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sabato 5 novembre 2016

Parco Nazionale Impenetrabile di Bwindi

Nel sud-ovest dell'Uganda, in una zona al confine con la Repubblica Democratica  del Congo, si trova questo parco di oltre 32.092 mila ettari (circa 331 chilometri quadrati, di cui l'ultimo ampliamento risale al 2003), il cui nome rende già perfettamente l'idea della sua natura, che funge da confine tra la pianura (foresta tropicale) e le montagne. Il parco si estende da un'altitudine di 1000 metri fino a vette che superano i 2700 metri. Un parco che offre una maestosa biodiversità, con oltre 200 specie di alberi, 100 diverse specie di felci, oltre 120 mammiferi, 347 specie di uccelli, 202 specie di farfalle e una trentina di anfibi, tra cui molte specie a rischio estinzione. Il Bwindi è quindi uno dei parchi con l'ecosistema più ricco d'Africa e può essere girato, con difficoltà, solo a piedi.
Al suo interno vivono alcune specie di primati come il gorilla di montagna, lo scimpanzè e il colobo. In particolare per quanto riguarda i gorilla, gli studiosi ritengono che all'interno del Parco abiti oggi la metà (dai 300 ai 350 esemplari) dei gorilla di montagna ancora esistenti nel mondo (l'altra metà vive nel vicino parco di Virunga).
Il parco, istituito nel 1991 (sebbene due parti distinte di esso erano protetti come riserva fin dal 1932), è posto sotto la tutela dell'Uganda Wildlife Authority (UWA), uns istituzione parastale, ed è protetto dalla Costituzione (1995) del Paese. All'interno vi è un istituto di ricerca permanente dove collaborano ONG da tutto il mondo. Dopo alcuni episodi risalenti al 1999, quando ribelli ruandesi presero in ostaggio turisti all'interno del Parco, oggi è possibile solo entrare con guide armate. Il punto di partenza per le visite è la città di Kabale (ad una trentina di chilometri dall'ingresso del parco). Il trekking all'interno del parco permette di osservare da vicino alcuni gruppi di gorilla, senza per questo impattare troppo sull'ecositema naturale. Vi sono due stagioni di piogge (marzo-maggio e settembre-novembre).
Nel 1994 il Parco è diventato sito Patrimonio dell'Umanità UNESCO.

Ecco il sito del parco: www.bwindiforestnationalpark.com
Ecco una parziale lista delle specie presenti al Bwindi (dal sito TEAM)

Vai alla pagina di Sancara sui Siti Patrimonio dell'Umanità

giovedì 9 ottobre 2014

9 ottobre 1962, l'indipendenza dell'Uganda

Il 9 ottobre 1962 l'Uganda diventò uno stato indipendente. Il paese, abitato fin dall'antichità dai pigmei Twa (che furono scacciati di popoli bantu), era stato culla di importanti regni, tra cui il più conosciuto e importante era quello Buganda (sorto nel XV secolo e ancora oggi esistente), da cui il paese prende il nome.
Il colonialismo europeo giunse nell'area intorno al 1860, prima con viaggiatori ed esploratori, poi con missionari (protestanti e cattolici) e infine, nel 1894 il paese divenne protettorato britannico.
L'importanza strategica dell'Uganda era legata alla coltivazione di cotone e caffè.

Durante il periodo che anticipò l'indipendenza il paese - che pur non conteneva forti spinte indipendentiste come i vicini Kenya e Tanganica - fu diviso tra i sostenitori del re (kabaka) buganda Mutesa II ( i cui sostenitori fondarono il partito Kabaya Yekka) e il partito politico emergente, l'Uganda People's Congress, guidato da Milton Obote, i quali si allearono nelle elezioni del 1962, ottenendo la maggioranza contro il Partito Democratico.

All'atto di indipendenza, il re Mutesa II assunse la Presidenza, mentre Milton Obote divenne primo ministro.
L'allenza durò poco, perché nella tarda primavera del 1966, il rapporto tra il re del Buganda e Milton Obote si ruppe. Obote si autoproclamò Presidente, facendo votare al Parlamento una nuova Carta Costituzionale e incaricò il capo di stato maggiore, Idi Amin Dada, di assediare il Palazzo Reale. Il Re fuggì in esilio nel Regno Unito. 
La storia dell'Uganda e il suo processo democratico finiva definitivamente il 25 gennaio 1971, quando Idi Amin Dada con un colpo di stato assunse il potere (aiutato dagli occidentali timorosi dello spostamento a sinistra della politica di Obote) e mise in opera una delle pìù feroci dittature africane (1971-1979).
Per la cronaca, nel 1980, dopo la caduta di Amin, Milton Obote ritornò al potere fino al 17 luglio 1985 quando fu destitito da un colpo di stato che fu seguito, pochi mesi dopo, da un altro golpe guidato da Yoweni Museveni, che ancora oggi regge l'Uganda.

Il Regno del Buganda, ancora esistente (il re potè rientrare nel 1993), convive con altalenanti rapporti, nell'odierna Uganda e rappresenta il più grande dei regni tradizionali ancora esistenti.

Vai alla pagina di Sancara, Date Storiche per l'Africa

martedì 25 febbraio 2014

Da Sankara a Museveni. Sulla felicità.

Era il  1984 quando Thomas Sankara pronunciava queste parole: "La nostra rivoluzione avrà avuto successo solo se, guardando indietro, attorno e davanti a noi, potremo dire che la gente è un po' più felice...... perché può godere di più libertà, più democrazia, più dignità." Oggi, nel 2014,  in Uganda entra in vigore una legge, sottoscritta del Presidente Yoweri Museveni, che condanna all'ergastolo chi commette il reato di omosessualità.


Trent'anni sono passati. Allora un giovane Thomas Sankara faceva sognare il suo popolo. Iniettava parole di fiducia per un futuro che poteva solo essere migliore. Lo faceva in primo luogo con l'esempio, quotidiano. Certo era un sogno, credo ne fosse perfettamente consapevole, ma era uno di quei sogni che valeva la pena di essere sognato. Un sogno, che Sankara pagò con la sua vita.

A distanza di 30 anni l'Africa, e più in generale il mondo intero, vive momenti terribili. Guerre, corruzione, sofferenze e ingiustizie attraversano il continente, in lungo e in largo.

Oggi Museveni, salito al potere nel 1986 (un anno dopo l'assassinio di Thomas Sankara) e distintosi per il suo spregio per i diritti, etichetta come "disgustosi, innaturali e senza diritti" gli omosessuali, aprendo, di fatto, la "caccia ai gay" in Uganda (un quotidiano ha pubblicato una lista di nomi e foto di personaggi pubblici ugandesi, sotto il titolo "Scoperti!").

Quella felicità individuale che per Sankara era il faro che illuminava la sua rivoluzione, diviene oggi per Museveni una ricchezza da disprezzare e da sopprimere (la legge entrata in vigore mette sullo stesso piano i rapporti omosessuali tra adulti consenzienti e l'abuso di minori!) con ogni mezzo.

Ecco l'articolo di oggi su Repubblica
Ecco un approfondimento dal Blog di Fulvio Beltrami (che in Uganda vive) Frammenti Africani





lunedì 30 luglio 2012

Ebola, alcune annotazioni

Foto Daily News
Il nome Ebola evoca qualcosa di sinistro, di grave e di sconosciuto. In questi giorni è in corso l'ennesima epidemia di febbre emorragica Ebola in Uganda. La febbre emorragica Ebola, il cui nome deriva da un fiume della Repubblica Democratica del Congo vicino al quale si verificò il primo focolaio epidemico nel 1976 - allora il paese si chiamava Zaire - quasi contemporanemente ad un secondo focolaio che si verificò il Sudan meridionale. Quelle prime due epidemie colpirono 318 persone in Zaire (con 280 morti, l'88%) e 284 persone in Sudan (con 151 morti, 53%). La paura che questa malattia incute è derivata dalla sua altissima mortalità (60-70%), dalla mancanza di cure specifiche, dall'assenza di strumenti di prevenzione (tipo vaccini) e dagli inevitabili sospetti sull'uso bellico (o terroristico) che simili virus possono generare.
La malattia, molto simile alla Febbre emorragica di Marburg (i cui primi casi si verificarono nel 1967 in Germania e nella ex-Jugoslavia tra i ricercatori che lavorano con materiali genetici di scimmie ugandesi), è determinata da un virus della famiglia dei Filoviridae - perchè i virus assumono spesso una forma filamentosa - (la stessa della febbre di Marburg) in cui si riconoscono 5 sottotipi di cui 4 che colpiscono l'uomo e un quinto (Reston) identificato negli USA che colpisce solo le scimmie.

Dal 1976 ad oggi vi sono state epidemie in Repubblica Democratica del Congo (1976, 1995, 2007 e 2009), in Sudan (1976 e 2004), in Gabon (1994,1996 e 2001), in Sudafrica (1996), in Uganda (2000, 2007 e 2011) e in Congo (2002). Tutte le epidemie sino ad oggi - nonostante la gravità della malattia - sono state contenute numericamente (la più grave interessò in Uganda nel 2000-2001, 425 persone, di cui 224 (53%) morirono).
Naturalmente il contenimento è derivato anche dal fatto che in quasi tutte le epidemie i medici e le autorità sono stati in grado di circoscrivere il focolaio (la trasmissione avviene per contatto inter-umano) e dal fatto che la trasmissione aeree (quella più pericolosa) è molto bassa.

L'Ebola fa paura è vero. In Africa Ebola ha ucciso molto, ma molto meno, che decine di altre malattie ritenute, da noi, più banali (il morbillo o la malaria, per fare un esempio). Allora è chiaro che la paura assume un altro valore che è quello - da sempre terrore delle autorità sanitarie di mezzo mondo - di una diffusione in aree diverse dell'Africa. Perfino nel cinema questo terrore è stato descritto (tra tutti il film del 1995 Outbreak - in Italia, Virus letale-  con Dustin Hoffman, Morgan Freeman e Rene Russo) con grande intensità (nel film il virus si chiamava Motaba).

Il virus Ebola è infatti classificato dal Decreto legislativo 81/08 come "agente biologico di livello 4" - ovvero il massimo per pericolosità in esseri umani (assieme al Vaiolo e alla Febbre di Lassa) e soprattutto come "agente di bioterrorismo di categoria A", ovvero la massima pericolosità possibile dove fattori quali la facilità di diffusione, l'alta letalità e la capacità di scatenare panico ne fanno una possibile arma micidiale.

La paura di una diffusione, casuale o peggio voluta, incombe ancora una volta sull'umanità, e come avviene per tutti gli agenti patogeni di cui non si riesce a scoprire l'origine, il sospetto di una "mutazione non naturale" tormenta l'animo umano.

Per ora - oltre agli sfortunati e per ora fortunatamente pochi africani che contraggono Ebola - la vera strage Ebola la sta facendo, da anni, tra gli Scimpanzè e i Gorilla che sono stati decimati da questa malattia.

Ecco la pagina del CDC (Centers fo Disease Control and Prevention) su Ebola

venerdì 6 aprile 2012

Nodding Disease: una malattia che preoccupa e fa orrore

Un bambino affetto da Nodding Disease, legato
I giornali e i siti del mondo anglofono ne parlano insistentemente da tempo e  nell'ultimo mese in particolare (in Italia, come spesso avviene, la notizia, salvo alcune eccezioni, come L'Indro, non ha destato ancora l'interesse di nessuno). Provate a digitare "nodding disease" su un motore di ricerca e vedrete un numero considerevole di articoli postati nell'ultimo periodo, oltre che video di ogni genere. 
Nel Nord dell'Uganda, in Tanzania e in Sud Sudan, le autorità sanitarie, le organizzazioni internazionali e le ONG sono preoccupate per un'epidemia di una malattia dai contorni, per ora ancora misteriosi, e che coinvolge i bambini. Una malattia che per le sue caratteristiche, ad esempio colpire i bambini e ridurli ad uno stato di "automi", tocca non solo la mente, ma anche il cuore di chi guarda con attenzione questi luoghi, forse un pò dimenticati, del mondo. Un'ennesima tragedia che rischia di abbattersi su un area del nostro pianeta dove già la vita non è facile, per tutti e per i bambini in particolare.
Tecnicamente la malattia, chiamata per ora Nodding Disease (il nome deriva dall'inglese nod, annuire, che sottolinea un gesto tipico  e patognomonico della malattia), potrebbe essere definita una "nuova malattia", nel senso che la scienza biomedica ancora non è in grado di identificarne con certezza eziologia (da cosa deriva), delinearne le modalità di trasmissione e di conseguenza le cure efficaci.
In realtà la malattia fu osservata per la prima volta nel 1962 in Sudan, sebbene la relazione con l'attuale sindrome, sia stata solo recentemente confermata. 
La malattia - che come dicevamo colpisce solo bambini tra i 5 e 15 anni - è caratterizzata da un forte ritardo mentale (su base di un'atrofia cerebrale), da sintomi neurologici tra cui appunto il movimento del capo nel senso di annuire (da cui appunto il nome della malattia) e da crisi tonico-cloniche, simil epilettiche, tanto che inizialmente si pensò al una forma appunto di epilessia (ancora oggi l'OMS nelle sue schede continua a scrivere malattia legata all'epilessia).
Il risultato è che questi bambini deambulano in questo stato "semi-catatonico" nei villaggi, al punto che qualcuno ha anche paragonato, questi bambini a dei moderni "zombi". Il risultato è che avvengono molti incidenti (affogamenti, ustioni, cadute) e quindi spesso i bambini vengono legati (vedi la foto in alto) per tutelare la loro incolumità. Cosa che a noi fa inorridire e gridare alla scandalo, ma vi assicuro che nelle realtà rurali africane diventa spesso, purtroppo tristemente, l'unica possibilità per evitare incidenti e permettere alla famiglie di continuare a vivere. Senza andare molto lontani, nel nostro paese si facevano cose analoghe  e peggiori, fino ad alcuni decenni or sono, per molte patologie mentali.
Gli studi attuali portano ad una stretta relazione tra la nodding disease e l'Onchocerca Volvulus, un nematode (verme) responsabile della cecità dei fiumi, ad una relazione con alcune carenze vitaminiche, mentre sembra esclusa qualsiasi trasmissione tra uomo e uomo.
Solo in Uganda sono stati diagnosticati 3097 casi a partire dal 2010 e di questi 174 sono morti.

Un padre porta il figlio, affetto da ND, in Ospedale
Naturalmente da tempo l'Organizzazione Mondiale della Sanità segue la faccenda, sia da un punto di vista epidemiologico, sia di quello degli studi, sia sul piano delle eventuali modalità di trattamento dei giovani pazienti. Recentemente in Uganda è stato aperto il primo Centro per il Trattamento dei Malati di Nodding Disease.
Infine mi sembra corretto segnalare che avviene in queste aree del mondo quando sorgono (o si modificano) nuove patologie, qualcuno inizia già a parlare di una relazione con alcuni vaccini somministrati ai bambini. Ora che l'Africa sia stata - e purtroppo continua a esserlo - soggetta a sperimentazioni di ogni genere è cosa risaputa (qualche volta si è riusciti perfino ad ottenere risarcimenti da parte delle multinazionali del farmaco) per cui ogni ipotesi andrebbe seriamente investigata.

Certo, finchè la malattia colpirà solo un pò di bambini neri dell'Uganda, sarà molto difficile che la comunità scientifica internazionale, e l'opinione pubblica, si attivino seriamente per evitare l'ennesima violenza sull'infanzia africana. Forse parlarne può aiutare.

Ecco una buona analisi sulla patologia, dal sito ScienceBlogs, postata solo una settimana fa.

Ringrazio l'amica Jasmine Isam (blogger, autrice del Diario della Rivoluzione Egiziana), per avermi stimolato a scrivere un post su questa strana malattia.

giovedì 29 marzo 2012

Popoli d'Africa: Luo

I Luo (chiamati anche Joluo o Lwo) sono un gruppo etnico dell'Africa Orientale. Vivono in Kenya dove sono il terzo gruppo etnico (dopo i Kikuyu e i Luhya, con circa il 12-13% della popolazione), in Uganda (nell'est), in Tanzania (nel nord) e in piccoli gruppi in Sud Sudan e nella R.D. del Congo.
Complessivamente si stima siano un numero vicino ai 4,5 milioni le persone di etnia Luo, di cui circa 3,2 milioni in Kenya.
Parlano una lingua nilotica, che in Kenya è chiamata Dholuo, che è condivisa anche da altri popoli dell'area che hanno adottato la loro lingua.
Oggi sono per lo più cristiani, sebbene permangono, nelle aree rurali, ancora tradizioni e antichi riti religiosi.
Secondo gli storici i Luo abitavano l'area che è oggi è il Sud Sudan fin dal 3000 A.C., iniziando poi verso il XIII secolo una discesa verso Sud (sebbene alcuni studi parlano di una prima migrazione già a partire dal 1500 A.C.) fino agli attuali luoghi di penetrazione. Secondo gli stessi studi, i Shilluk, oggi piccolo gruppo etnico del Sudan, hanno origine da questa migrazione dei Luo e con cui condividono le origini.
Tradizionalmente sono pastori nomadi, divenuti poi agricoltori e pescatori delle acque del Lago Vittoria. Sono, per intenderci, i pescatori del Pesce Persico del Nilo, conosciuto nei nostri banchi del pesce (viene esportato in grandi quantità verso l' Europa) e che è alla base del film-documentario del 2004 dell'austriaco Hubert Sauper, L'incubo di Darwin.

La mappa dei popoli del Kenya
I Luo ebbero contatti tardivi con i coloni inglesi e successivamente stabilirono rapporti con essi non conflittuali (grazie anche al fatto che gli inglesi non occuparono mai le loro terre). Ancora oggi, ad esempio, l'elite Luo (molto influente in politica ed in economia) vengono ritenuti dei corretti padroni delle lingua inglese. Infatti, pur annotando tra i fautori dell'indipendenza membri dell'etnia Luo, essi non aderirono mai, se non in forma residuale e al contrario dei Kikuyu, a movimenti radicali quali i Mau Mau. A seguito dell'indipendenza avvenuta nel 1963, il leader luo Oginga Odinga (1911-1994), divenne vice-presidente di Yomo Kenyatta, ma contrasti tra i due crearono una spaccatura, avvvenuta nel 1966, che marginalizzarono politicamente l'etnia Luo (Odinga fu arrestato nel 1969 e dopo la morte di Kenyatta, avvenuta nel 1978, egli andò in contrasto anche con il nuovo Presidente Arap Moi e nel 1982 fu nuovo arrestato per tentato golpe). Il figlio Raila Odinga è divenuto Primo Ministro il 17 aprile 2008, sotto la presidenza di Mwai Kibaki. Ancora oggi le rivalità tra i due gruppi etnici, che necessariamente si mescolano con rivalità politiche e con il controllo economico del paese, costituiscono un serio problema che, tra la fine del 2007 e l'inizio del 2008 (a seguito della rielezione di Kibaki), è sfociato in sanguinosi scontri.

Nelle tradizione del popolo Luo erano previsti complessi riti di iniziazione (molti dei quali oggi abbandonati) che ad esempio prevedevano la rimozione di alcuni denti inferiori e che, contrariamente ad altre etnie vicine, non contemplavano la circoncisione.
Inoltre vi era un obbligo dei fratelli di prendere in moglie la vedova dei loro congiunti eventualmente defunti.
Vivono in clan con una struttura sociale patrilineare. Come avviene per ogni popolo africano, non mancano rituali in cui la danza, con costumi risalenti alla tradizione e la musica (con percussioni, strumenti a corda tipo lira e flauti) sono al centro delle cerimonie. Ai Luo si deve anche la nascita, tra gli anni '40 e gli anni '60, di uno stile musicale, chiamato benga, suonato con il nyatiti (una sorta di lira e 5 corde) e cantato in Dholuo, Swahili e Inglese.

Un giovane Barak Obama con la nonna paterna di etnia Luo
L'etnia Luo è anche stata conosciuta nel mondo poichè è il gruppo etnico da cui discende la famiglia (per linea paterna) dell'attuale presidente degli Stati Uniti d'America, Barak Obama.




Tra gli approfondimenti possibili sui Luo, vi è questo libro di Daniela Chiapperini, Luo del Kenya (Stilo, 2011)

 
Vai alla pagina di Sancara sui Popoli d'Africa

lunedì 12 marzo 2012

Kony 2012, un fatto solo mediatico?

Il video Kony 2012, postato dall'associazione americana Invisible Children ha fatto rapidamente il giro del mondo. Su Youtube è stato cliccato da quasi 75 milioni di persone, mentre i social networks del pianeta sono stati invasi da richieste di adesione alla causa "fermiamo Joseph Kony" e di richieste di finanziamento. Un fatto straordinario, se consideriamo che il video (che dura 30 minuti) è stato postato solo il 5 marzo scorso e che Joseph Kony da oltre 20 anni imperversa in Uganda e nei paesi limitrofi seminando il panico tra la popolazione, stuprando e mutilando chiunque si trovi sulla sua strada e rapendo, fino ad oggi, almeno 40 mila bambini per ridurli alla schiavitù sessuale o per farne diventare spietati soldati. Naturalmente lo scopo dichiarato del filmato è quello di indurre la comunità internazionale a catturare e processare Joseph Kony per crimini contro l'umanità. Le straordinarietà sono almeno tre. La prima è le modalità, che qualcuno ha definito virale, con cui la comunicazione si è diffusa nella rete. Hanno fatto conoscere al mondo le ignobili gesta (su questo non vi sono dubbi - vi rimando a questo post di Sancara quando è stato inserito nella lista delle anime nere dell'Africa) del macellaio Kony più questi 30 minuti di filmato, in stile documentarista e americano, un pò paternalistico  e zeppo di luoghi comuni e di perbenismo, che quasi 25 anni di serio giornalismo e di inchieste sul''Esercito di Resistenza del Signore (LRA, in inglese). Questo deve far riflettere tutti noi.
La foto dei fondatori di Invisible Children, dalla rete
Così come è straordinario, che in molti, non solo tra i comuni lettori, ma anche tra blogger, giornalisti, opinionisti e politici, hanno scoperto solo grazie al filmato, l'esistenza dell'Esercito di Resistenza del Signore e delle carneficine che Joseph Kony e i suoi uomini (ridotti ad un migliaio, secondo i ben informati) mettono in atto oramai da decenni. E' vero che l'Africa è lontana, che abbiamo tante cose importanti a cui pensare, che in fin dei conti quello che succede da quelle parti a noi interessa poco, ma francamente è imbarazzante osservare il disinteresse generale verso i fatti che accadono nel mondo. Provate a digitare su di un motore di ricerca Joseph Kony o LRA (opzionando la data a prima del 5 marzo, per non essere viziati dal successo del video) e scoprirete migliaia di testi e di notizie. Vi linko un rapporto di Human Right Watch del 2010, a modi esempio.
Infine, come sempre avviene, anche nelle cause più nobili si è scatenata una ampia discussione, nella rete (vi linko un esempio da AgoràVox), nei giornali e nei social networks sulla affidabilità degli autori del messaggio e sulle loro reali intenzioni. Sono apparsi dati sui costi del video, sulla situazione finanziaria dell'associaizone e foto dei fondatori di Invisible Children ritratti armati, tra guerriglieri (vedi foto in alto). Naturalmente tutte le critiche sono vere (vi posto questa dal sito InformareXResistere, che oltre ad essere seria, è anche ironica).
Mutilazioni dell'LRA , foto Giorgio Trombatore, dal Secondo Protocollo

Che gli Stati Uniti abbiano altri obiettivi nell'area è palese. Che gli americani non siano animati da spirito umanitario o dalla voglia di vedere un mondo più giusto, appare perfino banale.
Che sia singolare che nessuno fino ad oggi si sia degnato, seriamente, di dare la caccia al criminale Kony. Che la comunità internazionali si restata tutti questi anni a guardare, facendo affari con chi proteggeva Kony, è un dato conosciuto e discusso da tempo.
Già a partire dal 2009 l'amministrazione Americana ha provato a forzare la mano (Sancara aveva già scritto in questo post), usando l'arma (mediatica) Kony, per arrivare ai propri obiettivi strategici su di un'area particolarmente ricca di petrolio e minerali.
Così come è vero che la campagna Kony2012 di Invisible Children ha scopi diversi da quelli dichiarati (alcuni dei quali ancora non molto chiari) e che il suo successo si deve ad una strategia di marketing che non porterà reale sollievo a chi è stato mutilato, violentato o sequestrato.

Bisogna però fare attenzione. Se è vero che la campagna Kony2012, e perfino forse le sue dichiarate intenzioni, sono falsificate, è altrettanto vero che ciò che avviene in Uganda (e nei paesi limitrofi) è vero. Che Joseph Kony è un macellaio, un invasato e un criminale di guerra (su di lui pende un mandato di arresto del Tribunale Internazionale) che deve essere fermato (cosa che andava fatta oramai da oltre un decennio), processato e condannato.

giovedì 29 dicembre 2011

Anime nere dell'Africa: Joseph Kony

Joseph Kony è un'anima nera che non ha ancora terminato la sua devastante azione nel continente africano. Nato nel 1962 (secondo altri fonti nel 1961) a Oduk, un villaggio nel nord dell'Uganda, da padre catechista cattolico e madre anglicana, la sua carriera di macellaio (perchè oggi altro non è che questo) inizia nel 1987 quando entro' in uno dei gruppi "millenaristi" che si formarono nella "terra degli Acholi" (etnia di cui egli fa parte) in Uganda e che seguivano l'Holy Spirit Movement della "profetessa" Alice Auma, una sua cugina, in lotta contro il governo di Yoweri Museveni.
Ma andiamo con ordine, naturalmente con una massiccia semplificazione.
Nel gennaio 1986 Yoweri Museveni (attuale presidente dell'Uganda) e il suo National Resistence Army  entrarono a Kampala defenestrando il presidente Bazlio "Tito" Okello, di etnia Acholi (militare che era subentrato a Milton Obote con un golpe il 27 luglio 1985). In agosto del 1986 nacque l'Holy Spirit Movement, che fino al novembre 1987 si oppose con le armi al governo di Museveni. La nascita del movimento - guidato da Alice Auma - è un misto tra leggenda, misticismo e follia religiosa. Alice (che era nata nel 1956, morirà in esilio in Kenya nel 2007), dopo essersi convertita nel 1985 al cristianesimo, sostenne di essere posseduta dagli spiriti e in un momento di delirio religioso annunciò che il suo spirito guida, Lakwena, gli aveva ordinato di combattere il governo ugandese, conquistare Kampala e liberare dalle storiche persecuzioni gli Acholi. Il movimento fondava le sue radici ideologiche all'interno del "millenarismo", un movimento della chiesa cristiana (staccatosi da quelli che poi sarebbero divenuti i "testimoni di Geova") ispirato ad alcuni versetti dell'Apocalisse di Giovanni e che professava il ritorno di Cristo, il quale avrebbe regnato per mille anni. A questo movimento aderì subito Joseph Kony. Gli adepti, che raggiungeranno le 20 mila unità, si lanciarono in attacchi suicidi contro l'esercito ugandese, protetti da uno speciale olio, capace di trasformare i proiettili in acqua. Con loro si alleò l'UPDA (Uganda People's Democratic Army) composta dai militari di etnia acholi che erano stati "messi da parte" dopo la cacciata di Okello. Nel novembre 1987 gli insorti furono pesantemente sconfitti alle porte di Kampala, e Alice si rifugiò in Kenya assieme ad uno sparuto gruppo di fedelissimi.
Kony, che aveva anch'egli sostenuto di essere guidato da uno spirito, decise di prendere in mano la situazione e fondò un gruppo che, dopo aver cambiato svariati nomi assunse l'attuale denominazione Lord's Resistence Army (LRA) (tradotto in italiano Esercito di Resistenza del Signore) nel 1993. Sin da subito i ribelli di Kony usarono strategie non convenzionali di lotta. Rapimento di bambini e bambine per farne guerriglieri o schiavi sessuali (ad oggi un numero vicino ai 40 mila), stupri di massa, amputazioni e menomazioni di ogni genere, omicidi (oltre 12.000) e lo sfollamento di quasi 2 milioni di persone.
Lo scopo dichiarato di Kony è sempre stato quello "di stabilire nel paese una teocrazia basata sulla Bibbia e sui Dieci Comandamenti". La sua è senz'altro una forma di integralismo che, come avviene anche nelle altre religioni, trova nell'estremismo -e nella follia - una delle maggiori ragioni di essere.
Nonostante i tentativi di negoziare e combattere l'LRA (che nel 1988 vantava, secondo alcuni oltre 10.000 operativi), a distanza di oltre 20 anni, Kony ed i suoi uomini continuano a seminare il terrore. Sin dal 1994 l'LRA si è inserita all'interno dei sanguinosi conflitti della regione, prima sbarcando in Sud Sudan (spalleggiati dal governo di Khartoum, islamico, in chiave anti-SPLA, i ribelli del sud) e successivamente (2005) nella Repubblica Democratica del Congo stabilendo le basi all'interno del Parco nazionale di Garamba.
L'esercito di Kony, al crescere della sua follia, si è assottigliato, secondo gli esperti oggi non raggiungerebbero un migliaio di attivi, capaci però di seminare il terrore grazie a tecniche di guerriglia spietate e imprevedibili.
Nel 2002 gli Stati Uniti e la Gran Bretagna inserirono l'LRA tra i gruppi internazionali del terrorismo. Nel gennaio 2005, quando il governo Sudanese e la SPLA siglarono lo storico accordo di pace (che porterà nel 2011 alla nascita del Sud Sudan), l'LRA sembrò accusare il colpo, trasferendo le proprie basi nella Repubblica Democratica del Congo. Nell'ottobre del 2005 la Corte Internazionale di Giustizia (su pressioni delle organizzazioni non governative, interenazionali e locali) chiese l'arresto, con 33 capi d'imputazione, di Joseph Kony, del suo vice Vincent Otti (assassinato nel 2007 dallo stesso Kony perchè troppo "entusiasta" dei colloqui di pace in corso con il governo ugandese) e altri 3 leaders dell'LRA. Nel 2007 l'LRA sconfinò anche nella Repubblica Centroafricana, stabilendo anche lì delle basi e continuando a gettare nel terrore intere popolazioni inermi.
E' chiaro che dalle origini a oggi, il movimento di Kony ha perso qualsiasi legittimazione "di opposizione politica", sconfinando nella pura è semplice sopravvivenza attraverso un sistema di delirante crudeltà e di terrore.
Come avevo già scritto lo scorso anno (vedi post), gli Stati Uniti hanno deciso di lanciare una campagna atta a sconfiggere - per sempre -  Kony e i suoi uomini. Proprio nei mesi scorsi sono stati inviati in Uganda dei soldati per "favorire" la risoluzione della "questione LRA". E' chiaro che gli Stati Uniti non si muovono per "spirito umanitario". Gli interessi nella regione sono immensi (petrolio e minerali) e i rapporti con i governi locali (Uganda e Sud Sudan in particolare) sono strategici. Le speranze per le popolazioni locali sono quelle che, almeno una volta, gli interessi degli Stati Uniti e la fine del terrore che ha scatenato Kony, possano coincidere. 
Per ora, Joseph Kony, resta uno dei più ricercati criminali dell'Africa e fino ad oggi, anche quello che è lasciato agire in modo meno disturbato.

In rete è disponibile anche il sito LRA Crisis Tracker, pubblicato dall'organizzazione americana Invisible Children, che aggiorna in tempo reale su tutte le operazioni in cui è coinvolta l'LRA e dove è possibile trovare ogni approfondimento a riguardo.

Vi segnalo questo blog di Solomon Akugizibwe, un attivista dell'Uganda, che in questo post scrive un ritrattato di Joseph Kony

giovedì 21 luglio 2011

Popoli d'Africa: Karamojong

Il gruppo etnico dei Karamajong vive nel nord-est dell'Uganda, nella regione denominata Karamoja, un altopiano arido mediamente sopra i 1000 metri. Dagli ultimi censimenti non superano il numero di 300 mila. Originariamente pastori semi-nomadi (seguono il bestiame negli sposamenti, ma lasciano una base abitativa fissa), da tempo hanno sviluppato una forte propensione all'agricoltura (sorgo, tabacco e miglio) praticata esclusivamente dalle donne. Sono considerati dei "razziatori" di bestiame, per il fatto che anche tra di loro, oltre che con i vicini, si sottraggono il bestiame per ripristinare la mandria originaria. Del resto la dipendenza, non solo economica, dal bestiame è totale.
Il loro territorio, confinante con il Sud Sudan, è stato fortemente condizionato dagli eventi derivati dal conflitto sudanese e in parte alla ribellione dell'Esercito di Resistenza del Signore. E' stata una zona fortemente invasa da armi (su questo tema vi segnalo questo interessante lavoro di Ben Knighton delll'Università di Oxford sulle armi dei karamojong) a tal punto che lentamente i karamojong hanno sostituito armi automatiche alle tradizionionali frecce, scatenando veri e propri conflitti armati con i vicini, anche oltre confine.
La loro lingua appartiene al gruppo centrale delle lingue nilotiche e ha molte similitudini con lingue che si parlano in Kenya nei pressi del lago Turkana. Infatti secondo alcuni antropologi il gruppo originario è migrato verso il 1600 dalla regione etiopica, dividendosi poi in due tronconi uno verso l'attuale Kenya e l'altro, costituito dai karamajong, verso il nord dell'Uganda.
Sono organizzati in clan patrilineari retti da un consiglio di anziani e suddivisi per classi d'età.
Non è molto comune la circoncisione, mentre è molto praticata la scarificazione rituale.
I Karamojong sono senz'altro l'etnia dal più basso indice di sviluppo di tutta l'Uganda.

Tra i maggiori studiosi del popolo karamojong vi è stato il sacerdote missionario comboniano veronese Bruno Novelli (1936-2003), che ha speso praticamente ininterrottamente oltre 20 anni (dal 1971 al 1995) tra i karamojong, studiandone la lingua e la religiose. Nel 1985 ha pubblicato una grammatica della lingua karamojong.
Ecco un link su Google books, con uno dei testi di Novelli sulla religione dei karamojong (in inglese).

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mercoledì 20 luglio 2011

Musica: Geoffery Oryema

Geoffery Oryema è un cantante e chitarrista ugandese. Nato a Soroti il 16 aprile del 1953, di etnia Acholi. Il padre di Geoffery, Erinayo Wilson Oryema fu il primo ispettore generale di Polizia dell'Uganda e nel 1971, quando Idi Amin prese il potere, fu nominato Ministro della Terra, delle Miniere e delle Risorse Idriche. Era ancora nelle sue funzioni di Ministro, quando il 16 febbraio 1977 fu arrestato assieme all'arcivescovo Janani Luwum e al Ministro degli Interni Charles Ofumbi. Accusati di essere al servizio del presidente deposto Milton Obote e di preparare un golpe, furono torturati e giustiziati il giorno seguente (ufficialmente per il governo morirono in un'incidente d'auto). Geoffery fu costretto a scappare dal paese (aveva 24 anni) con una rocambolesca fuga in auto.
Andò a vivere definitivamente in Francia, a Parigi (già da tempo faceva frequenti spostamneti a Parigi) che divenne la sua terra di adozione. In Francia la sua formazione fu legata al teatro (Accedemia di Arte Drammatica e il "Theatre Limited"), alla musica (la Circus Company della figlia di Chaplin, Victoria), la musica tradizione ugandese e il karate shotokan. Già da anni scriveva testi teatrali, tra cui uno "The Reign of Terror", sulle atrocità di Idi Amin in Uganda.
Negli anni '80, per mantenersi, lavorò come tecnico del computer presso The International Herald Tribune.
Venne in contatto con il WOMAD (World of Music Art and Dance) di Peter Gabriel e nel 1990, Brian Eno produsse il suo primo album Exile.



Un brano di quel disco, Yè Yè Yè (nel video), raggiunse il successo (che gli valse poi un disco d'oro) perchè scelto da un noto talk show francese. Da allora la sua carriera ebbe un percorso in discesa. Invitato da Peter Gabriel partecipò al grande concerto per la liberazione di Nelson Mandela, assieme ai più grandi artisti africani e internazionali.
Innumerevoli furono poi le collaborazioni con artisti francesi, tra cui la colonna sonora del film di Hervè Palud Un indiano in città (1994), poi con artisti russi e infine con i maggiori artisti africani, partecipando al Live 8 Africa Calling.
La sua intensa e qualitativa attività gli è valsa, nel 2000 la legione d'onore francese per l'arte.
Nel corso della sua carriera ha partecipato a numerose raccolte di fondi per progetti approntati e sostenuti da organismi internazionali sull'Africa e in particolare per la lotta contro i bambini soldato.
Canta in acholi e swahili, oltre che in francese e in inglese.

Ecco il sito ufficiale di Geoffery Oryema su cui è possibile approfondire la sua biografia e la sua arte.

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mercoledì 13 luglio 2011

Bark Cloth, una tecnica tessile dall'Uganda

Bark Cloth (o Barkcloth), e' una tecnica tessile che un tempo era comune in Africa oltre che in alcune aree dell'Asia e dell'Oceania e che oggi è ancora praticata in particolare tra i Baganda dell'Uganda.
Il tessuto che si ricavava, di rara bellezza e finezza, colorato e decorato, serviva alla famiglia reale del regno di Buganda e veniva usato tradizionalmente nelle importanti cerimonie quali le incoronazioni, i matrimoni e le cerimonie funebri.
Il tessuto è ricavato dalle fibre di alcune piante della famiglia delle Moraceae, tra cui la Broussonetia papyrifera, la Artocarpus altilis (albero del pane) e il Ficus.
In Uganda viene in modo particolare usata la corteccia dell'albero Ficus natalensis, che in loco viene chiamato Mutuba.
Il tessuto si ottiene battendo delicatamente la corteccia (bark, in inglese) fino a farla diventare sottile ed elastica. Da una corteccia di 75x150 centimetri, si ottiene un tessuto grande fino a 400x180. L'albero decorticato, viene ricoperto con grandi foglie di banano in modo da consentire la ricrescita della corteggia. Un albero nel corso della sua esistenza (40 anni) può arrivare a produrre fino a 400 metri quadrati di stoffa.
Al fine di salvaguardare questa tecnica (secondo alcuni studi risalente ad epoca preistorica), praticata dai Baganda almeno dal XIII secolo, che rischiava di andar perduta, a seguito dell'introduzione del cotone a partire dal XIX secolo, l'UNESCO nel novembre 2005 la iscrive tra i Patrimoni immateriali dell'Umanità.




Tra le azioni per la salvaguardia che l'UNESCO ha messo in campo in questi anni, vi è la formazione, soprattutto dei giovani artigiani (la tecnica storicamente veniva tramandata di generazione in generazione), la promozione della cultura del barkcloth e la sua diffusione anche fuori dall'Uganda e una serie di interventi per favorire il mercato e rendere quindi remunerativo il lavoro artigianale.


Ecco un blog per parla dell'arte del barkcloth ugandese.

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lunedì 11 luglio 2011

Popoli d'Africa: Acholi

Gli Acholi (chiamati anche Acoli e meno frequentemente Gang o Shuli) sono un gruppo etnico che vive nel nord dell'Uganda, e una piccola comunità nel neonato stato del Sud Sudan. Complessivamente contano circa 1,2 milioni di individui, di cui circa 50 mila in Sud Sudan.
Parlano una lingua nilotica, l'Acholi, simile al Luo (gruppo etnico vicino). L'area dove vivono viene generalmente chiamata "Acholi-land", sebbene ovunque non sia indicata la parte sud sudanese.
Gli storici sostengono che il gruppo sia migrato, verso la fine del XVII secolo, dal Sudan (nell'area oggi chiamata Bahr el Ghazal), entrando in conttato con l'etnia Luo del nord Uganda.
Vivono in piccoli villaggi costituiti da clan patrinileari. Sono cacciatori e allevatori. Coltivano miglio (che è la loro principale fonte di alimentazione) e tabacco per il commercio. Sono prevalentemente cattolici (cristiani e protestanti), con una minoranza mussulmana. La presenza di credenze tradizionali, rimane comunque alta. Buoni musicisti e ottimi danzatori.
Durante il periodo coloniale, gli inglesi favorirono lo sviluppo economico e sociale del sud del paese (in modo particolare a favore dell'etnia Baganda). Gli Acholi, assieme agli altri gruppi etnici del nord, supplirono a molti dei lavori manuali tra cui anche quello dei militari. Infatti nel tempo crearono quella che ancora oggi è una forma di "etnocrazia militare" che nel giugno 1985 sfociò nel golpe del Generale Tito Okello (che aveva partecipato alla defenestrazione di Idi Amin nel 1979 e che è morto in esilio nel 1996), abbattuto pochi mesi dopo, nel gennaio 1986, dall'attuale capo di stato, Yoweri Museveni.
Gli Acholi sono tristemente conosciuti, loro malgrado, nel mondo perchè tra la loro gente è nato uno dei gruppi armati più sanguinari dell'intera Africa, la Lord's Resistence Army (LRA) o Esercito di Resistenza del Signore, (di cui mi ero già occupato in un precedente post) capeggiato dall'acholi Joseph Kony, sanguinario e delirante criminale. L'LRA dal 1987 (nasce a seguito della presa di potere di Museveni) ha assassinato, stuprato e mutilato decine di migliaia di persone. Inoltre ha rapito e costretto a diventare sanguinari guerrieri oltre 30 mila bambini. Ancora oggi gli Acholi costituiscono un gruppo di rifugiati interni in Uganda, poichè sono essi stessi oggetti di attacchi dell'LRA.
L'etnia Acholi da decenni subiscono i suprusi dell'LRA e la repressione del governo centrale.

Vi segnalo questo breve articolo di Ulrich Delius sulla guerra civile che interessa gli Acholi del Nord Uganda.
La pagina di AcholiToday, su quello che e' un vero e proprio genocidio ad opera dell'LRA.
La pagina sugli Acholi, nel sito Gurtong del Sud Sudan.

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mercoledì 23 febbraio 2011

3-4 luglio 1976, operazione Thunderbolt ad Entebbe

Entebbe è il principale aereoporto internazionale dell'Uganda. Si trova a circa 35 km dalla capitale Kampala. Quello che accadde la notte tra il 3 e il 4 luglio del 1976, iniziò quasi una settimana prima, quando alle 12.30 del 27 giugno, un Airbus A300 dell'Air France, in partenza da Atene, proveniente da Tel Aviv e con destinazione Parigi, fu dirottato. A bordo c'erano 248 passeggeri (198 partiti da Tel Aviv e 58 imbarcati ad Atene) e 12 membri dell'equipaggio. Tra i passeggeri anche i 4 dirottatori: due palestinesi del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina e due tedeschi (Wilfried Bose e Brigitte Kuhlmann, con passaporti falsi sudamericani) della Revolutionare Zellen (Cella Rivoluzionaria, un'ala della Rote Armee Fraktion -RUF), tutti imbarcati ad Atene. Dopo aver fatto scalo a Bengasi in Libia (dove in cambio del rifornimento fu rilasciata una donna) l'aereo atterrò ad Entebbe il 28 giugno alle ore 3.15. La destinazione ugandese fu scelta perchè il comando si aspettava l'appoggio, che di fatto ottenne, del dittatore Idi Amin Dada.
Ad Entebbe almeno altri 2 terroristi si aggiunsero al commando.
I dirottatori chiedevano il rilascio di 53 prigionieri (40 palestinesi detenuti in Israele e altri 13 detenuti tra Kenya, Svizzera, Francia e Germania) pena l'inizio dell'eliminazione dei prigionieri a partire dalle ore 14.00 del 1 luglio. Scesi dall'aereo furono accolti nel vecchio terminal passeggeri e divisi tra ebrei e non ebrei. Questa scelta creò qualche problema tra i palestinesi e i tedeschi ai quali la questione ricordava vecchi e drammatici precedenti. I non ebrei furono poi rilasciati (resteranno 103 persone, secondo altre fonti 98) ad eccezione del capitano del volo, Michael Bacos, che otterrà di rimanere con i passeggeri che aveva preso in consegna a Tel Aviv. Anche Amin Dada arrivò nel pomeriggio nel terminal comunicando che la responsabilità di quanto sarebbe successo era da addebbitarsi esclusivamente ad Israele.
Mentre il governo di Israele, guidato da Yitzhak Rabin, trattava con i terroristi per postporre l'ultimatum al 4 luglio (cosa che ottenne) i servizi segreti ed i militari pianificano il blitz. Il fatto che il terminal aereoportuale fosse stato costruito da una ditta israeliana facilitò l'addestramento e la simulazione dell'operazione.
Il 3 luglio, da Israele partirono quattro Hercules C-130 e due Boing 707 (uno che atterrò a Nairobi dove il governo keniano appoggiò logisticamente l'operazione) in quanto attrezzato come ospedale mobile l'altro utilizzato in volo come supporto per le comunicazioni. Tra le altre cose gli Hercules trasportavano una Mercedes (appositamente riverniciata in nero) e un Land Rover poichè nel piano il corteo che si avvicinava al terminal di Entebbe, sorvegliato da militari ugandesi, doveva simulare l'arrivo del Presidente Amin Dada.
Alle ore 23.01 del 3 luglio gli Hercules atterrarono ad Entebbe, volando bassi e senza assistenza di volo. A bordo oltre 100 militari e diversi uomini dei servizi segreti. Furono subito scaricate le auto (si racconta che solo due giorni prima Amin Dada aveva sostituito la sua Mercedes nera con una bianca, ma solo poche persone ne erano a conoscenza). In 53 minuti (2 in meno del previsto) l'assalto fu concluso. Gli Israeliani giunti al terminal passeggeri urlarono in ebraico di stare giù agli ostaggi e spararono su tutto quello che si muoveva. Un ostaggio, Jean Jacques Maimoni fu ucciso perchè probabilmente non aveva capito l'ordine, altri due Pasko Cohen e Ida Borochovitch restarono uccisi nella sparatoria, mentre 10 furono i feriti. Tutti i sei terroristi caddero al suolo.
I passeggeri furono trasportati agli Hercules C-130, mentre il commando israeliano distruggeva 11 Mig ugandesi di fabbricazione russa (allo scopo di proteggersi la fuga) vi fu uno scontro a fuoco con i militari ugandesi. A perdere la vita fu il tenente colonnello Yoni Netanyahu (fratello minore dell'attuale Primo Ministro Israeliano). Alle 0.31 del 4 luglio l'ultimo C-130 decollò dal suolo ugandese.
Complessivamente nello scontro morirono 45 militari ugandesi (sebbene il numero esatto non sia così certo, altre fonti parlano di 12, altre ancora di 20).
Un'altra passeggera, Dora Bloch, che si trovava all'ospedale di Kampala per cure, fu uccisa per ordine di Amin Dada, portando a 4 le vittime complessive tra gli ostaggi.

L'azione, che viene ricordata come una delle più "riuscite" operazioni antiterrorismo della storia, ebbe alcuni risvolti postumi. Il primo fu che Israele dimostrò, con una prova muscolare, ai Palestinesi, e al mondo intero, che non avrebbe più tollerato azioni contro il suo popolo. La comunità internazionale, nonostante i tentativi ugandesi di richiamare la violazione della propria sovranità, non provò nemmeno a condannare "l'invasione" territoriale israeliana.
Infine, la credibilità internazionale (quel poco che ne rimaneva) di Idi Amin Dada fu definitivamente affossata e da quell'estate del 1976 iniziò la fase discendente del suo potere, che lo porterà ad essere spodestato nell'aprile 1979.



Posto la prima parte di un documentario che raccoglie interviste ai protagonisti, documenti e immagini. Tutte le parti si trovano tranquillamente su YouTube.

Sui fatti di Entebbe sono stati girati alcuni film, tra cui La lunga notte di Entebbe (1976, Marvin Chomsky) con Kirk Douglas, I leoni di Guerra (1977, di Irvin Kershner) e La notte dei falchi (1977, di Menahem Golan).


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giovedì 19 agosto 2010

Cinema: L'ultimo re di Scozia (2006)

Il film di Kevin MacDonald (al suo primo lungometraggio, dopo una carriera da documentarista) è valso a Forest Whitaker, nei panni di Idi Amin Dada (vedi post), l'Oscar per il miglior attore protagonista, per una interpretazione assolutamente straordinaria di un personaggio complesso.
E' un film ben confezionato, che partendo da un protagonista inventato (il medico inglese Nicholas Garrigan) racconta invece la reale storia di uno dei più sanguinari e folli dittatori africani: Idi Amin Dada, al potere in Uganda dal 1971 al 1979.
Adattamento di un romanzo di Giles Foden, il film ripercorre l'ascesa e il declino del potere di Idi Amin Dada, attraverso una percorso che coglie appieno la follia di un uomo, inizialmente carismatico e affascinanate, poi paranoico e delirante. Grazie alla straordinaria interpretazione di Forest Whitaker - che riuscirà nell'impresa di rendere a tratti simpatico questo "omone" -(nella realtà Amin fu campione nazionale di boxe, nella categoria massimi) - coadiuvato da James McAvoy (nei panni del giovane medico inglese) il film ha il merito di rendere noto al grande pubblico un evento della storia africana, poco conosciuto come la dittatura Ugandese.
Il regista. che ha affrontato questo film con il piglio tipico di un documentarista- 3 mesi di interviste e raccolta di materiali in Uganda - , finisce con il confezionare un prodotto adatto al grande pubblico e allo stesso tempo fedele nella ricostruzione storica. Un film da vedere.