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sabato 21 ottobre 2017

Il Lago Bosomtwe

Il Lago Bosomtwe (scritto anche Bosumtwi) è un lago naturale (l'unico del Ghana) nato da un cratere meteoritico frutto di un impatto avvenuto tra uno e due milioni di anni fa (nel Pleistocene).  E' quindi - in accordo con la Earth Impact Database uno dei 190 crateri meteoritici confermati nel pianeta Terra (di cui 20 in Africa) e uno dei 6 laghi meteoritici del mondo. 
Viene ritenuto anche uno dei crateri meteoritici meglio conservati del pianeta. Per questa ragione la sua alimentazione proviene esclusivamente dalla pioggia.
Il lago, di circa 10,5 chilometri di diametro, si trova in Ghana, nella regione Ashanti a circa 30 Km da Kumasi. Secondo i geologici il cratere è di circa 380 metri (ma potrebbe essere di oltre 700 metri a causa dei sedimenti del lago). Il lago oggi misura mediamente 45 metri con una profondità massima di 81 metri.
Il lago è ritenuto sacro. La leggenda racconta che fu un cacciatore ashanti, Akora Bompe, che nel 1648, mentre cacciava un antilope, trovò il lago nella fitta foresta. L'antilope, ferita si salvò gettandosi nel lago, mentre il cacciatore trovò  una riserva di pesca. Bosomtwe, significa appunto "dio dell'antilope". Ancora oggi il lago è oggetto di culto e la pesca all'interno (sono una decina le specie ittiche esistenti) è concessa solo con zattere di legno poiché è ritenuto un tabù toccare l'acqua del lago con oggetti di ferro.  Il livello dell'acqua al tempo veniva descritto come molto bassa e a conferma di ciò, sulle sponde sommerse del lago vi sono ancora alberi.
Oggi intorno al lago vivono oltre 70.000 persone, quasi tutti di etnia Akan (vi sono poi etnie minori quali Frafras,  Mamprusi, Dagaati e Kusaasi) in circa 30 villaggi. 
Nel 2016 il Lago Bosomtwe è diventato Riserva della Biosfera UNESCO con una superficie complessiva di 28 mila ettari, di cui, in accordo con il Programma Unesco Men and Biosphere 1159 di Core Area (riserva integrale), 10.750 ettari di area buffer (zona di riserva semi-integrale abitata)  e 16.800 di transition area (zona con attività economiche). Le attività economiche sono quelle della pesca (con le limitazioni relative al rispetto del luogo sacro), l'agricoltura e il turismo.
La Riserva comprende oltre al lago anche la foresta, le zone umide e le montagne adiacenti. Oltre ad una trentina di specie di alberi, nella foresta vi sono anche alcune specie animali importanti per la conservazione quali il Pangolino (una specie di formichiere), delle piccole scimmie (cercopitechi), il mamba verde e il cuculo dalla testa rossa.
Per quanto riguarda il turismo, in rete è possibile trovare recensioni di viaggiatori che hanno pernottato sul lago (ad esempio al Lake Bosomtwe Paradise Resort Kumasi) e le attività che si possono fare in loco.

Vai alla pagina di Sancara sulle Riserve della Biosfera in Africa

giovedì 13 aprile 2017

La laguna di Songor

La laguna di Songor è una zona umida di 28.700 ettari posta sulla costa orientale del Ghana, vicino alla città di Ada. Si tratta di un ecosistema che combina, nell'estuario del fiume Volta, un paesaggio composto da foresta di mangrovie, piccole isolette, una laguna con non più di 50 cm di acqua, delle spiagge sabbiose e una savana. Per queste sue caratteristiche la laguna è stata inserita nel 1988 tra le zone umide protette dalla Convenzione di Ramsar e dal 2011 come Riserva della Biosfera dall'UNESCO.
La laguna è un importante sito utilizzato dagli uccelli migratori (e non solo) dove si stimano si possono osservare oltre 100 mila uccelli e luogo ove si concentrano tre diverse specie di tartarughe, ritenute a rischio di estinzione. L'area - le cui acque si sono ridotte drammaticamente nelle ultime decadi - è fortemente minacciata dall'attività umana di estrazione del sale oltre che dai cambiamenti climatici e dalla continua erosione.
Le aree dove si ricava il sale vengono arginate da piccole dighe di sabbia, chiamate "atsiakpo" che stanno trasformando in maniera radicale l'intero l'ecosistema. Inutile poi sottolineare che come tutte le miniere (di questo di fatto si tratta), in Africa ma, non solo, non mancano fenomeni di sfruttamento e di violenze in ambito lavorativo. Recentemente ad esempio sono state segnalati casi di abusi sessuali verso giovani ragazze in cambio di lavoro.
Come riserva della Biosfera l'area complessiva è di oltre 51 mila ettari, di cui 1.699 ettari di core area, 7.800 ettari di buffer area e 28.075 ettari di transition area. Complessivamente nell'area della Riserva vivono circa 42 mila persone che ricavano i loro mezzi di sussistenza come la legna, piccole coltivazioni e pesca e utilizzano la principale fonte economica, il sale, dalla Laguna. Il sale della Laguna copre il fabbisogno dell'intero Ghana ed è oggetto di esportazione verso l'Africa Occidentale


Vai alla pagina di Sancara sulle Riserve della Biosfera in Africa
Vai alla pagina di Sancara sulle Zone Umide Ramsar in Africa 

mercoledì 8 giugno 2016

Bia National Park

Il Parco Nazionale Bia si trova nella regione occidentale del Ghana, al confine con la Costa d'Avorio. Ancora oggi è un luogo quasi incontaminato di foresta vergine percorsa dal fiume Bia (un fiume di circa 300 chilometri che corre tra Ghana e Costa d'Avorio). Istituita come riserva nel 1935 è divenuto ufficialmente Parco Nazionale nel 1974 con lo scopo di tutelarne l'integrità a causa delle intense attività agricole che si avvicinavano sempre più ai confini del parco distruggendo la foresta originale. Nel 1985 l'UNESCO l'ha inserito all'interno delle Riserve della Biosfera. Con una superficie di 563 chilometri quadrati, che si estende tra i 170 e 643 metri d'altitudine, accoglie al suo interno oltre 62 specie di mammiferi (tra cui elefanti, leopardi e 10 primati, come scimpanzé, colobi e bongo) e 200 specie di uccelliLo scimpanzé è l'emblema del parco. La riserva, grazie ad una precipitazione annua tra i 1500 e i 1700 mm di pioggia, rappresenta oggi un esempio raro di altissima biodiversità.
Nella riserva non vi sono oggi insediamenti umani (contrariamente ad altre Riserve della Biosfera) e l'unica attività concessa all'uomo oltre a quelle legate alla ricerca e la raccolta di lumache.
Intorno alla riserva vi sono piantagioni di cacao e allevamenti di animali. 

L'accesso al parco avviene da Kumasi e si percorre solo a piedi. All'interno o nelle immediate vicinanze del parco non vi sono strutture turistiche.

Ecco la scheda di BirdLife International sulle specie pesanti nella Riserva

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lunedì 9 febbraio 2015

La Coppa d'Africa agli Elefanti

E' finita con una maratona la 30° edizione della Coppa d'Africa di calcio. Dopo aver concluso la partita in parità, sono serviti ben 22 rigori (finale 9-8) agli Elefanti della Costa d'Avorio per aggiudicarsi l'ambito trofeo contro le Stelle Nere del Ghana tutt'altro che arrendevoli. Dopo 23 anni la Costa d'Avorio, spesso data per favorita, porta a casa la seconda coppa della storia, anche allora in una sfida con il Ghana finita ai rigori 11 a 10.

Eppure questa Coppa d'Africa era iniziata male. Ad organizzarla doveva essere il Marocco, ma questi ha comunicato di non essere più disposto ad ospitare le 16 squadre finaliste, a causa del pericolo di diffusione dell'Ebola.
Così, la Federazione Internazionale ha dovuto ricorrere alla Guinea Equatoriale (che aveva ospitato la penultima edizione, quella del 2012).

Iniziata il 17 gennaio scorso, la competizione, che è nata nel lontano 1957, ha avuto il suo epiilogo nella notte scorsa nello stadio di Bata.

I Elefanti, guidati dal romanista Gervinho (che ieri non ha brillato) dopo aver vinto il loro girone, hanno agevolmente battuto nei quarti l'Algeria (3 a 1) e in semifinale la Repubblica Democratica del Congo (3 a 0).

La Costa d'Avorio raggiunge così a quota due coppe vinte la Repubblica Democratica del Congo, 3 vittorie le ha imvece ottenute la Nigeria (era la detentrice del titolo, avendo vinto in Sudafrica nel 2013), quattro il Ghana e il Camerun mentre a guidare la classifica resta l'Egitto con sette vittorie nella storia.

La Coppa ritornerà nel 2017 per ora in Libia (dove le condizioni attuali non permetterebbero certo di organizzare la manifestazione).


martedì 3 giugno 2014

Popoli d'Africa: Akan, il popolo d'oro

Gli Akan costituiscono un grande gruppo (oltre 27 milioni di individui) che vivono in Africa Occidentale ed in particolare in Ghana (il 47,5% della popolazione) e in Costa d'Avorio (il 42,1% della popolazione). In entrambi i paesi sono la principale etnia.
In realtà gli Akan sono costituiti da una grande numero di sottogruppi i maggiori dei quali sono gli Asante (Ashanti) che con quasi 10 milioni di individui rappresentano la metà degli Akan, gli Akyem (circa 4 milioni), i Fante (circa 3 milioni), gli Anyi (2 milioni), gli Abbe, gli Ahanta e i Nzema (con circa mezzo milione di persone ognuno) e poi una serie di altri gruppi minori numericamente come i Wassa, gli Ebrie, gli Akuapem, i Boulè e i Denkyra.
Questi popoli hanno alcune caratteristiche comuni, tra cui la lingua (meglio le lingue) tutte di derivazione Kwa, del ceppo Congo-Niger, la centralità nella loro storia dell'oro e il riconoscimento comune di una figura monarchica.
Il re Akan infatti riveste e raccoglie tutti i poteri: economico (simboleggiato dal tesoro), politico (simboleggiato dalla sciabola) e religioso (simboleggiato dal trono).
Gli storici hanno evidenziato la provenienza degli Akan dalle regioni del Sahara e del Sahel, migrati verso l'Africa Occidentale intorno al X-XII secolo. Essi costituirono dei grandi imperi (il primo fu l'impero di Bonoman intorno al XI secolo) e l'ultimo fu il più importante Impero Ashanti (1570-1896) che fu distrutto dagli inglesi guidati da colui che poi diventerà il fondatore del movimento Scout, Robert Baden Powell.

Abitanti delle foreste e delle savane, la loro economia è basata sull'agricoltura (originariamente utilizzavano le tecniche di agricoltura di foresta itinerante) e oggi sulle piantagioni di cacao, gomma e palme. Sono abiti pescatori e artigiani (oltre all'oro, sono abili produttori di ceramiche, materiali in legno e tessuti).

L'oro aveva (e ancora oggi ha) una grande importanza nella cultura tradizionale akan. Esso è considerato un vero e proprio essere vivente dallo spirito molto forte e il solo fatto di cercarlo, toccarlo o forgiarlo richiede uno spirito purificato. Essi producono oggetti e gioielli di grande valore artistico, che vengono gelosamente conservati dalle famiglie e mostrati in occasione di cerimonie solenni. Storicamente gli akan commerciavano oro in cambio di sale e schiavi, i quali erano scambiati, assieme all'oro, con gli europei (prima portoghesi - che nel 1500 inziarono ascambiare oro per armi, poi olandesi e infine inglesi) in cambio di armi. Non a caso la zona fu chiamata Costa d'Oro.
Gli storici non hanno ancora trovato una risposta su quando le popolazioni locali iniziarono a cercare (e scavare) l'oro. Le testomonianze dei primi viaggiatori portoghesi (all'inizio del 1500) parlano di oro scambiato con il sale nei mercati e di oggetti in oro. Del resto pochi o nulli sonso stai gli scavi archeologici nell'area della Costa d'Oro. Questo commercio, che intorno al 1700-1800 portarono gli akan ad essere il popolo più potente dell'Africa Occidentale e naturalmente li portarono a competere con gli europei, desiderosi di controllare il commercio di oro. 

Circa un terzo degli akan sono di religione cristiana, mentre oltre il 10% è mussulmana. La maggioranza resta animista con riti sincretisti. Oramai molti vivono nelle città (sebbene le tradizioni permangono molto forti nelle aree rurali) e costituiscono sia la classe economica e politica dominante in entrambi gli stati, sia la povertà che affolla le bidonville delle metropoli.

Gli edifici tradizionali degli ashanti, ancora oggi esistenti, sono divenuti nel 1980 Patrimonio dell'Umanità.

Ecco un approfondimento sulla cultura dell'oro degli Akan
Ecco un approfondimento sull'oro degli Akan, scritto da Giovanni Franco Scanzi, che nel 2006 ha anche curato a Genova una mostra sul tema.

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giovedì 7 novembre 2013

Agbogbloshie, la discarica e-waste dell'orrore

Periodicamente vengono stilate da varie organizzazioni le liste sui luoghi più inquinati del pianeta Terra. Aree ove, grazie all'intervento scellerato dell'uomo, si sono create situazioni tali che rendono la vita difficile, pericolosa e rischiosa. Sono, allo stesso tempo, aree densamente popolate dagli uomini. Un paradosso.
Tra queste aree marcescenti del pianeta, "spiccano" anche tre siti africani.
Il Delta del Niger, in Nigeria, immerso nel petrolio estratto dalle multinazionali, su cui Sancara aveva dedicato il post La devastazione del Delta del Niger
Il secondo sito è la "discarica dell'hi-tech" di Agbogbloshie in Ghana, il terzo sono le miniere di piombo di Kabwe in Zambia.

foto di Michael Ciaglo
La storia di Agbogbloshie, area sub-urbana di Accra, dove vivono oltre 40.000 persone, riguarda tutti noi. Infatti in quel luogo giungono gli scarti tecnologici del nostro mondo. Computer, monitor, televisori, telefoni, play-station e qualsiasi altro materiale elettronico uscito dalle nostre case, spesso semplicemente perchè "superato". Si stima che solo il 20-25% delle vecchie apparecchiature elettroniche vengono smaltite legalmente (ricordiamoci che lo smaltimento si paga nell'atto di acquisto), il resto giunge clandestinamente in Ghana, in Nigeria, in India e in Cina, tanto per citare i luoghi di maggior interesse per questi prodotti.

Accatastati questi prodotti vengono disassemblati e ogni cosa funzionante viene recuperata (hard disk, memorie e altro), mentre il resto viene bruciato per eliminare la plastica e ricavarne materie prime (soprattutto rame. alluminio, mercurio e ferro).
foto dalla rete
E' ovvio che non parliamo di un'asettica discarica, con attrezzature tecnologiche all'avanguardia e sistemi di filtraggio dell'aria. No, è una discarica a cielo aperto, dove uomini schiavi (molti sono bambini) rovistano, mani nude, tra cumuli di ferraglia, dove gli incendi della plastica sprigionano liberamente nell'aria gas di ogni tipo e dove l'ammasso informe del "resto" (nulla è biodegradabile) finisce direttamente nell'acqua della laguna di Korle (la stessa usata per gli usi domestici).
Già da tempo, per l'alto tasso di criminalità e per le condizioni di vita estrema la discarica è chiamata Sodoma e Gomorra. Già nel 2000 Greenpeace aveva denunciato questo orrore, senza grandi risposte.

foto dalla rete
E' una storia triste che inizia negli anni '80, quando alla periferia di Accra vengono alloggiati i profughi che scappano dalla guerra o dalla miseria. Ben presto l'area si trasforma in una delle tante bidonville che attanagliano le metropoli di mezzo mondo. Alla fine degli anni '90 giungono in Ghana computer dismessi dagli Stati Uniti e dall'Europa. Vengono "donati" con molta enfasi per favorire lo sviluppo africano (ancora oggi questa truffaldina scusa è usata). Gli africani li accolgono con entusiasmo (costano molto meno, anche dieci volte, meno). Da lì il passo è breve. Criminalità (nostra e loro), corruzione politica (nostra e loro) e la presenza di "carne da macello" (solo loro) fanno diventare Agbogbloshie il "paradiso" dell'e-waste. 

E' inutile aggiungere che le materie prime, pagate meno che zero, ritornano quasi per magia, e completamente "pulite", nelle stesse industrie che producono le attrezzature elettroniche. Il costo ambientale e umano è un semplice effetto collaterale della nostra voracità di tecnologia.

Immagini di questo luogo della miseria possono essere viste dal sito di Michael Ciaglo, oppure da quello del fotografo sudafricano Pieter Hugo, che ha curato anche una mostra intitolata Permanent Error. Altre sono disponibili nella rete.

Ecco anche un blog con materiali video su Agbogbloshie

Potete approfondire il tema anche dal sito-progetto I-garbage

giovedì 24 gennaio 2013

Ranzie Mensah, la principessa dal Ghana

Ranzie Mensah è una musicista del Ghana, di etnia Fante, che dal 1990 si è trasferita in Italia (Valle d'Aosta), che è letteralmente cresciuta tra le note. Il padre infatti era un etnomusicista, docente e ricercatore di musica, mentre la madre una cantante.Con la famiglia ha vissuto in California, Londra, Zambia e Uganda, ggrazie agli spostamenti di lavoro del padre.


La sua carriera, iniziata da giovanissima negli anni '80 ad Abidjan,  ha avuto un rapido sviluppo grazie ad una voce straordinaria, prima con concerti in Africa, poi in Europa ed in Italia (memorabile quello con Miriam Makeba a Torino con oltre 20 mila persone). Dopo che nel 1995 Ranzie canta al Summit Mondiale dei Capi di Stato a Copenhagen diventa una vera e propria star ed è chiamata in ogni occasione a portare, con la sua voce, un messaggio di pace e di speranza per il continente africano e per i suoi popoli. In Italia oltre ai concerti dal vivo vanta molte apparizioni in televisione e in radio oltre ad un'intensa attività nelle scuole a favore di una nuova cultura di incontro e di conoscenza tra i popoli. Quella intercultura che lei, con passione, intelligenza e poesia  definisce in questo modo, annunciando la sua volontà di contribuire con tutte le sue forze alla sua realizzazione:
"Da quando esiste il pianeta terra con i suoi abitanti, la multicultura è sempre esistita ma da quando il mondo è diventato un villaggio globale ci siamo trovati davanti alla sfida d’imparare a vivere a volte, malgrado noi stessi, con un intreccio di culture.
Ho deciso di dedicare la mia vita a questo, di utilizzare ogni mio talento, ogni mia capacità a partecipare nella costruzione di un mondo interculturale perché questa è una mia convinzione, un mio ideale, una mia ragione di vita.

Ognuno di noi sta scrivendo il futuro con le proprie azioni.
Vorrei scrivere qualcosa raccontando una fiaba a un bambino.
Vorrei scrivere delle note di una melodia sul cuore di una bambina.
Vorrei scrivere il mio amore per tutti i bambini della terra."






Artista straordinaria che ha collaborato con artisti di fama internazionale, capace di rimanere, a detta di chi l'ha incontrata, umile e spontanea, ma allo stesso tempo sicura e determinata nel proseguire la sua missione verso il mondo. Dal palco trasmette un'energia straordinaria che rapisce il pubblico rendendolo partecipe del suo grande progetto. Voce gospel capace di spaziare in più tonalità. Oggi alla soglia dei cinquanta anni è un'artista matura ed affermata, che continua a mettere a disposizione la propria arte per un mondo migliore.
Tra le tante sue attività, oltre ad essere stata mediatrice culturale, ha anche curato la traduzione di una biografia su Miriam Makeba e continua scrivere storie per bambini, in parte recuperando le tradizioni del suo popolo e dell'Africa occidentale in genere.

Su questa artista vi è anche un blog dedicato da un suo fan (Francois Souyri), How is doing Ranzie Mensah?, con vecchi filmati, foto e canzoni.



Ecco il sito ufficiale di Ranzie Mensah

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mercoledì 27 giugno 2012

Popoli d'Africa: Ewe

Foto dal sito Blackethics.com
Gli Ewe, sono un gruppo etnico che vive in Africa Occidentale e in particolare in Ghana (zona sud-orientale), in Togo (sud) e in Benin (una piccola zona sud-occidentale). Si stima che la popolazione totale sia di circa 3,1 milioni di individui (di cui la maggioranza, circa 2,1 milioni, in Ghana). Parlano la lingua Ewe, una lingua simile al Gbe parlata da altri popoli della zona. Stando agli etnografi e agli storici, l'area di origine degli Ewe è controversa, secondo alcuni sarebbe il nord del Benin, da dove furono forzatamente costretti alla fuga dall'espansione degli Yoruba, secondo altri originarono nell'ovest della Nigeria e secondo altri ancora migrarono nel XV secolo dall'ovest del Niger verso il Ghana. Gli Ewe furono protagonisti di importanti regni fino all'arrivo degli europei. Durante il periodo coloniale e a seguito della Conferenza "spartitoria" di Berlino, la terra degli Ewe fu divisa tra i britannici, i tedeschi (che uscirono dopo la seconda guerra mondiale) e i francesi. Nonostante vi siano stati alcuni tentativi di riunire la "eweland" il progetto è restato nel cassetto. Originariamente agricoltori (mais, in particolare) e abili pescatori, hanno poi sviluppato l'arte del commercio e dell'artigianato, in particolare i tessuti che sono molto ricercati per la loro lavorazione e per i loro disegni.
In giallo, l'area degli Ewe
Gli Ewe sono un popolo che ha suscitato, per la loro complessa cultura e per la complessità delle conoscenze musicali, un grande interesse da parte di chi si è avvicinato a loro. Già nel 1906, il missionario tedesco Jacob Spieth scrisse un libro (Die Ewe-Stamme, tradotto anche in inglese) sul popolo Ewe, che ancora oggi, a oltre 100 anni di distanza, costituisce un valido elemento per lo studio della cultura Ewe, anche per gli antropologi africani.
Gli Ewe, che hanno una complessa struttura sociale su base patrilineare, restano ancora legati alle loro tradizioni e alla loro cosmogonia originale che vede in Mawu (femminile) e Lisa (maschile) le divinità creatrici dell'Universo. Tra gli Ewe vi sono anche cristiani e mussulmani, frutto dell'evangelizzazione e dell'espansione dell'islam.

La musica, ed in particolare l'uso delle percussioni, è un elemento di grande importanza per gli Ewe, che credono che un bravo percussionista sia tale perchè i suoi spiriti ancestrali lo erano. I loro strumenti musicali sono diversi e conosciuti in tutta l'Africa occidentale per la loro bellezza e per la sonorità. Come spesso avviene, assieme alla musica, si sono sviluppate forme di danza rituali complesse, che interessano tutti gli eventi ritenuti importanti della comunità.

Gli Ewe sono conosciuti anche per le loro storie, simili alle nostre fiabe con una forte connotazione di insegnamento morale e per la loro poetica.

Per chi vuole approfondire vi linko questa interessante storia degli Ewe, pubblicata nel 2011 ad opera di Kobla Dotse, su uno dei tanti siti americani della diaspora Ewe.

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venerdì 15 luglio 2011

Edifici tradizionali Ashanti

Gli edifici tradizionali Ashanti, per l'esattezza 13 abitazioni, situati nella provincia Kumasi del nord-est del Ghana rappresentano gli unici elementi conservati di uno dei più grandi e prosperi imperi dell'epoca precoloniale africana: l'Impero Ashanti o Asante (1570-1896). L'Impero raggiunge il suo massimo grado di espansione e di importanza nel XVIII sec., grazie ai continui scambi, soprattutto di oro e schiavi, con gli europei che avevano costituito una serie di basi lungo la Costa d'Oro. Ancora oggi la monarchia Ashanti, e alcune sue strutture, sopravvivono costituzionalmente all'interno dello stato del Ghana.
Nel 1980 gli edifici sono diventati Patrimonio dell'Umanità UNESCO, perchè data la loro fragilità (sono costruiti di paglia e fango), necessitano di grande tutela e salvaguardia. I tetti sono costruiti con foglie di due specie di alberi (Hippocrates africana e rowlandii), conosciuti per la loro resistenza alle termiti.

L'Impero Ashanti è stato forse uno dei più grandi imperi africani. Sebbene la sua l'istituzione sia datata 1570, la sua storia ha origini intorno al 1200 quando il gruppo etnico Ashanti (sottogruppo del più ampio popolo Akan) giunse nella zona nord-occidentale del fiume Niger un tempo occupata dall'Impero del Ghana (300-1076).
L'organizzazione sociale dell'Impero era molto complessa e divenne un regno potente e militarmente ben strutturato e disciplinato. Nella sua massima espansione comprendeva anche i territori oggi del Togo e della Costa d'Avorio. Gli artigiani ashanti lavarorvano l'oro, il bronzo e altri metalli. La creazione di gioielli in oro, indossati con grande fierezza e tuttora apparteneti alle tradizioni ashanti, fu una delle espressioni della ricchezza dell'impero.
Nel 1695 la capitale dell'Impero di venne Kumasi (ancora oggi sede del regno). Purtroppo tutti gli edifici reali, compreso il palazzo di corte, furono distrutto dagli inglesi nel 1874 e nel 1896, mentre gioielli e altri si trovano nei musei britannici.
L'Impero Ashanti è stato uno dei pochi regni africani (un'altro fu quello degli Zulu) che si opposero in modo deciso alla colonizzazione europea. Infatti i britannici, dal 1806 al 1896, dovettero combattere ben quattro guerre per sconfiggere militarmente gli Ashanti. L'ultima guerra, quella decisiva, fu condotta dall'ufficiale Robert Baden-Powell (che nel 1907 diede vita al movimento scautistico mondiale), il quale dopo aver devastato Kumasi e incendiato il mausoleo reale (barem) costrinse alla resa re Kwaki Dua III Asamu (Prewpwh I). Il leader ashanti - assieme ad altri funzionari - fu mandato in esilio alle Seychelles (dove vi rimase fino al 1926, quando fu autorizzato a rientrare in Ghana quale privato cittadino).
Finiva così - nella distruzione generale - uno dei più prosperosi e complessi regni africani. L'uomo bianco, con le sue armi da fuoco, aveva deciso che quelle terre erano di sua proprietà, ignorando che da millenni altri uomini, scuri di pelle e forse meno evoluti(?), vi abitavano.

Per ironia, uno delle più antiche associazioni scautistiche mondiali, è quella nata nel Ghana nel 1911.

Ecco la pagina web dell'attuale Regno Ashanti

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mercoledì 16 febbraio 2011

6 marzo 1957, il Ghana diventa indipendente

"Il Ghana, il vostro Paese amatissimo è libero per sempre.... Tutto il mondo ci sta a guardare", con queste parole Kwame Nkurumah - per tutti Osagyelo - salutava l'indipendenza del suo Paese, il primo dell'Africa nera ad ottenerla. Quella sera ad Accra c'erano Martin Luther King, Richard Nixon (allora vice presidente degli Stati Uniti), Habib Bourguiba , Harold MacMillan (da poco divenuto Primo Ministro del Regno Unito) e la diplomazia di mezzo mondo.

Il realtà il cammino verso l'indipendenza della Costa d'Oro, iniziato nel 1947 con la nascita UGCC (United Gold Coast Convention) si concluderà definitivamente nel 1960 con la proclamazione della Repubblica (dal 1957 al 1960 sarà un rappresentante della Regina d'Inghilterra a essere, formalmente Capo dello Stato).
Kwame Nkurumah, il cui vero nome era Francis Nwia-Kofi Nkeumah, l'artefice della lotta all'indipendenza che si era formato negli Stati Uniti ed in Inghilterra, fu arrestato assieme ad altri dirigenti del UGCC nel 1948 accusato di aver scatenato tumulti e disordini nel paese (in quell'occasione vi furono oltre 30 morti). Nel 1949, in giugno, Nkurumah ruppe con l'UGCC, ritenuto troppo conservatore, e diede vita al CPP (Convention People Party) che vide subito la partecipazione dei movimenti giovanili, dei lavoratori del cacao (la principèale risorsa del paese), dei sindacati e delle donne, che egli tra i primi aveva invitato a partecipare lla vita politica. Nel 1950, a seguito di un grande sciopero generale, Nkurumah fu di nuovo arrestato e condannato a tre anni di reclusione. Nel 1951, nonostante il CPP, avesse criticato la Costituzione varata da poco (che dava troppo spazio nell'assemblea legislativa alle elites tradizionali), partecipò alle prime elezioni ottenendo un successo fenomenale. Infatti ben 34 dei 38 seggi furono conquistati dal CPP e Nkurumah, nonchè ancora detenuto, ottenne un successo personale straordinario. Nkurumah fu rilasciato e nominato a capo del governo. Riuscì ad emandare la Costituzione e nel 1952 fu nominato Primo Ministro riuscendo a far approvare, nel 1953, una risoluzione di indipendenza all'interno del Commonwealth britannico. Nel 1954 nuove elezioni decretarono ancora un successo per il CPP. In poco tempo Nkurumah riuscì a unificare la colonia della Costa d'Oro (che era stata proclamata tale nel 1874), la regione Asante (protettorato dal 1902) e il Togo britannico (che nel 1956 votò un referendum di adesione al Ghana). Dopo una breve mediazione, il 7 febbraio 1957 il Ghana Indipendence Act fu firmato dalla Regina e il 6 marzo 1957 appunto il Ghana fu il primo Paese dell'Africa nera ad ottenere l'indipendenza. la bandiera del Ghana riportava i colori panafricani con al centro una stella nera (vedi post sulle bandiere africane).
Pochi anni dopo, il 27 aprile 1960 i ghanesi votarano al referendum sulla Repubblica, appovandola con oltre l'88% dei voti. Il 1 giugno 1960 Kwame Nkurumah, a 51 anni, divenne presidente della Repubblica.

Kwame Nkurumah fu uno dei "padri" del panafricanismo (in realtà è più corretta la definizione di Pier Maria Mazzola fu "l'apostolo più acclamato" del panafricanismo). Infatti nell'aprile 1958 Nkurumah convocò a Accra la prima conferenza panafricana sul suolo africano. Furono presenti gli otto paesi allora indipendenti (Egitto, Etiopia, Liberia, Libia, Marocco, Sudan, Tunisia e Ghana). Poi, nel dicembre 1958 convocò anche i rappresentanti dei popoli africani in lotta per l'indipendenza, tra cui il congolese Patrice Lumumba.
Con il passare degli anni Nkrumah accentrò sempre più i suoi poteri. Oltre alla carica di Presidente si accollò quella di Primo Ministro, Ministro della Difesa, Ministro degli Esteri e dal 1961 la guida di quello, che grazie ad un referendum votato a maggioranza bulgara, fu il partito unico al potere. Nel 1964 si fece anche proclamare presidente a vita. Oramai i suoi orizzonti erano più vasti del suo Paese, si narra che i suoi interlocutori facevano fatica a parlare con lui del Ghana, i suoi pensieri erano per l'Africa. Il 24 febbraio 1966, mentre era in Oriente (tra Cina e Vietnam) venne destituito dai militari. Si rifugiò in Guinea accolto da Sekou Tourè. Morì, malato di cancro, il 27 aprile 1972 a Bucarest.




Vi segnalo il sito sulla vita, le idee e i documenti di Kwame Nkrumah.

Inoltre vi segnalo anche il sito della figlia Samia (www.samiankrumah.org), che dal 2008 è membro del Parlamento del Ghana. Samia dal 1998 al 2008 ha vissuto in Italia, a Roma, dove oltre a tante altre cose, si è sposata ed ha avuto un figlio.

Vai alla pagina di Sancara sulle Date storiche per l'Africa.

sabato 18 dicembre 2010

Forti e Castelli della Costa d'Oro

Nel 1979 undici edifici (castelli e forti dei 32 edifici militari di quell'epoca presenti nel paese) delle regioni del Ghana di Volta, Grande Accra, Regione centrale e occidentale, costruiti in epoca coloniale, furono inseriti collettivamente tra i Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO, con il nome Forti e Castelli, Volta, Grande Accra, Regione Centrale e Occidentale.
Gli edifici sono: Castello di Elmina (nella prima foto dall'alto foto), Forte Saint Antony di Axim, Forte Vrendenburg di Komeda, Forte Metal Cross di Dixcove, Forte San Sebastian di Shama, Forte Batenstein di Butri, Forte Conraadsburg di Elima, Forte Amsterdam di Abandze, Forte Leysaemhyt di Apam, Castello di Cape Coast e Forte Good Hope di Senya Beraku.

Sono tutti edifici in stile coloniale, adibiti ad uso militare, costruiti in tempi diversi da portoghesi, olandesi, inglesi e svedesi.
Il Castello di Elmina fu costruito nel 1482 (primo insediamento nella Costa d'Oro) come avanposto portoghese (Mina di da di Sao Jorge). E' la più vecchia costruzione europea sotto il deserto del Sahara. Nel 1637 passò di mano (olandesi) e nel 1872 fu preso dai britannici e usato come accademia di addestramento della polizia.
Dal XV al XVII sec. fu usato per il commercio degli schiavi.
Il Fort Saint Antony di Axim fu costruito una prima volta nel 1502, distrutto, fu nuovamente ricostruito dai portoghesi nel 1515. Dal 1642 al 1872 fu nelle mani degli olandesi che lo ampliarono. Infine passò nelle mani britanniche. Nel 1951-52 subì una vasta opera di restauro.
Il Fort Vrendenburg di Komenda, chiamato anche English Fort, fu costruito come avanposto inglese nel 1663 e poi abbandonato. Ricostruito nuovamente dagli olandesi nel 1688-89 fu poi definitivamente ceduto agli inglesi nel 1872.
Fort Metal Cross a Dixcove fu iniziato nel 1683 e a causa di dispute fu finito solo nel 1697 dagli inglesi. Più volte abbandonato e rioccupato fino al 1872 quando fu definitivamente in mano inglese.
Fort San Sebastian a Shama fu edificato come lodge nel 1526 e nel 1590, dai portoghesi come forte. Più volte passò di mano.
Fort Batenstein a Butri fu costruito come avanposto dagli svedesi tra il 1650 e il 1652, poi passò in mano agli olandesi e infine agli inglesi.
Fort St. Jago di Elmina (chiamato anche Fort Conraadsburg) costruito come cappella portoghese nel 1555, ristrutturato come avanposto e infine adeguato a forte dagli olandesi nel 1652.
Fort Amsterdam ad Abandze fu costruito come avanposto olandese nel 1598. Nel 1806 fu anche conquisto e tenuto per un breve periodo dagli Ashanti.
Fort Patience o Fort Leysaemhyt ad Apam fu costruito tra il 1697 e il 1702 dagli olandesi.
Fort Good Hope ( o Fort Goedehoop) fu costruito dagli olandesi nel 1667, diventò inglese nel 1868.
Infine il Cape Coast Castle (le ultime due foto)- sicuramente assieme al Forte Elmina - il più importante degli edifici patrimonio dell'umanità. Nato come lodge, poi edificato a castello fu occupato dagli olandesi nel 1637. Nel 1652 fu preso dagli svedesi. Da allora si susseguitono battaglie sanguinose per la conquista dell'edificio. Nel 1664, dopo 4 giorni di battaglia, gli inglesi ebbero la meglio. Fino al 1877 fu residenza dell'amministratore britannico in Costa d'Oro (dopo di allora la residenza fu trasferita a Accra). Il Forte ebbe un ruolo importante nella tratta degli schiavi. Al suo interno vi è il West African Hystoric Museum.










mercoledì 8 settembre 2010

Stati in via di fallimento: il trionfo dell'Africa

Ogni anno The Fund for Peace - organizzazione indipendente americana nata nel 1957 - che ha lo scopo di prevenire e ridurre i conflitti che generano le guerre - pubblica un indice (Failed State Index) in cui attraverso 12 indicatori (sociali, economici e politici) e la comparazione tra essi (e tra gli stati) si identificano gli stati più prossimi "al collasso" delle proprie strutture e quindi a rischio fallimento, che spesso in primis si traduce nell'incapacità di avere controllo del proprio territorio e di fornire servizi ai cittadini. Ad ogni parametro - come la pressione demografica, la presenza o meno di rifugiati, la credibilità o meno dello stato centrale, il declino economico, l'intervento di potenze straniere negli affari interni, la crescita di tensioni etniche interne - viene assegnato un punteggio su scala dieci.
La classifica generale dei 177 stati (per il 2010) determina il livello di allerta (punteggio maggiore di 90), di attenzione (punteggio maggiore di 60), di moderata attenzione e di sostenibilità. Ovviamente l'indice è diventato un indicatore usato per la scelta delle politiche regionali di intervento nelle crisi umanitarie.
La metodologia adottata comporta l'analisi di milioni di documenti (documenti dei governi e delle organizzazioni non governative, riviste, articoli specializzati) che vengono poi interfacciati con i documenti ufficiali delle organizzazioni internazionali (UNHCR, WHO, UN, etc.) e elaborati attraverso un software - ideato dal Fund for Peace, denominato CAST (Conflict Assessment System Tool) e infine validato nel confronto tra gli stati.

L'Africa giganteggia in questa classifica.
I primi 5 stati sono africani. Nell'ordine Somalia (prima con 114,1 punti) , Ciad, Sudan, Zimbabwe e Repubblica Democratica del Congo seguiti da Afghanistan e Iraq (direi nessuna sorpresa per questi 7), poi Repubblica Centro Africana, Guinea e Pakistan.
Nell'indice 2010 sono 37 i paesi del mondo nella fascia di allerta - di questi, 22 sono paesi africani.
Sono poi 92 i paesi nella fascia di attenzione, 34 nella fascia moderata e solo 13 i paesi nella fascia della sostenibilità (tutti i paesi scandinavi, la Danimarca, il Canada, l'Australia, la Nuova Zelanda, l'Irlanda, l'Olanda). L'ultima (che poi significa la prima in termini di sostenibilità) è la Norvegia, 177° posto con 18,7 punti). Sorprendente la performance dell'Islanda - che nonostante un pessimo punteggio sul parametro economico dovuto alla crisi - compensa con gli altri parametri , soprattutto demografici, riuscendo a centrare l'ultimo posto nella fascia della sostenibilità.
Il miglior piazzamento africano è dato dalle Isole Maurizio (150° - un posto dietro all'Italia, 149° con 45,7 punti). La prima nazione dell'Africa continentale è il Ghana (122° posto con 67,1 punti).

La questione degli "stati in fallimento" è stata analizzata da Lester Brown (guru del movimento ambientalista e fondatore del Worldwatch Institute) in un suo interessante articolo su Le Scienze, pubblicato nel luglio 2009 (n.431), dal titolo "I rischio di un mondo senza cibo". La sua tesi è che se nel secolo scorso la principale minaccia derivava dal conflitto tra le superpotenze, oggi è data dagli stati in via di fallimento. Secondo Brown è l'assenza del potere (e non la sua concentrazione) a metterci a rischio. Gli stati in via di fallimento sono un problema internazionale perchè sono focolai di terrorismo, di armi, di droga e di profughi. Egli usa ad esempio la Somalia (al primo posto degli stati falliti fin dal 2008) divenuto una base per la pirateria, Iraq base per l'addestramento dei terroristi, l'Afghanistan leader della produzione mondiale di eroina e la Repubblica Democratica del Congo paese destabilizzato per la grande presenza di profughi ruandesi.
La sua analisi porta a dire che la civiltà globale dipende da una rete funzionante di stati, capaci di controllare il diffondersi delle malattie come i fenomeni del terrorismo internazionale, ovvero capaci di collaborare al raggiungimento di obiettivi comuni come ad esempio quello dell'aumento della denutrizione nel mondo e la decrescita delle scorte alimentari (su cui poi in realtà si base il suo articolo).

Certo seguendo alcune delle vicende che stanno accadendo, anche in questi ultimi mesi negli "stati prossimi a trocollo", (di cui alcune cose ho discusso anche nei miei post come gli stupri in RD del Congo o gli attacchi in Somalia), viene da pensare che la tesi di Brown non è assolutamente "campata in aria" e che il lavoro di The Fund for Paece diventerà sempre più importante per il destino dell'umanità.

mercoledì 25 agosto 2010

Olimpiadi di Roma, prima medaglia d'oro africana

Esattamente 50 anni fa, il 25 agosto 1960, si inauguravano a Roma le XVII Olimpiadi dell'era moderna. I giochi si che si chiuderanno l'11 settembre. Tra le tante novità le Olimpiadi italiane furono le prime in diretta televisiva: verranno prodotte dalla RAI 109 ore di trasmissione.
Alle Olimpiadi di Roma l'Africa nera conquistò la prima medaglia d'oro della storia. Il 10 settembre 1960, si corse la maratona. Tra i 69 partenti figurava una guardia imperiale del Negus etiopico, il ventottenne Abebe Bikila.
Bikila correva a piedi scalzi. Su questo particolare esitono due versioni: la prima che sostiene che era abituato a correre scalzo, la seconda che avendo sostituto le sue scarpe rotte, le nuove gli furono scomode. Comunque sia Bikila vinse la maratona e fu la prima medaglia d'oro per l'Africa nera (il Sudafrica bianco aveva già vinto medaglie a partire dal lontano 1908, così come l'Egitto che vinse il primo oro nella lotta nel 1928).
Le date non sempre sono delle coincidenze. Abebe Bikila era nato il 7 agosto 1932 a Bagara in Etiopia, nello stesso istante in cui, in un'altro continente e precisamente a Los Angeles si correva la maratona delle Olimpiadi americane.
Dopo Roma, Abebe Bikila vinse anche la maratona delle Olimpiadi di Tokyo (1964) e partecipò, ritirandosi, a quella delle Olimpiadi di Citta del Messico (1968).
Quella di Abebe è una triste storia. Nel 1969 a causa di un incidente stradale ad Addis Abeba perse l'uso delle gambe - proprio lui a cui le gambe, assieme al cuore, avevano regalato lo straordinario dono di correre veloce senza fermarsi.
Il 25 ottobre del 1973, a soli 41 anni, Abebe Bikila morirà per un'emorragia cerebrale.

Per la storia le Olimpiadi di Roma portarono anche la prima medaglia d'argento per l'Africa nera, quella del pugile ghanese di Accra, Clement Quartely, che nei pesi welter-leggeri perse la finale contro il cecoslovacco Nemecek.

Oggi, dopo le Olimpiadi del 2008 a Pechino, sono 25 i paesi Africani che hanno conquistato almeno una medaglia alle Olimpiadi estive. Alcuni di questi paesi si stanno affermando come vere e proprie potenze sportive. Il Kenya a Pechino con 14 medaglie (6 ori, 4 argenti e 4 bronzi) è risultato il 13° paese del medagliere, mentre l'Etiopia è risultata 18° con 4 medaglie d'oro. Ben 13 paesi africani a Pechino hanno ottenuto almento una medaglia.

Dopo il successo del Mondiali di calcio in Sudafrica, l'Africa è pronta per organizzare le sue prime Olimpiadi. Solo quando i Giochi estivi sbarcheranno in Africa (nel 2016 saranno per la prima volta in Sud America) il concetto dell'universalità dei Giochi sarà veramente realizzato.