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mercoledì 23 dicembre 2015

Giustizia per Thomas Sankara

Una notizia, che alcuni aspettavano da tempo, è giunta dal Burkina Faso. Una notizia che non molti mezzi d'informazione riporteranno. A quasi 30 anni dall'omicidio di Thomas Sankara, le autorità burkinabè (la Corte militare, in verità) hanno emesso un mandato di cattura internazionale per l'ex presidente Blaise Campaorè. Si tratta di una svolta fondamentale per coloro i quali, da tempo, chiedono giustizia per chi complottò, da dentro, contro il governo rivoluzionario di Sankara. Campaorè ha guidato il Burkina Faso da quel terribile 15 ottobre 1987, quando Sankara e 12 altre persone del governo morirono sotto i colpi di mitra, fino allo scorso ottobre quando è stato destituito da una sollevazione popolare. Oggi vive, protetto, in Costa d'Avorio. Tra gli incriminati per il delitto di Thomas Sankara anche il generale Gilbert Dienderè, fidato braccio destro dell'ex-presidente, che proprio lo scorso settembre ha tentato un colpo di stato, probabilmente per scongiurare la ricerca della verità. Per tutti questi anni in cui Campaorè ha guidato il Burkina Faso non è stato mai possibile investigare sulla morte di Sankara. Una sorta di velo aveva tenuto nascosto la verità.
Inchiodare i responsabili alle loro colpe non è solo un fatto di giustizia (comunque necessario) ma è un modo per riscrivere la storia di quel periodo e ridare forza alle idee di Sankara, che non sono mai state dimenticate.
Giungere alla verità significa anche fare chiarezza sulle responsabilità che sono in capo alle potenze straniere, Francia in testa, che hanno guidato e determinato gli eventi in quella e in molte altre circostanze.

Per un blog come Sancara, che si ispira - con molta umiltà - alla storia e alle idee di quest'Uomo straordinario, la notizia dell'apertura delle indagini riempie di gioia. A molti può apparire un fatto marginale, in un paese come l'Ex Alto Volta (che proprio Sankara denominò Burkina Faso) che nello scacchiere mondiale conta poco, veramente poco. In realtà si tratta di far luce su di un periodo storico e di comprendere, oltre i sospetti, chi furono i protagonisti di quell'assassinio. Perchè Sankara non fu ucciso per quello che stava facendo nel suo, "insignificante", Paese ma, per le sue idee che rischiavano di contagiare l'intero continente. Conoscere in che modo e con quali alleanze le grandi potenze hanno determinato il corso della storia in Africa, aiuta a comprendere maggiormente le ragioni del presente.


 
 

martedì 15 ottobre 2013

Thomas Sankara (1949-1987), un sognatore

Presidente Burkina Faso (1983-1987)


“La nostra rivoluzione è, e deve essere, l’azione collettiva di rivoluzionari per trasformare la realtà e migliorare concretamente la situazione delle masse del nostro Paese. La nostra rivoluzione avrà avuto successo solo se, guardando indietro, attorno e davanti a noi, potremmo dire che la gente è, grazie alla rivoluzione, un po’ più felice perché ha acqua potabile, un’alimentazione sufficiente, accesso ad un sistema sanitario ed educativo, perché vive in alloggi decenti, perché è vestita meglio, perché ha diritto al tempo libero, perché può godere di più libertà, più democrazia, più dignità.”


Thomas Isidore Noel Sankara, per molti è stato il Che Guevara d'Africa. Un uomo integro, che aveva fatto di tutto, in parte riuscendoci, per far uscire il suo paese, l'Alto Volta (da lui rinominato Burkina Faso, "paese degli uomini integri") dalla povertà e dalla dipendenza verso gli ex paesi coloniali. Il suo progetto, rivoluzionario sotto molti aspetti, idealista, fu interrotto da una raffica di mitra dopo quattro anni. Aveva 37 anni.

Thomas, terzo di dieci figli, era nato a Yako il 21 dicembre 1949 da una famiglia cattolica (padre Joseph di etnia peul e madre Marguerite, mossi) che aveva tentato di indirizzarlo al sacerdozio. Da giovane fu un abile chitarrista, passione che l'accompagnò per tutta la vita. A 17 anni invece, Thomas si arruolò nell'esercito. La sua formazione militare avvenne in Madagascar (1970-73) all'Accademia militare di Antisitabè, in un periodo di tumulti e rivolte. Per un breve periodo sarà anche in Francia.


Dopo essere stato istruttore nella divisione paracadutisti (1976) ed aver frequentato un corso in Marocco (1978), assieme ad altri giovani ufficiali fondò, agli inizi degli anni '80, la ROC (Regroupment des Officiers Communistes), un'organizzazione di di miliari comunisti, con la quale prepara la "teoria" della sua rivoluzione.
Sotto la presidenza di Saye Zerbo (1980-1981), Thomas divenne nel 1981, dopo esser stato promosso capitano, Segretario di Stato per l'Informazione (settembre 1981), carica che abbandonò il 21 aprile 1982 in opposizione al regime.
A seguito del golpe del capitano Jean-Baptiste Ouedraogo avvenuto l'8 novembre 1982, Thomas Sankara divenne, il 10 gennaio 1983 Primo Ministro e in tale veste partecipa al vertice dei Paesi non Allineati a Delhi (7-12 marzo).
Il 17 maggio 1983 fu destituito e messo agli arresti domiciliari dallo stesso Ouedraogo. L'arresto portò ad una vera e propria rivolta, Sankara fu liberato il 30 maggio e il 4 agosto, i militari guidati da Blaisè Campaorè, sospinti dal movimento popolare di studenti e lavoratori, rovesciarono il regime di Ouedraogo e Thomas Sankara, assunse la carica di Presidente del Consiglio nazionale della Rivoluzione (CNR). Il gruppo dei fedelissimi è composto da Campaorè, Zongo e Lingani, oltre che da civili e molte donne.

I quattro anni di presidenza di Thomas Sankara furono una vera e propria rivoluzione. Il 2 ottobre 1983 Sankara pronunciò il discorso di orientamento politico, che gettò le basi della sua politica. Rinunciò a tutti i privilegi della sua carica (auto, aereo presidenziale e ogni genere di lusso). Il 4 agosto del 1984 l'Alto Volta divenne Burkina Faso e pochi giorni dopo nazionalizzò terre e miniere.

Il 4 ottobre 1984, pronuncia un celebre discorso alle Nazioni Unite (il Burkina Faso è membro di turno del Consiglio di Sicurezza), affermando "di parlare a nome di tutti coloro che soffrono in ogni angolo del mondo". Poco dopo Sankara lancia un ambizioso programma di sviluppo che punta al miglioramento della vita, dell'ambiente e delle infrastrutture. Quella che in altri luoghi del pianeta potrebbe essere definita una rivoluzione "rosso-verde".

L'azione del suo governo si sviluppò secondo alcune direttive ben chiare: lotta ai privilegi e alla corruzione (si attenne ad uno stile di vita sobrio, senza privilegi per se e per la famiglia, non era insolito vederlo girare in bicicletta da solo, amava ripetere "non possiamo essere la classe dirigente ricca di un paese povero"), centralità della produttività agricola (produciamo quel che consumiamo), una forte politica dell'acqua (due pasti e 10 litri di acqua al giorno per ognuno), lotta alla desertificazione (non possiamo aspettare la siccità a braccia incrociate) e programmi di riforestazione, centralità del ruolo della donna, lotta all'analfabetismo partecipazione dei comitati alle decisioni e conservazione delle tradizioni.


Il suo grande carisma e la sua profonda onestà e sobrietà furono la spinta iniziale al cambiamento collettivo e alle conquiste. 
Il 29 luglio 1987 Sankara parlò alla XXV Conferenza dell'OUA ad Addis Abeba, pronunciando un forte discorso (ecco il link) contro il debito e invitando i paesi debitori a non pagarlo.

Forse spinse troppo oltre l'acceleratore, sicuramente chiese grandi sacrifici a tutti (sempre comunque prima a se stesso), quel che è certo è che si fece molti nemici all'estero e alcuni, più pericolosi, all'interno. Certo era un visionario e come molti uomini di quel genere era sprezzante e irriverente.

Il 15 ottobre 1987, Thomas Sankara fu ucciso assieme a 12 ufficiali. Ad organizzare il golpe fu il suo compagno e braccio destro, Blaise Campaorè, che ancora oggi guida il paese.

Si spegneva così la giovane vita di un idealista, di un sognatore che forse avrebbe potuto dare una svolta alle sorti dell'intero continente. Come scrisse Jean Ziegler, la morte di Sankara è stato un dramma per l'intera Africa. 

La storia di Thomas Sankara, le sue idee, le sue lotte, purtroppo, non sono molto note dalle nostre parti. L'Africa post-coloniale è un buco nero nella storia.

Per saperne di più:

Il sito Thomas Sankara Net, una ricorsa completa di documenti e altro
Questo invece è un documentario su Thomas Sankara curato dal giornalista Silvestro Montanaro
Fiorella Mannoia e Thomas Sankara (post di Sancara)
Una canzone che l'ivoriano Alpha Blondy ha dedicato a Sankara
La pagina facebook Giustizia per Thomas Sankara

Bibliografia (in italiano)

- Thomas Sankara. Una speranza recisa, Aluisi Tosolini, EMI Bologna, 1988
- La vittoria dei vinti, Jean Ziegler, Edizioni Sonda, 1992 
Thomas Sankara, il presidente ribelle, Marinella Correggia (a cura), Minifestolibri, 1997
-  L'Africa di Thomas Sankara, Carlo Batà, Acheb 2003
- Una foglia, una storia. Vita di Thomas Sankara, Valentina Biletta, Ediarco, 2005
- Sankara.Un rivoluzionario africano, Alessandro Aruffo, Massari, 2007
- La voce del deserto, Vittorio Martinelli, Zona, 2009

Vai alla pagina di Sancara Profili Africani

giovedì 3 maggio 2012

Fiorella Mannoia e Thomas Sankara

La Mannoia durante un concerto - foto Luca Brunetti
Fiorella Mannoia, che rappresenta una delle più belle voci italiane, ha dedicato l'ultimo album, Sud, uscito qualche mese fa e che ora è portato in tour dall'artista romana, a Thomas Sankara. Le ragioni di questa dedica, la Mannoia, le spiega in questa intervista, tratta dal sito Thomas Sankara Webs, sicuramente la miglior fonte in rete di informazione e di studio su tutto quanto attiene alla vita, alla morte e all'attualità di Sankara. E' interessante notare come talvolta le circostanze della vita portano ad alcuni incontri, che diventano formanti per la nostra esistenza. L'incontro di Fiorella Mannoia è con Gabin Dabire, cantante, chitarrista e compositore burkinabè, che da anni risiede e lavora in Italia. Gabin ha fatto conoscere alla Mannoia la storia e la vita di Thomas Sankara (lo stesso Dabire aveva dedicato un brano delle sue composizioni all'amico Sankara). 
Oltre a dedicare l'intero album a Thomas Sankara, Fiorella Mannoia ha scritto per lui il brano Quando l'angelo vola via, il cui ritornello recita "Ovunque sia andato è un esempio da ammirare perché Ali è coraggioso. E dovunque andrà sarà sempre un esempio perché Ali è coraggioso".





La storia di Sankara ha profondamente colpito Fiorella Mannoia (già molto attiva nel campo della solidarietà e delle campagne di sensibilizzazione) al punto che nella sua intervista traspare la gioia di aver "scoperto" un uomo che ha fatto Politica (con la P maiuscola, appunto) e le cui idee non sono ancora morte. Il suo è un piccolo, ma importante contribuito, alla conoscenza del pensiero e dell'opera di Thomas Sankara.

Vi posto anche - sempre dal sito Thomas Sankara Webs - l'ultima intervista a Thomas Sankara (pubblicata alcuni giorni dopo la sua morte, avvenuta il 15 ottobre 1987, sul Manifesto) di Umberto Manni, ancora attuale nei temi e che contiene anche un apprezzamento di Sankara verso il popolo italiano. Un rapporto, quella tra Italia e Burkina, che grazie anche al contributo della Mannoia, resta ancora solido e importante.

Per chi volesse seguire le iniziative su Thomas Sankara, vi segnalo anche la pagina Facebook (https://www.facebook.com/groups/104727952899160/) chiamata Giustizia per Thomas Sankara, gestita da Patrizia Donatello.

sabato 15 ottobre 2011

In ricordo di Thomas Sankara

Il 15 ottobre 1987, esattamente 24 anni fa, veniva assassinato il leader burkinabè Thomas Sankara, a cui con molta presunzione, ma anche con molto affetto, è dedicato questo blog.
Come ho avuto modo di scrivere l'assassinio di Sankara è stata una tragedia per l'intera Africa. Un fatto che ha, senza voler esagerare, cambiato il destino dell'intero continente. Ancora oggi le dinamiche esatte (e di conseguanza la giustizia) che hanno portato all'eliminazione di quello che era diventato un uomo scomodo non sono chiare.
A me non resta che ricordarlo attraverso questa canzone che l'ivoriano Alpha Blondy ha voluto dedicargli e alcune sue immagini.




domenica 14 agosto 2011

Libri: La vittoria dei vinti

La vittoria dei vinti è un libro di Jean Ziegler del 1988, pubblicato in Italia nel 1992 dalle Edizioni Sonda.
Il libro reca il sottotitolo una speranza dal terzo mondo, poichè appare come un libro profetico (è stato scritto un anno prima del crollo del muro di Berlino) e teorizza la morte del comunismo e il successivo crollo del capitalismo mercantile, a favore di una nuova via, alternativa e autonoma, che tragga origine dalla tradizione e dallo stretto rapporto con l'ambiente che vige nel Terzo Mondo e in particolare in Africa. Dopo aver evidenziato come i quattro cavalieri dell'Apocalisse (Banca Mondiale, Fondo Monetario, GATT e Club di Parigi) devastano le terre lontane, egli giunge ad affermare che "Il Terzo Mondo salverà l'Occidente, i poveri sono l'avvenire dei ricchi. La saggezza è vestita di stracci".
E' un libro che naturalmente tocca tutti gli aspetti terzomondisti in tutti gli angoli del pianeta, ma che vale la pena suggerire, in un blog che parla d'Africa, al di là dell'ancora attuale analisi generale, per un capitolo, appassionato ed intenso, dedicato alla figura di Thomas Sankara (ne avevo già parlato nel primo post di questo blog). 
E' un libro decisamente da leggere, con attenzione, perchè seppur datato di oltre vent'anni, intravedeva già allora i possibili sviluppi del sistema mondo, analizzandone con occhio attento e sapiente, aspetti allora magari ritenuti insignificanti o marginali e che oggi rivestono importanza diversa.
Non a caso, la prefazione all'edizione italiana, datata 1992, è aperta da Ziegler, con questa frase: "La forza morale di un popolo, la sua capacità di indignazione, il suo desisderio di libertà sono simili al vulcano Monotombo in Nicaragua: a lungo addormentato, sopporta con indifferenza il peso delle rocce che lo soffocano, per poi svegliarsi bruscamente, proiettando  verso il cielo le fiamme del suo rifiuto". Pensando a quanto accade nel mondo......


Jean Ziegler, svizzero, professore universitario di Sociologia (a Ginevra e Parigi), esperto di Terzo Mondo, è stato parlamentare svizzero, membro della Commissione Affari Esteri e Relatore sul diritto all'alimentazione presso le Nazioni Unite. E' autore di numerosi saggi sui temi della povertà e sulle storture del sistema finanziario internazionale. In Italia è diventato conosciuto al grande pubblico nel 2000, grazie ad un suo libro divulgtivo intitolato La fame nel mondo spiegata a mio figlio, edito da Tropea.

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giovedì 27 gennaio 2011

15 ottobre 1987, l'assassinio di Thomas Sankara

"Il sole rosso della stagione delle piogge scende lentamente dietro le palme del complesso detto "l'Intese" a Ouagadougou. Dietro le barriere, un pugno di case bianche, un salone delle conferenze di cemento armato e vetro...... Giovedì 15 ottobre 1987,ore 16 e trenta: una colonna di piccole auto - Renault 6 nere - lascia la strada asfaltata, svolta sulla pista di terra rossa, entra nel recinto. Nella sala deve iniziare la sezione straordinaria del Consiglio Nazionale delle rivoluzione del Burkina. I sicari sono appostati nelle prime case, vicino alla barriera d'entrata e nei cespugli che costeggiano il sentiero. Una granata dilania l'auto di testa. Paulin Bamoumi, addetto stampa della presidenza, Frederic Ziembie, consigliere giuridico, sono uccisi sul colpo. Sankara e nove guardie riescono a rifuguarsi nel padiglione più vicino. Appiattiti a terra nel corridoio reagiscono. Ma il padiglione è accerchiato. Una granata viene buttata all'interno. Sankara, ferito dice: "E' inutile. Vogliono me". Si alza. E' sereno. Si dirige verso la porta. Una raffica di Kalashnikov crivella il suo corpo. I sicari assassaltano il padiglione e sparano su tutto ciò che vive. Per molti dei colpiti l'agonia è lunga. Sankara agonizza per più di quaranta minuti nella polvere rossa del sentiero. Il suo sangue si mescola alla terra". Così Jean Ziengler, in La vittoria dei vinti (Edizioni Sonda, 1992) descrive la fine di Thomas Sankara e della sua rivoluzione burkinabè.
Su come avvenne l'assassinio di Thomas Sankara vi sono alcune versioni differenti da parte dei testimoni, anche se di poco conto, come quella che dice che fu ucciso appena uscito dall'auto (e non dopo essersi rifugiato nel padiglione), al grido del capo delle guardie "Uccidetelo!". La cosa che invece, a oltre 23 anni dall'omicidio, si continua a chiedere è giustizia sulla sua morte. Che gli assassini fossero guidati da Blaise Compaore, attuale presidente del Burkina Faso, amico e compagno d'armi di Sankara, legato al padre fondatore della vicina Costa d'Avorio Felix Houphouet Boigny (che aveva definito Sankara il "figlio ribelle"), con la complicità di servizi e potenze straniere, sembra cosa certa. Vi posto questo breve video tratto dalla trasmissione televisiva Ombre africane di Silvestro Montanaro in cui alcuni protagonisti - legati al criminale di guerra Charles Taylor, ricostruiscono una versione (che ovviamente non è oro colato) sull'omicidio di Sankara.



Proprio perchè la verità è complessa, da tempo il sito Thomas Sankara Net (che contiene tra l'altro un grande raccolta di testimonianze, articoli e materiali multimediali sulla figura di Sankara) ha aperto una campagna per chiedere giustizia internazionale (come si è fatto per molte altre situazioni che hanno interessato l'Africa) sulla morte di Thomas Sankara.
Vi segnalo anche il gruppo Facebook di Patrizia Donadello "Giustizia per Thomas Sankara", legato alla stessa campagna.

L'assassinio di Thomas Sankara (nella foto la sua tomba) è stata una tragedia per l'intera Africa. Ma pensate che un uomo, un capo di stato, un giovane militare, un presidente che stava ottenendo ottimi risultati sul piano sociale, che ebbe il coraggio di dire al mondo "Ci hanno prestato i soldi gli stessi che ci hanno colonizzato. Il debito non è che neocolonialismo ed è controllato dall'imperialismo. Dopo essere stati schiavi, siamo ora schiavi finanziari. Se non paghiamo, i creditori non moriranno di certo. Ma se paghiamo, moriremo noi. Dobbiamo avere il coraggio di dire soltanto: siete voi ad avere ancora dei debiti, tutto il sangue preso all'Africa", poteva rimanere vivo negli anni '80?
Conoscere la verità è oggi una giusta richiesta.

Vi segnalo - per chi vuole approfondire la storia di Sankara - l'ottimo lavoro di Carlo Batà "L'Africa di Thomas Sankara".

Ecco il documentario di Silvestro Montanari su Thomas Sankara
Ecco il profilo di Thomas Sankara

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martedì 14 settembre 2010

FAO: un bambino muore di fame ogni 6 secondi

Si è dato risalto alla presentazione del rapporto della FAO (Food and Agriculture Organization) che annuncia la diminuzione della sottonutrizione nel mondo. Ne hanno parlato oggi, ad esempio Repubblica e il Corriere della Sera.
Il dato positivo, come da tutti sottolineato, è che per la prima volta in 15 anni il numero (stimato) dei denutriti nel mondo è calato del 9,6% - giungendo a 925 milioni di individui. Di questi 578 milioni sono in Asia, 239 milioni in Africa Sub-Sahariana, 53 milioni in Sudamerica, 37 milioni di Africa del Nord e Medio Oriente e 19 milioni in tutti i paesi sviluppati.
E' bene ricordare che questo non significa assolutamente che il resto della popolazione mondiale sia "ben-nutrita" - infatti si stima che altri 2,5 miliardi di individui hanno carenze nutritive (sottoalimentazione, carenze vitaminiche e di minerali) che ne compromettono la salute. Infatti le stime della FAO si basano sull'apporto di calorie e non sulla qualità di esse.
Il calo è determinato dalla grande crescita economica di Cina e India (in Asia il calo è del 12%) e , secondo gli esperti della FAO, dall'abbassamento dei prezzi dopo l'impennata del 2008.

In Africa Sub-Sahariana il 30% della popolazione soffre la fame.
E' evidente che la malnutrizione colpisce (salvo le carestie) nella stragrande maggioranza dei casi i bambini (che difficilmente diventeranno adulti). In Africa si osservano - volendo semplificare molto - due forme di malnutrizione: il marasma ovvero quando il bambino che non mangia "si consuma" perdendo uniformemente il peso (perdita prima delle riserve di grasso e successivamente della massa muscolare) e la sindrome di kwashiorkor in cui il bambino presenta il classico addome gonfio ("pancia a pentola") e la colorazione rosso-bionda dei capelli che è dovuta essenzialmente alla carenza di proteine (ovviamente la questione è più complessa e sotto certi versi controversa). E' tipica delle alimentazioni -ad esempio di sola manioca (o cassava o tapioca) - che forniscono magari un numero sufficiente di calorie ma non di proteine (la manioca essendo della famiglia dei tuberi contiene quasi esclusivamente carboidrati).
E' chiaro che il bambino malnutrito è un soggetto fragile (tanto più è grave la sua malnutrizione) e conseguentemente si ammala più facilmente e più gravemente. La mortalità è infatti legata ad altre patologie (dal morbillo alla malaria, dalla tubercolosi ad un'infinità di malattie infettive, dalla polmonite alla generica diarrea).
In Africa la mortalità infantile - sotto i 5 anni - si assesta su numeri impressionanti: 260 su 1000 in Angola, 205 su 1000 in Repubblica Democratica del Congo, 203 su 1000 in Ruanda, 137 su 1000 in Senegal. Come riferimento in Italia (tra i più bassi del mondo) siamo a 5 su 1000.

Il rapporto della FAO, appena presentato, nell'annunciare una diminuzione della denutrizione, sottolinea anche come un bambino ogni 6 secondi muore per "quell'arma formidabile", come la chiamava Thomas Sankara, che si chiama fame.


mercoledì 8 settembre 2010

In treno..... a lentezza umana

Viaggiare in treno è un'esperienza favolosa in qualsiasi luogo del pianeta. In alcuni posti del mondo assume poi un fascino del tutto particolare.
Molti sono i fattori che contribuiscono a generare questa magia: alcune strade ferrate percorrono itinerari impensabili da fare in altro modo (la Ferrovia Retica, dell'Albula e Bernina, tra Italia e Svizzera e la ferrovia austriaca di Semmering, ad esempio, sono inserite tra i Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO per la loro unicità), vi è uno stretto legame tra alcune ferrovia e la storia, spesso decennale che ha permesso di costruirle in luoghi inaccessibili del pianeta. Inoltre, nell'epoca dell'alta velocità, vi sono convogli che viaggiano ad una "lentezza umana", permettendo di assaporare il paesaggio e il rapporto tra binari e la popolazione locale. Infine, il rumore del treno: unico e per certi versi musicale.

I treni in Africa (ma può valere per gran parte dell'Oriente e per il Sudamerica) viaggiano lentamente e a porte aperte. Nelle molte soste si può scendere a prendere una boccata d'aria o ad acquistare frutti e cibi di ogni genere venduti lungo i binari. Si può scendere, parlare con qualcuno, e risalire al volo mentre al suono del fischio, il treno pacatamente riparte.

La prima ferrovia africana fu costruita in Egitto a partire dal 1851 da Alessandria d'Egitto al Cairo (raggiunse Kafr nell'aprile 1853 e il Cairo nel 1856). Essa fu poi collegata a Suez (anche se l'apertura del canale nel 1869 vanificò il progetto ferroviario di collegare, velocemente, il Mar Mediterraneo all'Oceano Indiano). A tal fine vi rimando all'interessantissimo lavoro del sito Mike's Railway History, che ripercorre, anche attraverso una ricca iconografia, la quasi totalità delle ferrovie mondiali costruite prima del 1936.
Alcuni tratti ferroviari hanno una storia che si inserisce non solo nelle strategie geopolitiche ed economiche dell'epoca in cui furono costruite (quasi tutte dalla potenze coloniali) tra la seconda metà del 1800 e la prima metà del 1900), ma hanno accompagnato, nel bene e nel male, la vita e lo sviluppo di una nazione.
Poco dopo, nel 1959, iniziò la costruzione della ferrovia Cape Town - Wellington in Sudafrica.

La ferrovia del Benguela (lunga 1344 km)- iniziata dai portoghesi dal porto di Lobito (in Angola) nel 1899. Raggiunse Benguela (33 Km) nel 1906. Il suo intento era, una volta superato il confine tra Angola (nella cittadina di frontiera di Luau) e Congo Belga (poi Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo) giungere fino alle miniere del Katanga (cosa che avvenne a partire dal 1929). Attraverso la rete dei collegamenti ferroviari la linea poi passava in Zambia, in Mozambico e infine a Dar El Salam in Tanzania. Una ferrovia che taglia (meglio tagliava) l'Africa in due - dall'Oceano Atleantico all'Oceano Indiano. Purtroppo a partire dal 1975 (inizio della guerra civile angolana) la ferrovia del Benguela fu colpita più volte dall'UNITA nell'intento di interrompere i commerci con lo Zaire e per impedire la mobilitazione dell'esercito. Oggi sono percorribili solo i primi 194 km. Da tempo si discute di iniziare un'opera di ripristino - ove , neanche a dirlo, il primo partner della ricostruzione sarà la Cina.

Altra ferrovia - seppure molto più recente - che merita una citazione è la Ouagadougou - Tambao (353 km) nel Burkina Faso. Nel 1975 venne siglato un accordo con la Germania per la costruzione di questo tratto ferroviario che serviva a collegare alla capitale le miniere di manganese e di calcare. La ferrovia fu iniziata nell'ottobre 1981. La costruzione fu fortemente osteggiata dalla Banca Mondiale (che avrebbe preferito una superstrada) e quando nell'ottobre 1983 Thomas Sankara giunse al potere la ferrovia divenne una questione di orgoglio nazionale. Vi lavorarono tutti. Non era inusuale vedere membri del governo - come il ministro Youssouf Ouedraogo o membri del Parlamento o della gerarchia militare lavorare sotto il sole cocente a posizionare binari. Per la prima volta chi vi lavorava era un volontario e non un forzato del lavoro come la manodopera che ha costruito tutte le altre strade ferrate dell'Africa. (per la cronaca il progetto fu un fallimento, per la carenza di fondi e per l'approssimazione dei lavori).

Nella rete si possono trovare innumerevoli racconti sull' African Express, la ferrovia che da Dakar (Senegal) giunge fino a Bamako (Mali) via Tambacunda. E' un tratto di 1230 Km - inaugurato nel 1924 - costruito dai francesi per favorire il trasporto delle merci dall'interno dell'Africa Occidentale Francese verso il porto di Dakar (soprattutto arachidi)- che viene percorso, quando va bene, in 48 ore. Viaggiare a 20 km/orari di media significa andare "lentamente", fermarsi e godersi il panorama.

La foto in alto invece è del 1991 ed è un mio scatto nella tratta Dar El Salam- Moschi in Tanzania. Un modo senz'altro affascinate per raggiungere le pendici del monte Kilimangiaro.

La rete ferroviaria africana è stata allestita (e tale è rimasta) quasi esclusivamente per rispondere alle esigenze di spostare merci (soprattutto l'estratto delle miniere) verso i porti costieri e facilitarne così il trasporto verso l'Europa. Quando non era ad uso delle merci lo era a scopi militari (come alcune ferrovie costruite nel Corno d'Africa dagli italiani). Solo negli ultimi anni ( praticamente solo in Sudafrica) si è pensato ad un uso passeggeri (collegamenti tra città - cosa che in Europa fu fatto a partire dalla metà del 1800).
Oggi, ad eccezione del Sudafrica (che vanta la 14° rete ferroviaria del mondo per estensione con 20.872 km di binari) molti paesi africani non possiedono nemmeno un metro di binari. E' il caso del Burundi, del Ciad, la Guinea Equatoriale, il Gambia, la Guinea Bissau, il Lesotho, la Libia (che ha abbandonato i 400 km costruiti dagli italiani durante il periodo coloniale) il Niger, il Ruanda, la Sierra Leone e la Somalia (i 113 km ad uso militare costruiti dagli italiani - tra Mogadiscio e Villaggio Duca degli Abruzzi furono distrutti dai tedeschi nel 1941).
Per gli amanti delle statistiche dopo il Sudafrica vi è la rete del Sudan con 5978 km di binari, poi dell'Egitto con 5.500 km, poi quella del Mozambico con 4787 Km, poi quella della Repubblica DEmocratica del Congo con 4007.
Per fare un raffornto l'Italia, con 19.729 km di binari è al 15° posto mondiale (subito dopo il Sudafrica la cui estensione territoriale è quattro volte maggiore dell'Italia).

Aggiornamento del 27 dicembre 2010
A questo post aggiungo un'annotazione. Il 26 dicembre mi è arrivata una email di Jean Pierre Crozet che gestisce un meraviglioso sito sulla ferrovia franco-etiopica (ora Djibuti-Addis Abeba). Egli ha una vera passione (il nonno e il padre hanno lavorato per questa ferrovia) per questa ferrovia ed è alla ricerca di documentazione fotografica dal 1900 al 1980.
La ferrovia fu progettata nel 1893, il primo tratto fu aperto nel 1902, mentre il 17 giugno 1917 fu inaugurato l'intero tratto. Lunga 784 km, fu poi gestita dagli italiani durante l'occupazione e chiusa dal 1941 al 1944 durante l'occupazione britannica. Riaperta nel 1944 e gestita dagli etiopi, a seguito dell'indipendenza di Gibuti è affidata ad una società mista. Negli anni 2000 è stata restaurata. La stazione di Addis Abeba è ancora quella costruita nel 1917 dai francesi.

domenica 29 agosto 2010

Libri: L'Africa di Thomas Sankara

Il libro di Carlo Batà, edizioni Achab, pubblicato nel 2003 è senz'altro la più completa opera in italiano su Thomas Sankara.
E' un percorso, ricco, dettagliato e intriso di citazioni originali, lungo i 4 anni (1983-1987) dell'esperienza rivoluzionaria di Sankara nel Burkina Faso, uno dei paesi più poveri dell'Africa.
Furono quattro anni intensi, pieni di ostacoli e con molti successi che portarono Sankara ad affermare, poco prima di essere assassinato che "abbiamo provato che è possibile eliminare lo sfruttamento, uscire dalla miseria e costruire la felicità per tutti. Quelli che vivono nel lusso sfruttando gli altri ci hanno combattuto e continueranno a farlo".
Dopo una chiara prefazione di Padre Alex Zanotelli, che annovera Sankara tra gli uomini giusti dell'Africa, assieme al tanzaniano Julius Nyerere e il sudafricano Nelson Mandela, Batà ci guida alla conoscenza di quelle "idee che non si possono uccidere".
I temi pincipali, che furono le chiavi dell'operato della rivoluzione burkinabè di Thomas Sankara, vengono analizzati attraverso idee e discorsi e comparati con risultati ed effetti pratici. Un guida completa ed il miglior modo per conoscere Sankara. Negli allegati finali del libro anche l'ultima intervista, rilasciata a Umberto Manni del "Manifesto", pochi giorni prima del suo assassinio, avvenuto il 15 ottobre 2012.

Vai alla pagina di Sancara : Libri sull'Africa


domenica 18 luglio 2010

Auguri Nelson!


Oggi, 18 luglio 2010, Nelson Mandela compie 92 anni. Di questi anni 27 li ha trascorsi in carcere, nel suo Paese, per il semplice fatto di essere nato nero, in Africa. Mandela è un esempio per l'intera umanità, è simbolo della tenacia nella lotta, degli ideali che stanno sopra ogni cosa, del sacrificio per un'idea. E' anche la dimostrazione vivente della bontà della lotta e del successo. Il suo percorso, la sua caparbietà ha permesso di cambiare la storia del Sudafrica, dell'Africa e del Mondo.

Il 4 ottobre 1984, a New York, nel corso della 39° Assemblea Generale della Nazioni Unite (nel 1984 il Burkina Faso è membro di turno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite), Sankara pronuncia un discorso forte che inizia in questo modo "...... vi porto i saluti fraterni di un paese di 274.000 km quadri dove sette milioni di bambini, donne e uomini si sono oramai rifiutati di morire di fame, di sete e di ignoranza....". Nel corso di quell'accorato discorso, Sankara, nel chiedere di intensificare la campagna per la liberazione di Nelson Mandela si esprime in modo molto duro contro il Sudafrica. " C'è una questione particolare di una tale gravità da richiedere a ognuno di noi una posizione franca e ferma. E', potete immaginarlo, il Sudafrica. Fra le preoccupazioni maggiori del mondo contemporaneo devono esservi il dispezzo incredibile che questo paese ha per tutte le nazioni del mondo, incluse quelle che sostengono il suo sistema terroristico mirato a liquidare fisicamente la maggioranza nera, e il disprezzo con cui accoglie tutte le risoluzioni dell'Assemblea Generale...... La cosa più deprecabile e umiliante per la coscienza umana è che sia divenuta una banalità la miseria di milioni di uomini che per difendersi non hanno altro che l'eroismo delle loro nude mani...... Un tempo si sarebbero formate brigate internazionali per difendere l'onore delle nazioni la cui dignità era minacciata. Oggi, malgrado le ferite che tutti abbiamo sopportato, votiamo risoluzioni il cui unico potere, ci si dice, è tentare di richiamare alla ragione quel paese di pirati che è capace di distruggere un sorriso come la grandine abbatte i fiori"

Sankara in questo appello per il popolo sudafricano coglie la complessità della questione. L'impotenza della comunità internazionale e dall'altra la complicità di alcuni Paesi della stessa comunità, ma anche l'affievolirsi e lo spegnersi della coscienza umana a fronte di ingiustizie così marcate.

venerdì 16 luglio 2010

A proposito delle donne africane

Thomas Sankara, primo tra i leader africani, aveva capito che lo sviluppo dell'Africa passa attraverso il ruolo determinante delle donne. Nel suo breve periodo al governo, non solo ha posto donne in ruoli chiave di governo, ma ha tentato di scardinare antiche e sminuenti tradizioni (come tutte quelle legate alla mutilazioni genitali femminili all'infibulazione in particolare) entrando spesso in conflitto con i capi clan. Nel suo discorso di orientamento politico al Consiglio Nazionale della Rivoluzione (2 ottobre 1983) aveva inserito la lotta alla liberazione della donna come punto centrale del suo programma, sostenendo che la "liberazione della donna è una necessità del futuro..... che se perdiamo la lotta per la liberazione della donna, abbiamo perso il diritto di sperare in una trasformazione positiva superiore della nostra societa". Inoltre Sankara, con amaro realismo, mette in guardia le donne burkinabè - delle quali aveva affermato che bisogna necessariamente tener conto delle loro asparazioni - sostendo che " in ogni uomo dorme un essere feudale, un fallocrate che occorre distruggere".

Sonkolo, The Gambia, inizio settembre 1992
Sono giunto in Gambia da qualche mese. La mia giovane curiosità mi ha spinto a girare il Paese in lungo e il largo (non è che poi sia stato così difficile... date le dimensioni!) alla ricerca di immagini e profumi da catturare. Sono stato invitato dall'amico Samba, che lavora presso il laboratorio di veterinaria, a pranzare e festeggiare la nascita di suo fratello nel suo villaggio, distante una decina di chilometri da dove vivo, oltre il fiume.

Lungo la strada la consueta scena. Donne che lavorano nei campi (molte con un figlio piccolo sulle spalle), donne che vendono i loro pochi prodotti in piccoli banchetti, donne a petto nudo che lavano nel fiume teli multicolori, donne che camminano sotto il sole martellante. Di tanto in tanto qualche albero, e sotto alla sua ombra una bantaba, dove fumano silenziosamente alcuni uomini.

Arrivo al villag
gio di Sonkolo, che è composto da una trentina di capanne, ben fatte e spaziose. Affacciano tutte in una sorta di cortile con al centro un pozzo d'acqua. Le donne sono molto indaffarate... chi cucina, chi pesta in enormi mortai il grano, chi lava la biancheria, chi raccoglie l'acqua dal pozzo, chi bada ai bambini e chi ramazza per terra. Dalla parte opposta gli uomini, seduti in un semicerchio, con il capo villaggio - l'alkalo - al centro che discutono animatamente. Vengo accolto (anzi a dire il vero, veniamo accolti, perchè insieme a me c'è Maria, una pediatra con cui lavoro) con grande calore, siamo trattati come ospiti di riguardo (è sorprendente che il riguardo è dato solo dal colore della nostra pelle).
Da lì a poco viene servito il cibo. Due grandi vassoi contenenti i due piatti tipici dell'area: il domodà (pollo cotto in crema di arachidi) e il benacin (una sorta di spezzatino di manzo con cipolle e spezie) il tutto adagiato su abbondante riso. Due grandi piatti sono po
rtati al centro del tavolo (in realtà siamo seduti a terra) da cui tutti elegantemente attingono con la mano sinistra, arrotolando abilmente il riso e mischiandolo, sempre tra le dita, con un pezzo di carne. Mangiano prima gli uomini e gli ospiti, le donne iniziano a rassettare la cucina. Solo alla fine i piatti (con gli avanzi ... di fatto) verranno portati dalla la parte delle donne e dei bambini che, allegramente (le donne sono sicuramente più allegre) finiranno il cibo.

Mi imbarazza questa separazione, anche se percepisco in loro un'estrema normalità.

Poco dopo, mentre sorseggiamo un the speziato, noto che tutte le donne del villaggio sono spar
ite, pochi bambini, i più piccoli, giocano ancora tra le capanne. La conversazione, resa difficile dalla lingua, -difatto Samba ci traduce, dal serer, tutto quanto viene detto ed in particolare quello che dicono gli anziani - verte principalmente sul raccolto e sulla stagione difficile per gli allevatori.

Da lontano si odono i suoni dei tamburi. Il gruppo di suonatori, chiamati per l'occasione festosa, si avvicina verso il p
iazzale - esterno al compound - sotto un grande baobab.
Mentre il suono si approssima
, siamo invitati dall'alkalo a seguirlo verso la grande bantaba posta all'ombra del baobab - i suonatori sono oramai giunti. Il ritmo dei tamburi è incalzante (rimpiango di non aver portato il registratore portatile) e cresce in modo travolgente. Tutti gli uomini sono seduti (per me recurano perfino una vecchia sedia di legno) ...... ed ecco apparire, da dietro una grande capanna, tutte le donne, vestite nel migliore dei modi, con i capelli acconciati, le quali dopo aver omaggiato i musicisti con dei dalasi, si scatenano in balli. Saranno due ore di danze- le donne del villaggio, alcune con i loro bimbi sulla schiena, si alterneranno al centro della "pista", tra le urla e gli incitamenti delle altre. Alcuni balli ironici e divertenti, alcuni ammiccanti e sensuali.... tutti comunque festosi e divertenti. Che energia le donne africane, instancabili.... una forza della natura (credo che sia la vera ragione per cui gli uomini le temono!!!).

Sankara , nel suo essere visionario, aveva perfettamente intuito la forza delle donne africane, una volta disse " ... l'esperienza dimostra sempre più che solo il popolo organizzato è capace di esercitare il potere democraticamente. La giustizia e l'equaglianza che ne sono i principi di base permettono alla donna di mostrare che le società sbagliano a non accordarle fiducia sul piano politico come su quello economico. Così, la donna che esercita il potere a cui è giunta attraverso il popolo, è in grado di riabilitare tutte le donne condannate dalla storia".

Questo errore (non accordare fiducia nella vita politica) è ancora presente nel nostro mondo politico (basti pensare all'Italia) ed in Africa in particolare.
Al di là di alcune reggenze femminili (spesso dettate da elementi luttuosi e scarsamente incisive sul piano politico) in alcuni stati africani (Etiopia, Lesotho e Swaziland) ,la prima donna africana a diventare primo ministro è stata Elisabeth Domitien nella Repubblica Centroafricana (1975-76), seguita solo molti anni dopo da Sylvia Kinigi nel Burundi (1993-1994) e da Agathe Uwiligiymana in Ruanda (1993-1994).

In questo momento ( 7.2010) l'unica donna al potere in Africa è il Presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf, in carica dal 2006.

La strada intravista da Sankara è ancora molto, molto lontana.


mercoledì 14 luglio 2010

Verso l'Africa.....

Aereoporto Heathrow di Londra, 17 aprile 1993.

Nonostante il sole sia da poco emerso dal grigiore londinese e il decollo sia previsto solo nella tarda mattinata, la sala d'imbarco del Volo Charter Air2000 Londra-Banjul è già piena. Molti turisti in cerca di quella che ho sempre chiamato l'Africa comoda.... alberghi, buon cibo, qualche escursione non troppo impegnativa, un pò di finto folklore locale condito con danze e canti e qualche ragazzo o ragazza per non annoiarsi. Il tutto ovviamente a basso prezzo. Qualche espatriato di rientro e gli immancabili businessman. Uscendo dall'albergo, dove ho dormito, ho incrociato Dayal, un indiano che vive a Banjul da decenni e che viene regolarmente a Londra per i suoi affari e per incontrare i figli che studiano a Oxford. Abbiamo bevuto insieme un caffè, commentato la giornata e ci siamo dati appuntamento in volo.

Dalla borsa estraggo il mio libro, sulla cui prima pagina è impressa la data 1 aprile 1993. Fin da ragazzo ho avuto questa metodica mania (sicuramente comune a molti), di scrivere il mio nome e la data di acquisto su tutti i miei libri. Oggi mi capita di aprire qualche libro e trovare, ahimè, le date dei primi anni '70.
La quarta parte del libro, che inizia a pagina 158 e lo chiude, si intitola "Vita e morte di Thomas Sankara", leggo la citazione dall'Elogio del rivoluzionario di Brecht stampata sulla copertina di questo capitolo.... un donna non più giovane, vestita con un coloratissimo vestito giallo, marrone e verde si siede accanto a me.

Ecco saranno quelle ore a Londra che mi faranno scoprire Thomas Sankara.

La storia dell'Africa, ed in particolare il periodo post-coloniale e delle dichiarazioni di indipendenza dei paesi africani, non si studia nelle nostre scuole. Ai miei tempi sembrava che la storia dell'umanità si concludesse con la conferenza di Yalta e gli accordi di Bretton Woods.

Il libro che tenevo quel giorno tra le mani è un testo di Jean Ziegler dal titolo "La vittoria dei vinti - una speranza del terzo mondo" (scritto nel 1988, e pubblicato in Italia nel maggio 1992 dalle edizioni Sonda). E' un'analisi approfondita e cruda sul terzo mondo, ancora oggi attuale.

La storia di Sankara è singolare e il suo assassinio è stata una tragedia per l'Africa. Un uomo capace di trasformare profondamente il tessuto tradizionale ancestrale africano e allo stesso tempo di essere incisivo nei confronti dei potenti della terra. Capace di azioni che hanno trasformato un'intero Paese e di idee che hanno fatto sognare generazioni di uomini. Un uomo semplice che aveva intuito la forza del cambiamento culturale come elemento essenziale per lo sviluppo dell'Africa e che aveva saputo, per primo, cogliere la centralità delle donne per questo definitivo e profondo cambiamento.

Mi sono sempre chiesto come sarebbero stati il Burkina, e di conseguenza l'Africa, se Thomas Sankara non fosse stato abbattuto da una raffica di mitra nell'ottobre del 1987, decretando la fine di un sogno, forse di un'utopia, ma pur sempre di un modo diverso di usare il potere, di concepire l'amministrazione di un Paese, di credere nello sviluppo e nella crescita dell'intero continente africano.

Ricordo però con grande chiarezza quella mattina a Londra, quelle pagine lette quasi in apnea, come se il tempo di colpo si fosse fermato. Sento ancora l'urlo di Dayal... che mi gridava di correre perchè l'aereo stava partendo ed avevano già più volte invitato i passeggeri ad imbarcarsi...... verso l'Africa.


PS: Per chi avesse voglia di conosce altro su Thomas Sankara, oltre al citato libro di Ziegler (che consiglio), ho trovato molto interessante il piccolo testo, edito da manifestoLibri nel 1997 per la collana "Grandi Discorsi" e curato da Marinella Correggia intitolato "Il Presidente ribelle", dove è contenuto il discorso integrale all'ONU di Sankara quando propose ai paesi africani di non pagare il debito estero (per la cronaca questo libretto porta la data 7.12.1997). Interessanti anche i testi di Carlo Batà (L'Africa di Thomas Sankara, Edizioni Achab, 2003) , di Valentina Biletta (Una foglia, una storia. Vita di Thomas Sankara, Ediarco, 2005) e il romanzo di Vittorio Martinelli (La voce nel deserto, Zona, 2009).

Nel web, il sito in francese (e non solo) www.thomassankara.net.





Chi era Thomas Sankara?

Thomas Isidore Noel Sankara era nato a Yako nell'Alto Volta il 21 dicembre 1949. Iniziò la carriera militare a 17 anni (nel 1966) e fu formato come ufficiale dell'esercito in Madagascar (1971-72) divenenedo capitano. Durante la presidenza del colonnello Saye Zerbo, formò insieme ad altri giovani ufficiali una organizzazione segreta chiamata Regroupement des Officiers Communistes (ROC), cioè Gruppo degli Ufficiali Comunisti. Divenne Segretario di Stato nel 1981 e il 21 aprile 1982 - in opposizione alla deriva anti-labour del regime - rassegnò le dimissioni. Dopo un colpo di stato nel novembre 1982, che portò al potere Jean Baptiste Ouedraogo, Sankara divenne Primo Ministro. Venne presto destituito dal suo incarico e messo agli arresti domiciliari. L'arresto di Sankara e di altri suoi compagni causò una rivolta popolare, che sfociò in una e vera e propria rivoluzione guidata da egli stesso nel 1983. Divenne presidente dell'Alto Volta il 4 agosto 1983, il cui nome fu cambiato in Burkina Faso il 4 agosto 1984.
Burkina Faso significa "la terra degli uomini integri" nella lingua more e nella lingua bamanankan, parlate rispettivamente delle etnie mossi e dioula.

L'obiettivo di Sankara era la cancellazione del debito internazionale: cancellazione ottenibile soltanto se richiesta all'unìsono da tutte le nazioni africane. Non ebbe successo. Gli riuscì invece l'obiettivo di dare due pasti e 10 litri di acqua al giorno a ciascun abitante.

Sankara venne ucciso il 15 ottobre 1987 insieme a dodici ufficiali, in un colpo di stato organizzato da un suo ex compagno d'armi (e poi suo braccio destro), l'attuale presidente del Burkina Faso, Blaise Campaorè. Il complotto fu organizzato per consentire a Paesi fortemente industrializzati di poter continuare ad attingere, a costo bassissimo, alle risorse naturali del Burkina Faso e poter essere così altamente competitive sul Mercato Internazionale, così si disse. In realtà le idee di Sankara si stavano estendendo in tutto il continenete africano. Alla sua morte il Burkina Faso ripiombò nel dramma della povertà.

La sua politica rivoluzionaria si ispirò agli esempi di Cuba e del Ghana. Come Presidente, promosse la "Rivoluzione Democratica e Popolare". L'ideologia della rivoluzione venne da lui definita anti-imperialista nel suo Discorso di Orientamento Politico tenuto il 2 ottobre 1983.
Lottò contro la corruzione, promosse la riforestazione, l'accesso all'acqua potabile per tutti, e fece dell'educazione e della salute le priorità del suo governo.
In un discorso tenuto ad Addis Abeba in Etiopia, Sankara suggerì l'istituzione di un nuovo fronte economico africano che si potesse contrapporre a quello europeo e statunitense.
Soppresse molti dei privilegi detenuti sia dai capi tribali, sia dai politici, e attraverso dichiarazioni e gesti molto chiari, applicò con grande coerenza le sue idee. Ad esempio:
° il suo governo incluse un grande numero di donne, condannò l'infibulazione e la poligamia, promosse la contraccezione. Fu il primo governo africano a dichiarare che l'AIDS era la più grande minaccia per l'Africa;

° fece costruire centri sanitari in ogni villaggio burkinabé (l’Unicef definì la campagna di vaccinazione effettuata sui bambini, la più grande registrata nel mondo) e cantieri per opere idrauliche, creando un Ministero dell’Acqua;

° Sankara e i suoi collaboratori viaggiavano sempre in classe economica e a ranghi ridotti nelle visite diplomatiche. Vendette la maggior parte delle Mercedes in forza al governo e proclamò l'economica Renault 5, l'automobile ufficiale dei ministri;

° volle realizzare la "ferrovia del Shael", una linea che collega Ouagadougou al confine con il Niger, nonostante molti economisti e la banca Mondiale non lo ritenessero un progetto redditizio. Tale opera, successivamente ampliata, costituisce tuttora la principale via di comunicazione del Paese;

° durante un suo discorso all'ONU il 4 ottobre 1984, avanzò la richiesta di sospensione di Israele e di espulsione del Sud Africa dalle Nazioni Unite.

Altri provvedimenti voluti da Sankara, furono malvisti dalle potenze imperialiste, in primis gli Stati Uniti, che cercarono in tutti i modi di destabilizzare il Burkina Faso fino ad aiutare i golpisti per farlo uccidere. I paesi occidentali contribuirono dunque a isolare il paese dal punto di vista economico, come fatto con Cuba o altri stati nemici accelerando la fine violenta della rivoluzione in Burkina Faso.







Il perchè di un nome......


Perchè Sancara? Semplice, ho preso in prestito, storpiandolo, il nome di Thomas Sankara, leader del Burkina Faso (allora Alto Volta), ucciso durante un golpe nel 1987, un idealista, per molti il Che Guevara d'Africa. Fin da bambino l'Africa mi ha affascinato, ricordo che sfogliavo il mio grande atlante (De Agostini, credo) e mi soffermavo ad osservare i contorni di quell'enorme continente, a seguirne i corsi dei giganteschi fiumi o le pianure desertiche. Sono cresciuto (un giorno senz'altro ritornerò sul mio amore infantile per l'Africa) e finalmente sono riuscito ad atterrare a Dar El Salam (la mia prima volta in Africa) e poco dopo a rimanerci per un paio di anni.
La storia di Thomas Sankara mi ha appassionato sin dalla prima volta, (anche su questo ritornerò) e per molto tempo Tommaso Sancara è stato un mio pseudonimo quando mi accingevo a scrivere cose poco gradite.