona del Lago Turkana tra il 14° e il 16° secolo), composto da un'insieme di popolazioni distinte, che abitano gli altipiani ai confini tra Tanzania e Kenya. Complessivamente raggiungono circa 600 mila persone più o meno equamente distribuiti tra i due paesi. In particolare in Kenya abitano nei distretti di Narok e Kajiado. Seppur ritenuti un popolo nomade, in realtà essi sono degli allevatori transumanti, cioè che seguono gli spostamenti degli animali che allevano. Negli ultimi decenni si è diffuso fortemente l'agricoltura anche a seguito della perdita di terreni di pascoli dovuti all'istituzione dei grandi parchi naturali che ne hanno limitato gli spostamenti.
Il bestiame (bovini) costituisce la base della ricchezza ed è ritenuto un segno del prestigio sociale. Ogni parte dell'animale è utilizzata soprattutto dopo la sua morte. Le mucche costituiscono denaro negli scambi tra Masai.
Parlano la lingua maa, del gruppo delle lingue nilo-sahariane.
L'organizzazione sociale dei Masai è di tipo acefala, poggia su clan patrilineari (dove è l'anziano, ovvero il consiglio degli anziani, a prendere le decisioni importanti) e su di un sistema di classi d'età di circa 15 anni, in cui non si accede individualmente e in qualunque momento, ma collettivamente e in periodi definiti. I vari passaggi da iniziato, a guerriero (Moran), a giovane anziano e anziano sono scanditi da riti e cerimonie. Analoghi riti di iniziazione è previsto per le donne, fino al matrimonio (agli uomini è consentito avere più mogli, in genere da 2 a 4). Tra le donne Masai viene praticata la mutilazione genitale, nelle forme della clitoridectomia e talora dell'escissione. Gli uomini sono circoncisi. I Masai sono monoteisti (nonostante vi sia stata una certa influenza della religione cristiana) e credono in un dio chiamato Enkai.
I Masai non posseggono strumenti musicali. Le loro danze e i loro riti sono accompagnati dal canto. Ricchi sono gli ornamenti che vengono usati (sia dalla donne che dagli uomini) e che mescolano materiali diversi come metalli (rame e ferro), legno, perline colorate, semi e bacche.
Nei loro rituali è frequente bere, direttamente dalla giugulare, il sangue dei bovini che talora è mescolato con il latte.


Ecco la scheda sui Masai, dal sito dell'organizzazione Survival- Movimento per i popoli indigeni. Mentre vi è un sito che approfondisce la cultura e l'attualità dei Masai del Kenya, dove tra le altre cose sono riportati dei anche dei documenti storici e approfondimenti divisi per argomento.
E' da segnalare che tra i Masai vi è un'alta incidenza dalla positività all'HIV ( maggiore del 20%).

domenica 28 novembre 2010

Musica: Youssou N'Dour

Youssou N'Dour, è forse oggi la voce più conosciuta dell'Africa. Nasce a Dakar, nel quartiere di Medina, nel Senegal il 1 ottobre 1959. Provveniente da una famiglia di griot wolof (cantastorie, responsabili della prosecuzione della tradizione orale) sviluppa fin da bambino il suo talento che è il canto, esibendosi nelle feste e nelle cerimonie. A 16 anni (1975) , quando già è molto conosciuto attraverso la radio, registra il suo primo singolo, M'ba.
Nel 1977 assieme a Assane Thiam, Bubacar Faye e altri sei musicisti, forma l'eclettica Etoile de Dakar, che mette insieme elementi della tradizione africana, il jazz e l'influenza latino-americana. Da questa esperienza si svilupperà il genere mbalax, un misto tra la tradizione percussionistica senegalese e arrangiamenti afro-cubani.
Nel 1981 il sodalizio si rompe e Youssou fonda la Super Etoile de Dakar. Mentre cresce il suo suuccesso in patria, nel 1984 N'Dour parte da parigi per il suo primo tour europeo. Tornati in patria, lui e la sua band, partono per un tour africano che tocca quasi tutta l'Africa occidendale. Nel 1989 incide il suo primo album, The Lion, prodotto dalla Virgin. Nel 1994 anche a seguito del duetto con la rapper svedese (di padre sierraleonese), Neneh Cherry, ottiene il successo internazionale con la canzone 7 seconds che vende 1,5 milioni di copie. Esce, nello stesso anno, l'album The Guide che resta ai vertici delle classifiche europee.
Da allora Youssou N'Dour diventa una star internazionale, collaborando e suonando con artisti del calibro di Peter Gabriel e Patti Smith e partecipando ai più grandi concerti di solidarietà come stella acclamata del firmamento musicale africano.
Nel 1998 compone e canta l'inno dei Mondiali di Calcio di Corea/Giappone e nello stesso anno è autore delle musiche del film d'animazione del francese Michael Ocelot Kiriku e la straga Karabà.
Dal 2000 è ambasciatore della FAO.




Vi posto anche la scheda su Youssou N'Dour di OndaRock.
Il sito ufficiale di Youssou N'Dour è www.youssour.com.


Di Youssou N'Dour ho qualche ricordo personale. Nel periodo 1992-1994, mentre vivevo in Gambia, nella zona di Bansang, ci capitava di andare a mangiare o a trascorrere il week-end al Jang Jang Burreh Camp di Lamin Koto. A quei tempi il Camp, con dei bungalows con tetto di paglia in stile africano, era gestito da Monique (una ragazza, credo belga) e suo marito originario del Gambia. Era (e mi auguro sia ancora) un luogo straordinario, immerso nella natura sulle rive del fiume Gambia. Vi abitavano scimmie e una quantità enorme di uccelli. Per noi era l'unico posto nei dintorni dove mangiare un ottimo pollo yassa o dei gamberi del fiume, annaffiato da una birra locale fredda. Era il luogo ideale dove rilassarsi e concentrarsi, poichè, salvo alcuni periodi dell'anno in cui arrivavano gruppi di turisti, era poco frequentato. Youssou N'Dour e il suo gruppo erano abituali frequentatori di quel luogo, dove evidentemente trovavano la giusta concentrazione per le prove. Qualche volta mi è capitato di incontrarli o di sentirli suonare. Uno di questi ritiri, si concluse una sera con un concerto gratuito a Basse, piccola cittadina a 70 km da Jang Jang Burreh Camp, dove credo che nel campo sportivo dove era montato il palco vi fossero tutti, ma proprio tutti, i 5000 abitanti di Basse.

sabato 27 novembre 2010

Libri: Dalla parte dei leoni

Dalla parte dei leoni è un libro scritto nel 1995 da Giampaolo Calchi Novati, uno dei massimi esperti italiani di Africa, ed edito da Il Saggiatore.
Per ammissione delle stesso autore non è un libro di storia, bensì un libro che risponde all'esigenza di chiarezza del pubblico, disorientato dalle notizie sull'Africa.
Il testo allora ruota intorno ad alcuni grandi argomenti che vengono analizzati in modo semplice, ma con estrema rigorosità e chiarezza da chi conosce intimamente l'Africa e la sua "diversità". Il primo tema è la percezione deformata dell'Africa da parte della cultura euro-occidentale (Capitolo 1: la realtà come metafora).
Il secondo tema è la difficoltà de l'Africa incontra a riappropriarsi della propria storia (Capitolo 2: i tempi della storia). Il terzo tema è quello delicato della compatibilità ( o meno) della soluzione dello stato nazionale introdotto con l'indipendenza ( Capitolo 3: la speranza e la paura). Indine, l'ultimo tema è quello dl funzionamento delle istituzioni democratiche in Africa (capitolo 4: così leggero e così pesante).
Gianpaolo Calchi Novati, anche attraverso il racconto di esperienze personali, si pone l'ambizioso obiettivo di "ricercare il vero volto del continente nero".


Giampaolo Calchi Novati è un ricercatore e docente di Storia e Istituzioni dei paesi Afro-Asiatici presso la Facoltà di Scienpe Politiche dell'Università di Pavia. Si è sempre occupato di colonialismo e decolonizzazione, di Corno d'Africa e del terzo mondo nelle relazioni internazionali. E' autore di numerosi testi inerenti l'Africa.

venerdì 26 novembre 2010

Gli Stati Uniti contro l'Esercito di resistenza del Signore

Ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha presentato ai senatori e ai deputati americani la stretegia per disarmare il Lord's Resistence Army (LRA, in italiano Esercito di Resistenza del Signore), gruppo di spietati ribelli ugandesi, guidati da Joseph Kony, che dal 1987 terrorizza le inermi popolazioni ugandesi e che da qualche anno ha sconfinato nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e nel Sud del Sudan. La stretegia annunciata dal presidente americano fa seguito alla promulgazione di una legge approvata lo scorso 25 maggio, in cui, anche a seguito dei rapporti dell'Human Rights Watch (HRW) sui crimini commessi dall'LRA, in cui gli Stati Uniti si impegnano a metter fine alla brutalità commesse dall'Esercito di Resistenza del Signore. La strategia si sviluppa in quattro punti : protezione dei civili, rimozione del comandanti dell'LRA, disarmo delle milizie armate e aumento dell'assistenza umanitaria alle popolazioni. Non è chiaro ancora quanti fondi saranno stanziati nè sono chiari i dettagli dell'intervento. E' chiaro invece che l'intento americano è quello di eliminare un possibile elemento di conflitto dal Sud Sudan (dove il 9 gennaio 2011 si terrà il referendum per l'indipendenza) e dove da anni l'LRA stringe accordi con il governo centrale di Khartoum contro le spinte indipendentiste delle popolazioni del Sud.

L'LRA è accusata di violazione sistematica dei diritti umani, di stupri, rapimenti, massacri mutilazioni (tra le più diffuse quelle del taglio della bocca, del naso e delle orecchie) , nonchè di usare bambini soldato.
Si calcola che dal 1987 vi sono stati 12.000 morti, 2 milioni di persone costrette a lasciare le loro case a causa delle violenze e dei massacri e, cosa molto più drammatica, tra i 24 mila e i 38 mila bambini rapiti dall'LRA (di cui un terzo bambine). Dei rapiti molti vengono costretti a combattere, mentre le bambine sono usate come schiave sessuali e domestiche.

L'LRA nasce nel 1987 a seguito della prese di potere dell'attuale presidente dell'Uganda Joweri Museveni (gennaio 1986) che defenestra il generale Tito Okello,a sua volta golpista, di etnia Acholi del nord del paese. Nel nord (Acholiland) nacque , a partire dall'agosto 1986, la resistenza a Museveni, guidata dalla profetessa Alice Aume di una setta millenarista denominata Holy Spirit Movement e che sosteneva di essere posseduta da uno spirito. Il movimento tentò di fronteggare l'esercito ugandese marciando verso la capitale Kampala, ma subì una sonora disfatta. Alice visse fino alla sua morte , nel 2007, in Kenya. Dalle file dell'Holy Spirit Movement, nacque, ad opera di un presunto cugino di Alice Aume, Joseph Kony (che sostiene di essere un medium) il Lord's Resistence Army che si prefigura di instaurare in Uganda una teocrazia basata sui dieci comandamenti.
In realtà stiamo parlando di un pazzo invasato, che nel pieno di un delirio mistico-religioso (Kony mischia in modo arbitrario e sconclusionato elementi del cristianesimo con elementi islamici) ha messo per decenni in ginocchio il nord dell'Uganda.
Per Kony, che è un criminale, vi è un mandato di cattura internazionale da parte del Tribunale Penale Internazionale, ma pare che nessun realmente si muova per catturarlo. Come qualcuno ha avuto modo di dire, "Osama Bin Laden nei confronti di Joseph Kony sembra un agnellino, eppure non vi è stato nessun schieramento di forze internazionali ".

giovedì 25 novembre 2010

Popoli d'Africa: Mursi

I Mursi (o Murzu) sono un gruppo etnico nomade che vive nella bassa valle del fiume Omo, nel Sud-Ovest dell'Etiopia. Essi vivono all'interno e tra due grandi parchi: l'Omo National Park (istituito nel 1966) e il Mago National Park (istituito nel 1978). Dall'ultimo censimento del 2007 sono 7.500 gli individui Mursi, di cui 448 vivono in aree urbane. Il 97% è analfabeta.
Essi sono animisti, anche se un 15% è di religione cristiana.
Parlano la lingua mursi, del gruppo delle lingue surmiche.
Nonostante siano un piccolo numero, sono molto conosciuti nel mondo (nella rete si trovano migliaia di immagini di questo gruppo) per l'usanza delle donne di applicare un piattello (in legno o in terracotta) sul labbro inferiore (assieme alle etnie Chai e Tirma sono gli unici a farlo in Africa). Verso i 15-16 anni il labbro inferiore viene inciso (spesso dalla madre o da un'altra donna del villaggio) e si posizionano piattelli sempre più grandi (alcune arrivano ad avere piattelli di 12 cm e più di diametro).
L'origine di questa usanza è ancora in discussione. Sebbene molti sostengono che l'uso del piattello era un modo per sfigurare le donne ed impedirne la tratta da parte degli schiavisti, resta il fatto che gli stessi Mursi non sono in grado di spiegare l'origine di questa usanza.
L'organizzazione sociale dei Mursi è (come molti popoli dell'area) per classi di età. Non vi sono capi, bensì dei leader "politici" chiamati jalabai scelti per le loro doti di oratori e dei leader religiosi (l'unico leader formale) , chimati komoru, che sono una sorte di "prete" con funzioni religiose e rituali.
La popolazione è divisa in 5 grandi gruppi (bhuran) ed in almeno 18 clans probabilmente discendenti da diverse mogli di un unico maschio.
Tra i giovani si praticano duelli rituali (che assumono nomi diversi nei diversi clans) usando bastoni di legno e indumenti protettivi.
I Mursi attuano un nomadismo stagionale nel senso che si spostano durante le stagioni per trovare pascoli fertili per il proprio bestiame. Inoltre coltivano principalmente il sorgo.
Secondo gli studi disponibili i Mursi migrarono circa 150 anni fa dall'ovest, giungendo sulla riva est del fiume Omo. All'inizio del secolo scorso una seconda migrazione li porto più a nord verso il fiume Mara.



Vi segnalo il sito MursiOnLine curato dal Dipartimento Sviluppo Internazionale dell'Università di Oxford che è ricco di documenti, approfondimenti e cartografia.

Popoli d'Africa : Mandinka

I Mandingo o Mandinka o Malinke sono uno dei maggiori gruppi etnici dell'Africa Occidentale e appartengono alla più ampia famiglia del gruppo Mandè (quasi 27 milioni di individui).
Uno stima porta a 11 milioni i membri della grande famiglia dei Mandinga. Di questi 3,1 milioni in Costa d'Avorio (20% della popolazione), 3 milioni in Guinea (30%), 2,6 milioni in Mali (22%), 2 milioni in Burkina Faso (15%), 1,9 milioni in Niger (15%), 700 mila in Gambia (42%), 690 mila in Senegal (7%), 460 mila in Ciad (5%), 460 mila in Sierra Leone (8%), 240 in Liberia (7%) e 210 in Guinea Bissau (13%).
Solo in Gambia i Mandingo rappresentano il gruppo etnico maggioritario.
La quasi totalità (99%) è oggi di religione mussulmana. Tra di essi parlano un gruppo di lingue e dialetti - lingue mandingo - appartenenti alla famiglia linguistica delle lingue mande.
I mandinga costruirono uno dei più grandi imperi del medioevo africano, l'Impero del Mali (1235-1645), fondato da Sundiata Keita e successivamente altri regni che hanno continuato a vivere fino al periodo coloniale. I Mandinga, per la loro ubicazione costiera, sono stati i più colpiti dalla tratta degli schiavi, secondo alcuni studi un terzo della popolazione fu deportato. Gran parte degli afro-americani discende infatti dai mandingo (tra di loro le storie narrate dal famoso sceneggiato televisivo Radici).
Agli inizi del XVIII sec., a seguito dei conflitti con l'etnia Fula, iniziò la conversione all'islam dei mandinka, che fino ad allora erano animisti.
Storicamente vivono in zone rurale dedicandosi all'agricoltura, infatti la loro diffusione avviene lungo le direttrici dei fiumi (il Niger e il Gambia) alla ricerca di terreni sempre migliori. Coltivano arachidi, riso e miglio. Sono anche abili sarti. Le loro tradizioni si tramandano attraverso la tradizione orale (la lingua mandinga non è scritta), portata avanti dai "cantastorie" chiamati griot, spesso accompagnati dallo strumento musicale tipico della loro cultura, la kora (uno strumento a 21-28 corde, con una cassa armonica costituita da un grande zucca ricoperta da una pelle di mucca o di antilope). Molti mandingo scrivono la lingua araba, poichè le scuole coraniche sono abbastanza diffuse.
I mandinga vivono in villaggi capeggiati da un anziano, i matrimoni sono generalmente combinati e ammettono la poligamia, già dall'epoca pre-islamica.
La loro cultura è ricca di tradizioni, di racconti, di musica (oltre alla kora, i mandingo sono conosciuti per i loro tamburi) e di spiritualità tramandata con grande attenzione e dovizia di particolari.
Durante il rito di iniziazione praticano la circoncisione nei maschi e quell'assurda pratica l'escissione delle grandi labbra e del clitoride nelle donne (vedi post sulle mutilazioni genitali femminili)
Nella vita quotidiana vi è un'ampio spazio dato al rituale spirituale e alla medicina tradizione, esercitata attreverso la figura del marabout, una sorta di stregone e medico tradizionale. Nessuna decisione è presa senza aver preventivamente consultato il marabout.


Sono Mandinga i musicisti Salif Keita, Mory Kantè, Dijeli Diawara, i calciatori Mohamed Sissoko e Souleyware Diawara. Inoltre il presidente della Sierra Leone Ahmed Kabbah (1996-2007), il presidente della Guinea Sekeu Tourè (1958-1984), il presidente del Gambia Dawda Jawara (1965-1994) e il presidente del Mali Mobito Keita (1960-1968) sono Mandinka.

Un sito che parla della lingua e della cultura Mandinga è Mandinga.org, pubblicato dal Gambia.

mercoledì 24 novembre 2010

Pandemia da HIV: inizia il declino?

Pubblicato il nuovo rapporto sull'AIDS dalle Nazioni Unite che fotografa la situazione mondiale della pandemia da HIV iniziata nel 1981.
Vi è un cauto ottimismo poichè si assiste ad un calo dei nuovi casi di infezione (2,6 milioni nel 2009, 3,1 milioni nel 2001) ed ad un calo della mortalità (1,3 milioni nel 2009, 1,4 milioni nel 2001).
Ma, la cosa che più favorisce l'ottimismo è che in 56 paesi del mondo l'incidenza è scesa, dal 2001 al 2009, di oltre il 25%. Di questi paesi, 34 sono nell'Africa Sub Sahariana, dove sono concentrati 22 dei 33 milioni di individui sieropositivi, ovvero il 69% dei casi.

In numeri assoluti sono 33,3 milioni gli individui sieropositivi nel mondo (erano 28,6 nel 2001). Di questi 22,5 milioni vivono in Africa Sub Sahariana (erano 20,3 milioni nel 2001).
Sono stati 2,6 milioni i nuovi casi di infezione nel 2009 (erano 3,1 milioni nel 2001 e 3,9 milioni nel 1999). In Africa Sub Sahariana i nuovi casi erano 2,2 milioni nel 2001, sono stati 1,8 milioni nel 2009.
Il numero dei decessi collegati all'HIV sono stabili a 1,8 milioni, sia nel 2001 che nel 2009, in calo rispetto agli ultimi anni in cui vi era stato un picco. In Africa Sub Sahariana, i morti sono scesi dai 1,4 milioni del 2001 agli 1,3 milioni del 2009.
Infine, sono 5,2 milioni le persone che ricevono cure con farmaci antiretrovirali e questo numero è in aumento (erano 700 mila nel 2004).

Sono dati che spaventano per le loro proporzioni. Appare evidente che la pandemia di AIDS ha colpito soprattutto l'Africa Sub Sahariana, dove nel 2009 vi sono14,8 milioni di bambini (dei 16,6 del mondo) orfani a causa dell'AIDS.
In Sudafrica vi sono 5,5 milioni di sieropositivi, in Nigeria 3,3 milioni, in Kenya 1,5 milioni, in Mozambico e Tanzania 1,4 milioni, in Uganda e Zimbabwe 1,2 milioni e in Zambia 1 milione (mancano dati sull'Etiopia, RD del Congo e Somalia).
Per avere un metro di paragone in tutta Europa sono 620 mila i sieropositivi (140 mila in Italia, secondo alcune stime 11 contagi ogni giorno).

Vi è anche da segnalare il alcuni paesi dell'Est Europeo e del Asia Centrale i nuovi casi di contagio sono aumentati di oltre il 25%, soprattutto tra i giovanissimi.

Le strategie di intervento si basano molto sinteticamente su tre canali: la prevenzione, convincere che è necessario intervenire, campagne informative anche nelle zone più rurali , uso del preservativo (in aumento ovunque in Africa sub-sahariana e in particolar modo tra i lavoratori del sesso), l'acceso ai servizi sanitari di prevenzione e di cura (in aumento) e le cure farmacologiche (in aumento)

Tutto questo ha dei costi. Nel 2009 il budget complessivo per la lotta all'AIDS è stato di 15,9 miliardi di dollari (10 miliardi in meno di quello che servirebbero nel 2010).
Nei paesi in via di sviluppo l'88% dei fondi proviene da aiuti internazionali.
Nel 2009 sono stati "donati", principalmente attraverso il meccanismo degli accordi bilaterali, 7,6 milardi di dollari (erano 7,7 nel 2008). Tra i Paesi che hanno donato di più vi sono gli Stati Uniti 4,4 miliardi di dollari, il Regno Unito 779 milioni di dollari, la Germania 397,9 milioni di dollari, l'Olanda 381, 9 milioni di dollari e, fanalino di coda, dopo Francia, Danimarca, Svezia, Spagna, Giappone, Norvegia, Canada, Australia e Irlanda, l'Italia con 9,5 milioni di dollari (che risulta insolvente nei confronti del Fondo Globale contro AIDS, Tubercolosi e Malaria)

Poichè è evidente che la battaglia contro l'AIDS non è stata vinta, tuttaltro, il futuro della lotta alla pandemia è appeso alla bontà dei donors.

L'AIDS (Acquired Immune Deficiency Syndrome) o SIDA (Sindrome da Immuno Deficienza Acquisita) è un'insieme di manifestazioni dovute alla diminuzione dei linfociti T di tipo CD4 (una particolare famiglia di globuli bianchi addetti all'immunità) causata da un retrovirus della famiglia HIV (HIV1 e HIV 2). E' una malattia che si trasmette attraverso vie sessuali, attraverso il sangue o da madre a figlio. Il primo caso descritto al mondo fu il 5 giugno 1981 nella comunità gay degli Stati Uniti (solo nel 1982 però fu coniato il temine AIDS enel 1986 quello di HIV). E' una malattia curabile, ma non guaribile. La vera questione è che origini ha questa malattia? La teoria più accreditata è quella di una mutazione di un retrovirus animale (dalle scimmie) avvenuta in Africa. Non mancano però teorie e sospetti su possibili interventi "umani" sulla mutazione virale, data la sua improvvisa comparsa e le modalità di diffusione iniziale (tra la comunità omosessuale americana, tra popolazioni, africane e non soggette, a particolari tipi di vaccinazioni). Così come non deve stupirci che le grandi potenze hanno sempre ricercato e studiato su batteri, tossine e virus ai fini militari. Le armi biologiche non sono un'invenzione.
Comunque sia andata (magari un giorno tornerò su questo argomento) il risultato è stato che intere generazioni in Africa, in questi trent'anni, sono state sterminate dall'HIV.

martedì 23 novembre 2010

Libri: La civiltà africana

Nel 1969 lo storico inglese Basil Davidson, uno dei maggiori esperti mondiali di Africa, scomparso all'età di 95 anni lo scorso luglio, pubblicò The Africans. An Entry to Cultural History, che uscito in Italia nel 1971 da Einaudi sarà tradotto in La Civiltà africana.
Un testo fondamentale per chi vuole comprendere le civiltà dell'Africa. Davidson parte dalla denuncia di come la storiografia africana sia stata viziata dai pregiudizi del colonialismo e dalla necessità che l'Africa debba riappropiarsi di se stessa. Egli aggiunge che "nessun popolo può ritornare al passato ma, allo stesso tempo, nessun popolo può prosperare se non conosce e comprende il proprio passato".
Il lavoro di Davidson è minuzioso e coniuga la ricerca nel campo delle scienze umane e l'antropologia sociale al fine di comprendere le dinamiche e le trasformazioni delle civiltà d'Africa. E' un libro adatto non solo "a chi si occupa di Africa" ma, anche al pubblico che vuole avventurarsi nell'organizzazione, nei riti e nelle cosmogonie di molti popoli africani, visti con lo sguardo del ricercatore, ma contestualmente attento alla narrazione, ai particolari e alle curiosità storiche. Un libro scritto alla fine degli anni '60, nei primi anni della decolonizzazione, quando l'Africa era ancora, da molti, ritenuto un continente senza storia.
Leggendo il libro di Davidson viene in mente quella stupenda frase che sottolinea l'importanza della tradizione orale, ovvero che "ogni volta che in Africa muore un vecchio si perde un'intera biblioteca".

Il libro è dedicato "A Amilcar Cabral per il passato ma ancor più per il futuro", purtroppo l'augurio di Davidson non potè essere raccolto da Cabral, assasinato il 20 gennaio 1973, due anni prima di vedere l'indipendenza, per cui aveva lottato, della sua Guinea Bissau.

Basil Davidson con un passato da reporter per l'Economist, prima, e da agente dei servizi segreti britannici durante la seconda guerra mondiale (fu anche arrestato dagli italiani in Yugoslavia) e infine da ufficiale di collegamento durante la resistenza in Liguria. Dopo la guerra riprende il lavoro di corrispondente e di storico divenendo uno dei massimi esperti di Africa.

lunedì 22 novembre 2010

Il debito del Terzo Mondo: un'eredità del passato

Il 19 novembre scorso è stata battuta un'agenzia di stampa che annunciava che il Club di Parigi aveva deciso la totale cancellazione del debito pubblico (quello da privati è trattato altrove) della Repubblica Democratica del Congo (circa 7,4 miliardi di dollari). Lo scorso settembre era stata annunciata la cancellazione del debito della Liberia ( circa 1, 3 milardi di dollari).
La questione del debito estero dei Paesi in via di sviluppo ha dei risvolti drammatici nella vita quotidiana di milioni di persone, già alle prese con una miseria devastante.
Il Club di Parigi (gruppo informale, nato nel 1956, di organizzazioni finanziarie dei 19 paesi più ricchi del mondo, quindi creditori pubblici) vanta complessivamente un credito di 545 miliardi di dollari, da 88 paesi. Il Club ha il compito di rinegoziare il debito con i Paesi del Sud del Mondo.
Parallelamente vi è il Club di Londra, nato nel 1976, che raggruppa invece i creditori privati.

In modo molto semplificato, ma utile a comprenderne l'origine, la storia del debito ha origine nel 1973, quando i produttori di petrolio dell'OPEC decisero, per varie ragioni, di innalzare di ben 4 volte i prezzi del petrolio. I paesi consumatori decisero allora di ridurre i consumi. Chi non è giovanissimo si ricorda della famosa austerity, quando la domenica le strade si svuotavano (era proibito usare mezzi che consumavano derivati del petrolio) e le città divenivano favolose piste di biciclette, pattini e altri mezzi di locomozione improvvisati. Che divertimento per noi bambini!
Nonostante queste misure i paesi produttori di petrolio incassarono una quantità enorme di valuta che fu chiamata petroldollari. Questi soldi furono messi nelle banche internazionali, le quali si trovarono con un'enorme quantità di denaro, che, come normalmente fanno le banche, offrirono agli imprenditori del mondo intero e in particolare a quelli del Sud del Mondo, bisognosi di infrastrutture. Ovviamente i tassi d'interesse erano molto bassi. Dal 1973 al 1975 tutti fecero la gara ad indebitarsi (assieme ai bassi tassi d'interesse vi era anche un'inflazione alta, condizione ideale per indebitarsi).
Nel 1978-79 avvenne la seconda crisi dei prezzi del petrolio. I prezzi del petrolio aumentarono di 5 volte, ma questa volta non capitò quello che era accaduto nel 1973. L'uomo e la donna più potenti del mondo in quel momento, Ronald Reagan e Margaret Thatcher, applicarono alla lettera quello che allora era il pensiero economico chiamato monetarismo. Ovvero raffreddare la domanda controllando la moneta. Che in sintesi significò aumentare i tassi d'interesse.
Inoltre nel 1979 gli Stati Uniti decisero di far apprezzare il dollaro, ovvero il contrario della svalutazione.
Avvenne allora che i Paesi del Sud del Mondo, che si erano indebitati moltissimo (promettendo di pagare un certo tasso d'interesse), si trovarono a dover pagare non più interessi del 5 % circa ma, del 20%, 25% e talvolta del 30%. Inoltre, si trovarono ad avere lo stesso debito misurato in dollari, che in valuta locale era diventato enorme.
Fino all'estate del 1982, quando il Messico per primo dichiarò l'insolvenza, i paesi, svenandosi, pagarono il debito. La comunità internazionale cominciò a preoccuparsi, perchè le grandi banche internazionali del Nord non avrebbero garantito, in assenza dei versamenti periodici dei debitori, i pagamenti richiesti dai paesi del Nord.
Allora si intervenne con quello che per molti ha rappresentato il colpo di grazia alle fragili economie del Sud del Mondo, ovvero le politiche di aggiustamento strutturale volute dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale (organismi controllati dai creditori). In pratica si diceva ai governi del Sud "se tu metti in pratica le nostre ricette, noi ti diamo dei soldi per pagare il debito".
Le ricette prevedevano sostanzialmente liberalizzare l'economia, privatizzare, licenziare i dipendenti pubblici e togliere tutti i dazi.
Certo ad aggravare la situazione vi sono state anche il cattivo uso che si è fatto dei denari presi in prestito. Basti pensare all'ex Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo - quella a cui è stato cancellato il debito verso il pubblico) dove Mobutu Sese Seko usò i soldi dei prestiti per i suoi usi personali come abbellire le sue numerose ville in Costa Azzurra. Altri sono stati usati per acquistare armi per condurre inutili guerre.
I governi del Sud con i soldi dei governi, del Fondo Monetario e della Banca Mondiale, pagarono le banche. In poche parole il debito che originariamente era per la stragande maggioranza verso finanziatori privati (le banche internazionali) finirono per essere trasformati tutti in debiti verso il pubblico.
In quel periodo, esattamente il 29 luglio 1987 Thomas Sankara, allora leader del Burkina Faso, pronunciò questo discorso sul debito all'Organizzazione per l'Unità Africana ad Addis Abeba. In questo appello, pochi mesi prima di essere ucciso, Sankara suggeriva di non pagare il debito, e di creare il Club di Addis Abeba (parafrasando quello di Parigi) per fare fronte comune contro il debito.

L'attualità di oggi (le cancellazioni e le rinegoziazioni dei debiti) ci ricorda che la questione del debito estero del Terzo Mondo - ancora attuale e pressante - è una della maggiori cause della povertà e del sottosviluppo in questi paesi. Del fatto che a partire dal 1978 le condizioni di molti paesi del Sud del Mondo sono peggiorate nessuno si è mai assunto le responsabilità.
La cancellazione del debito fu oggetto (e lo è ancora) di una massiccia campagna delle Organizzazioni non Governative a partire dalla fine degli anni '90. Nel 2000, durante il Giubileo, anche Papa Giovanni Paolo II si espresse pubblicamente a favore della cancellazione del debito.
Nel 2000 anche il Parlamento Italiano approvò una legge (n.209/2000) sulla cancellazione del debito di alcuni paesi.
Oggi nella lista delle High Indebted Poor Country vi sono 40 paesi, di cui 34 africani.

La stragrande maggioranza degli abitanti dell'Africa, che non ha mai beneficiato di un centesimo di quel prestito, originariamente quasi regalato, si trova oggi ad avere un debito che non sarà mai in grado di pagare.

Tra i più attivi nel campo delle cancellazione del debito vi segnalo il Global Call to Action Against Poverty.

Vi linko anche questa relazione dell'economista Riccardo Moro, che, seppur datata 2000, a mio avviso ben ricostruisce i meccanismi del debito.

domenica 21 novembre 2010

Monumenti nubiani da Abu Simbel a Philae

Il sito Patrimonio dell'Umanità UNESCO denominato Monumenti nubiani da Abu Simbel a Philae ed inserito nel 1979 ha una storia molto singolare e ha ispirato la firma della Convenzione sul Patrimonio dell'Umanità del novembre 1972.
Il tempio rupestre di Abu Simbel, si trova sulle rive del lago artificiale di Nasser, è costituito, sulla facciata, da quattro grandi statue (alte oltre 20 metri) che rappresentano il faraone Ramses II seduto. Il santuario era scavato per oltre 60 metri nella roccia.
Il tempio di Iside nell'isola di Philae (oggi nell'isola di Agilikia) era il centro principale del culto isiaco. L'isola era sacra sia agli egiziani che ai nubiani.
Per la descrizione dei templi vi rimando ai rispettivi link e alla rete, è invece interessante raccontare cosa avvenne a partire dagli inizi del 1900.

Agli inizi del secolo scorso si decise di costruire una diga ad Assuan per regolare le inondazioni del Nilo (quelle che lo avevano reso fertile e che stavano creando problemi di inondazioni fuori stagione e di seccità). Dal 1907 al 1912 fu innalzata la prima diga, già allora, come dimostra la foto a lato, i monumenti dell'isola di Philae (che si trovava nel bacino della diga) venivano talvolta allagati. Nel periodo 1929-1933 la diga fu innalzata una prima volta.
Nel 1946, il livello delll'acqua giunse quasi a superare la diga, e nel 1952 si decise di non alzare ancora la diga bensì di costruirne una nuova 6 chilometri più a monte. La questione della costruzione della diga di Assuan entrò nel pieno della geopolitica della guerra fredda. Inizialmente dovevano essere gli Stati Uniti a costruirla ma, per ragioni politiche, nel 1956 si ritirarono. Infatti Nasser, allora Presidente dell'Egitto (al potere dal 1954), aveva il 26 luglio 1956 nazionalizzato il Canale di Suez (i cui proventi finanziarono gran parte della costruzione della diga) e si era rifiutato di entrare nel blocco anti-sovietico.
Nel 1958 l'Unione Sovitica annunciò il finanziamento di un terzo dei costi di costruzione della diga. Infine nel 1960 i tecnici britannici iniziarono la costruzione della diga di Assuan che fu conclusa nel luglio 1970. Una diga lunga 3600 metri, alta 111 metri e che nella parte più alta è larga 40 metri.
Intanto, poco prima dell'inizio dei lavori, esattamente nell'aprile 1959, l'Egitto (e successivamente nell'ottobre 1959, il Sudan), chiesero aiuto all'UNESCO evidenziando la necessità di salvaguardare il templi di Abu Simbal e di Philae che sarebbero stati sommersi dal nuovo bacino (quello che oggi è conosciuto come Lago Nasser).
Nel 1960 l'UNESCO lanciò la Campagna Internazionale per salvare i monumenti nubiani attraverso la rilocazione. Aderirono 113 paesi e dopo anni di approfondimenti fu deciso di spostare di 300 metri e 65 metri più in alto l'intero complesso di Abu Simbal. L'operazione scattò nel 1964 e si concluse nel 1968. Alla straordinaria operazione parteciparano oltre 200o persone tra cui tecnici, marmisti e scultori italiani di Carrara.
Il tempio di Iside fu invece spostato dall'isola di Philae alla vicina isola di Agilikia. Lo spostamento iniziò nel 1977 e fu concluso il 10 marzo 1980. Ad attuare lo spostamento, finanziato dal governo italiano, furono le imprese italiane Condotte Acque di Roma e Mazzi di Verona, consorziate nella Condotte Mazzi Estero (l'impresa è raccontata anche nel testo "Condotte nei restauri", edito dalla Erma nel 1992).

Altri monumenti minori furono "regalati" ai paesi che parteciparono al trasloco e si trovano oggi nei musei di mezzo mondo.
Il grande successo della campagna internazionale per salvare i monumenti nubiani , ispirò la scrittura della Convenzione per i Patrimoni dell'Umanità UNESCO nel 1972 e la nascita della lista, che a partire dal 1978, includerà e proteggerà i Patrimoni dell'Umanità del mondo intero.

sabato 20 novembre 2010

Settimana Mondiale dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza

Il 20 novembre 1989, esattamente 21 anni fa, veniva siglata, dopo lunghi anni di trattative tra governi, organizzazioni non governative e agenzie internazionali la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Entrata in vigore il 2 settembre 1990, ad oggi la convenzione è stata ratificata da 193 paesi.
Avere uno strumento specifico internazionale , legalmente vincolante, è stato un passaggio storico fondamentale per la lotta ai diritti dell'infanzia.
Nonostante notevoli miglioramenti nel corso di questi venti anni, ad esempio, nel campo della riduzione mortalità infantile (12,5 milioni di morti nel 1990, 8 milioni nel 2008), dell'aumento della scolarizzazione, della lotta all'AIDS e della disponibilità di acqua potabile, la strada è ancora irta.

La Convenzione poggia su cinque punti fondamentali:

- Non discriminazione (diritti riconosciuti a tutti i bambini, senza eccezioni)
- Superiore interesse del bambino (prima di tutto i bambini)
- Diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo
- Protezione da pericolose influenze e abusi
- Rispetto delle opinioni del bambino

A molti di noi questi basilari principi possono perfino far sorridere, perchè i nostri figli vivono in un mondo di attenzioni, di protezione, di educazione, di giochi e di affetti. Le rarissime eccezioni rappresentano nel nostro immaginario un fatto mostruoso da farci chiedere come è possibile?
Eppure, nonostante i progressi, centinaio di milioni di bambini nel mondo sono esclusi dai servizi essenziali e dall'assistenza, dalla protezione e dalla partecipazione.

Ho avuto modo in questo blog di parlare di alcune delle grandi questioni che ruotano attorno ai diritti dell'infanzia come ad esempio la mortalità infantile, la miseria e la fame, la malaria, le mutilazioni genitali femminili e i bambini soldato.
Vi sono altri grandi temi come lo sfruttamento minorile nel lavoro, la riduzione in schiavitù, la prostituzione minorile e la pedofilia, la scolarizzazione dei bambini, la discriminazioni tra bambini e bambine, la condizione dei bambini durante le emergenze che contribuiscono a rendere, in alcune aree del pianeta, la condizione dei bambini a rischio. La lista potrebbe continuare a lungo.

Quest'anno, in occasione del ventesimo anniversario della Convenzione, è stato preparato un'edizione straordinaria del Rapporto UNICEF sulla condizione dell'infanzia nel mondo.

giovedì 18 novembre 2010

Mutilazioni genitali femminili, uno stupro silenzioso

Le mutilazioni genitali femminili (MGF o FGM) hanno una storia antica, già Erodoto nel V sec. a.c. raccontava di queste pratiche diffuse tra Ittiti, Egizi, Etiopici e Fenici. Oggi sono praticate quasi esclusivamente nel continente africano, dove in ben 28 stati vengono eseguite su bambine dai 0 ai 15 anni. Fuori dall'Africa, in alcune comunità di paesi della penisola araba e del sud-est asiatico, vengono ancora praticate.

Secondo alcune fonti dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si stima che tra i 100 e i 140 milioni di donne siano state sottoposte a mutilazioni genitali e che circa 3 milioni di bambine, dai 0 ai 15 anni, siano a rischio ogni anno (vi posto il link del Rapporto dell'OMS).
Stime di varie fonti dicono che, tra le donne di 15-49 anni, hanno subito mutilazioni sessuali il 97,9% in Somalia, il 95,8% in Egitto, il 95,6% in Guinea, il 94% in Sierra Leone, il 93,1% in Gibuti, il 91,6% in Mali, il 90% in nel Nord Sudan, l'88,7% in Eritrea, il 78,3% in Gambia, il 74,3% in Etiopia.
Incidenza molto più bassa in Uganda 0,6%, in Cameroon 1,4%, in Niger 2,2%, in Ghana 3,8% e in Togo 5,8%.
L'OMS classifica, dal 1995 (con modifiche adottate nel 2007), le mutilazioni genitali in quattro tipi: la clitoridectomia (parziale o totale rimozione del clitoride), l'escissione (parziale o totale rimozione delle piccole labbra con o senza escissione delle grandi labbra), l'infibulazione (chiusura dell'orifizio vaginale attraverso la cucitura delle piccole o/e delle grandi labbra, lasciando un piccolo foro per il passaggio dell'urina e del sangue mestruale, con o senza clitoridectomia) e altre pratiche pericolose sui genitali femminili senza una ragione medica (piercing, incisioni, cauterizzazione, allungamenti).

Nella stragande maggioranza dei casi le mutilazioni vengono effettuate con strumenti rudimentali (lamette, pietre appuntite, pezzi di vetro, filo da cucito), da personale non qualificato (spesso levatrici tradizionali), in situazioni per nulla asettiche (non pulite, per capirci) e senza anestesia.
I rischi sanitari sono notevoli e i traumi, non solo fisici, restano per sempre.

Non vi sono ragioni igienico-sanitarie per giustificare le mutilazioni sessuali femminili. Molti studi hanno affrontato la questione, evidenziando una complessità di motivazioni alla base dell'uso di queste pratiche. Ragioni che affondano nelle tradizioni, nella religione e nell' architettura della società. Eradicare una barbaria che trova le sue radici sulla pressione sociale (la comunità gioca un ruolo essenziale), su falsi canoni estetici (secondo alcune culture si eliminano le parti maschili), su presunte credenze religiose (in nessun testo sacro si parla di tale pratica), su tradizioni ataviche e che coinvolge, indifferentemente, uomini e donne (non è vero che siano solo gli uomini a volere tali pratiche) è complesso e richiede uno sforzo importante da parte della comunità internazionale e dei governi.
Thomas Sankara, tra i primi a condannare l'infibulazione, aveva tentato in tutti i modi di lottare un fenomeno fortemente radicato nel Burkina Faso trovando ostacolo nei capi villaggi e anche in molte donne.

Recentemente la questione delle mutilazioni genitali femminile ha interessato anche l'Italia attraverso le comunità straniere immigrate, che non intendono abbandonare tale pratica.

E' bene essere chiari. La lotta contro le mutilazioni sessuali femminili deve essere chiara, senza giustificazione alcuna e portare alla completa eliminazione di tale pratica perchè priva di giustificazioni e lesiva dell'integrità fisica e psichica della donna.

Tra le molte campagne internazionali di lotta contro le mutilazioni genitali femminili vi segnalo quella di Emma Bonino Stop FGM! lanciata nel 2001, quella dell'Organizzazione non Governativa No Peace Without Justice, quella di Amnesty International, quella del'UNICEF, del Ministero delle Pari Opportunità, del Parlamento Europeo.
Ovviamente sono molto attive anche le organizzazioni non governative in Africa, i gruppi di donne in vari Paesi africani. Così come è vero che molti governi si sono attivati con leggi proibitive (l'Egitto ad esempio ha proibito le mutilazioni genitali femminili definitivamente nel 2008).

Riporto di seguito un'annotazione di qualche anno addietro.

Ricordo ancora molto intensamente quella giornata piovosa sul finire di settembre del 1992. La stagione delle piogge era ancora nel pieno e quella mattina l'acqua non dava tregua. Da pochi mesi ero giunto in Gambia e mi aggiravo tra i corridoi del Bansang Hospital cercando un luogo dove istituire un nuovo Record Office. Di fronte al reparto di pediatria tre delle infermiere discutevano animatamente, con toni inusualmente aggressivi e seri, con due donne vestite di magnifici colori. Mi avvicinai e Maimuna, una delle infermiere, mi venne incontro raccontandomi, non senza trasporto emotivo, di una bambina, di poco più di quattro anni, giunta in ospedale in fin di vita a seguito di una escissione (taglio delle grandi e piccole labbra) praticata con mezzi improvvisati e in modo esagerato. La bimba aveva perso molto sangue, la ferita era infetta e erano state compromesse anche le vie urinarie. Stavano urlando alla madre e alla nonna della piccola la loro rabbia e richiamandole alle loro respnsabilità. In particolare Fatou, la responsabile del reparto dall'aspetto molto mascolino, urlando in serer, sembrava proprio fuori di sè. Mi dissero che continuava ad urlare alla mamma che era una stupida (credo che fosse una grave offesa nella loro lingua). Maimuna mi costrinse - nonostante le mie perplessità - ad andare a vedere lo scempio fatto alla bambina. Quella mattina feci la mia prima donazione di sangue. Restai scioccato, allora devo ammettere le mie conoscenze sul fenomeno delle mutilazioni genitali femminili erano molto vaghe e imprecise, non tanto per le ferite viste (credo di aver visto cose anche peggiori) ma, per gli occhi di paura e di disperazione di quella bimba che mi tornavano in mente in ogni momento. La sera rividi Maimuna ad una festa, mi raccontò, con le lacrime agli occhi, della lotta che stava conducendo all'interno della sua famiglia (e solo in parte con suo marito), per evitare che alla sua bimba nata da poco più di due anni, fosse fatto quello che era stato fatto a lei quando era piccola.
A Maimuna, Fatou e le altre donne d'Africa è affidata l'eliminazione di questa orrenda pratica. Devono essere sostenute.

martedì 16 novembre 2010

Pubblicato dall'OMS il Rapporto 2010 sulla tubercolosi

L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS o WHO) ha pubblicato il Rapporto 2010 sulla Tubercolosi , la pubblicazione annuale che dal 1997 aggiorna sulla situazione della tubercolosi nei paesi del mondo.
La lotta alla tubercolosi è uno degli Obiettivi di Sviluppo per il Millennio per il 2015.
Si stima che nel 2009 vi sono stati 9,4 milioni di nuovi casi di tubercolosi nel mondo, (di cui 5,8 milioni di casi notificati e 3,3 milioni di donne) con 1,3 milioni di morti in HIV negativi e 380 mila casi di morte per tubercolosi in HIV positivi.
Dei quasi 1,7 milioni di morti per tubercolosi, 380 milioni sono donne. Muoiono nel mondo 4.700 persone al giorno.
Certo per una malattia prevenibile e curabile come la tubercolosi sono dei numeri drammatici. L'OMS stima che il calo dell'incidenza (oggi 137/100.000, nel 2004 142/100.000) della tubercolosi avviene in maniera troppo lenta, tanto da vanificare gli obiettivi del 2015 (si stima che a questi ritmi la malattia non sarà debellata prima di 50 anni).
La maggioranza di questi casi sono nel Sud Est Asiatico, in Africa e nel Pacifico Occidentale.

L'80% di casi di tubercolosi in sieropositivi da HIV sono in Africa.

I paesi con più casi di tubercolosi in Africa (oltre 1,4 milioni di casi notificati) sono il Sudafrica (oltre 400 mila casi), al terzo posto mondiale dopo India e Cina, l'Etiopia (oltre 148 mila casi), la Repubblica Democratica Congo (112 mila casi), il Kenya (102 mila casi), la Nigeria (88 mila casi), la Tanzania (71 mila casi), il Mozambico (43 mila casi), lo Zimbabwe (42 mila casi) e l'Uganda (41 mila casi).

La tubercolosi (conosciuta anche come tisi o TBC) è una malattia infettiva contagiosa causata da un micobatterio (germe Gram-positivo) il Mycobacterium tuberculosis, chiamato anche bacillo di Koch (dal nome del suo scopritore, il tedesco Robert Koch, che il 24 marzo 1882 isolò il batterio. Per questa scoperta nel 1905 vinse il Premio Nobel per la Medicina). Attacca prevalentemente i polmoni, ma può colpire altri organi, tra i quali l'apparato scheletrico, i reni, l'intestino e la pelle. Un forma disseminata, invasiva per via circolatoria, è chiamata tubercolosi miliare.
Poichè la forma più diffusa è quella polmonare, la trasmissione avviene per via respiratoria attraverso la tosse, soprattutto in luoghi affollati e dai bassi standard igienico-sanitari in situazioni di debilitazione generale. Infatti la TBC, quasi scomparsa nei paesi "ricchi" (in Italia vi sono circa 4500 casi all'anno, curabili farmacologicamente, negli Stati Uniti vi sono stati 11.545 casi - 3,8/100.000), era la tipica malattia dei luoghi di lavoro affollati, delle scarse condizioni igieniche e della sottoalimentazione. I sanatori che un tempo erano diffusi, oltre a dare cure farmacologiche, offrivano buona aria e cibo.

Già l'incidenza della tubercolosi cadde drasticamente prima degli anni '50 al migliorare delle condizioni igienico sanitarie in particolare nei luoghi di lavoro. Poi l'avvento degli antibiotici e delle vaccinazioni contribuì in maniera definitiva ad abbassare la casistica nei paesi ricchi. Vi fu poi una generale perdita di attenzione sul controllo della malattia che fece nuovamente risalire il numero dei malati nei paesi sviluppati, per tale ragione del 1993, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, richiamò uno stato di emergenza globale per la tubercolosi. Le cause sono da attribuite, oltre alla diminuita attenzione, alla comparsa di ceppi batterici resistenti agli antibiotici e alla comparsa di gravi malattie immunodeficitarie, come l'infezione da HIV, che contribuirono ad innalzare l'incidenza della malattia.
Oggi si stima che un terzo dell'umanità (circa 2 miliardi di persone) siano venute a contatto con la malattia.
Il trattamento della tubercolosi, che si basa su più farmaci antibiotici associati, si protrae per tempi molto lunghi (6-8 mesi) e questo, soprattutto nei paesi poveri, diventa un'ostacolo al contenimento della malattia (il paziente interrompe il ciclo o i farmaci finiscono). L'OMS pubblica e aggiorna periodicamente le linee guida per il trattamento della tubercolosi.

La tubercolosi è una malattia della povertà, prevenibile e curabile. I 4.700 morti al giorno sono un prezzo inaudito e ingiusto che la comunità umana paga alla miseria.


sabato 13 novembre 2010

Cinema: Kiriku e la strega Karabà

Kiriku e la strega Karabà (Kiriku et la sorciere) è un film di animazione diretto dal francese (che aveva vissuto la propria adolescenza in Guinea) Michel Ocelot e uscito nel 1998.
Tratto da una storia tradizionale, racconta di un bambino che nasce già autosufficiente e che salva il proprio villaggio da una strega malvagia.
Kiriku, prima di provare a sconfiggere la strega, si interroga sul perchè Karabà è cattiva, trovando in questo modo, anche grazie all'aiuto del Vecchio della Montagna, la risposta al suo interrogativo. La strega ha una spina nella schiena che uomini cattivi le hanno conficcato molti anni prima. Kiriku togliendo la spina dalla schiena di Karabà salverà il villaggio dalla morte certa e ridonerà la bellezza a Karabà, la quale baciandolo lo renderà adulto.
Attreverso un disegno elegante e colorato, il film ha avuto un grande successo nel mondo, permettendo anche di conoscere alcuni aspetti della vita nei villaggi in Africa occidentale.

La colonna sonora, bellissima, è del senegalese Youssou N'Dour, mentre le voci nella versione originale francese sono stata registrate a Dakar, da attori dell'Africa Occidentale e bambini delle scuole.

Il film descrive in modo realistico l'atmosfera del villaggio africano e in alcuni paesi anglosassoni ha avuto problemi di distribuzione per la nudità (seno scoperto) delle donne, nella tradizione dei costumi dell'Africa Occidentale. Il regista Ocelot si è sempre rifiutato di censurare il suo lungometraggio.




Il film ha anche un seguito, anche se si è sempre detto che si tratta di un ritorno, Kiriku e gli animali selvaggi, girato sul successo del primo film, da Michel Ocelot e Benedicte Galup nel 2005.

Libri: La mia Africa

La mia Africa (Out of Africa) è un romanzo autobiografico pubblicato la prima volta nel 1937 dalla scrittrice e pittrice danese Karen Blixen, pseudonimo di Karen Christentze Dinesen, baronessa von-Blixen-Finecke (1885-1962).
In Italia è stato pubblicato nel 1959 da Feltrinelli.
La storia è quella della permanenza in Kenya dell'autrice, dal 1914 al 1931. Karen parte per l'Africa assieme al cugino di secondo grado, lo svedese Bror vonBlixen-Finecke, che sposerà a Mombasa nel 1914 , il 2 dicembre 1913. Assieme acquistano una fattoria con una piantagione di caffè vicino Nairobi. Nel 1921 i due divorzieranno e Karen resterà da sola a dirigere la piantagione fino al 1931, quando una crisi del mercato del caffè e la morte del suo compagno , il cacciatore Danys Finch Hatton, avvenuta il 14 maggio 1931, per un incidente aereo, la costringerà a lasciare per sempre l'Africa, ritornando il 31 agosto 1931 in Danimarca.
La storia di quell'esperienza in Africa, che pubblicherà nel 1937, resterà il suo capolavoro letterario.
La Blixen descrive con un linguaggio piacevole e denso di particolari un'epoca, quella coloniale, che lei vede con occhi curiosi e privi di quei preconcetti e di quelle certezze di "superiore civiltà", rispetto all'Africa, tipica dei bianchi di quel tempo. Ella si immerge nella strepitosa natura dell'Africa, guidata dai suoi abitanti , i Kikuyu (l'etnia di quello che sarà il primo presidente del Kenya, Yomo Kenyatta, di gran parte dei ribelli Mau-Mau e del premio Nobel 2004 Wangari Maathai) che con lei instaurano un rapporto di fiducia e di reciproco rispetto, grazie anche ad un giovane aiutante della Blixen nella fattoria, Kamante.
Questo stretto rapporto con la natura, con i suoi pregi e difetti, e con i popoli indigeni (nel racconto si parla anche dei Masai e dei Somali) porteranno la Blixen a sostenere una superiorità dell'Africa, rispetto all'Europa, in quanto "più pura e più vicina a quanto Dio aveva preparato per gli uomini".

Nel 1985 vi fu un adattamento cinematografico del libro, diretto da Sydney Pollack e interpretato da una strepitosa Maryl Streep e da Robert Redford (che interpreta Danys Hatton), vincitore di 7 premi Oscar nel 1986.

Karen Blixen (nella foto) morirà a Copenaghen il 7 dicembre 1962 a causa delle complicanze della sifilide che aveva contratto dal marito alla fine del primo anno di matrimonio.
Vale la pena ricordare che Karen Blixen è autrice anche di una raccolta di racconti, Capricci del destino, al cui interno vi è un racconto Il pranzo di Babette, che nel 1987 ha ispirato un'altro straordinario film interpretato da Stephane Audran.